Mirtilli, alleati preziosi per mantenere il cervello giovane. Mirtilli e cervello: un succo concentrato di questi preziosi frutti di bosco mantiene giovane il cervello degli over 65. Non solo, quindi, i mirtilli sono degli ottimi antiossidanti naturali e potenti antinfiammatori, ma sarebbero anche ottimi alleati delle attività cerebrali durante la terza età. Bere ogni giorno il succo di mirtillo, infatti, potrebbe aiutare il cervello a restare in forma. A dirlo è uno studio condotto dai ricercatori inglesi dell'Università di Exeter e pubblicato sulla rivista Applied Physiology, Nutrition and Metabolism. Secondo gli studiosi, il consumo regolare di succo concentrato di mirtilli sarebbe in grado di migliorare le abilità cognitive, aumentare la perfusione cerebrale (il passaggio del sangue), accrescere l’attivazione del cervello durante l'esecuzione di test cognitivi e rafforzare la memoria di lavoro. I ricercatori hanno suddiviso 26 individui di età compresa tra 65 e 77 anni in due gruppi: ai primi 12 hanno chiesto di bere per 12 settimane 230 grammi al giorno di succo di mirtillo, mentre gli altri 14 hanno assunto un placebo. Prima e al termine dell’esperimento, tutti i partecipanti hanno dovuto fare dei test cognitivi, durante i quali sono stati monitorati le funzioni cerebrali e l’afflusso di sangue al cervello con una risonanza magnetica.Al termine dell’esperimento, gli studiosi hanno scoperto che il consumo regolare del succo di mirtillo aveva determinato un miglioramento significativo delle abilità cognitive degli anziani. Merito sarebbe stato dei flavonoidi, presenti in quantità elevate nei mirtilli, che possiedono le nostre funzioni cognitive tendono a diminuire con l'età, ma ricerche precedenti hanno evidenziato che negli anziani in buona salute che seguono una dieta ricca di alimenti di origine vegetale, si conservano meglio spiega Joanna L. Bowtell, che ha coordinato le indagini. In questo studio abbiamo dimostrato che consumare ogni giorno 30 ml di succo di mirtillo, in sole 12 settimane ha migliorato l’afflusso di sangue al cervello, l'attivazione encefalica e alcuni aspetti della memoria di lavoro in un gruppo di anziani in buona salute”.Via libera, quindi, a frullati e succhi! Ma i mirtilli possono essere anche assaporati da soli, mischiati ad altra frutta, tuffati nello yogurt di Germana Carillo.
Una dieta cheto o chetogenica è una dieta a basso contenuto di carboidrati, in base alla quale il proprio corpo si trasforma in una vera e propria “macchina brucia grassi”. Avrebbe la capacità di far perdere peso, ma in cosa consiste effettivamente una dieta chetogenica? E funziona davvero? Più che “dieta”, chi ne supporta le virtù tende a definire la dieta chetogenica una “strategia nutrizionale” che si basa sulla riduzione di carboidrati associata all’aumento della quota di grassi nella dieta (generalmente in misura del 75% di grassi e del 25% tra carboidrati e proteine) e che induce il corpo a uno stato definito di “chetosi”. Con essa, cioè, l’organismo sarebbe “costretto” a produrre autonomamente il glucosio necessario alla sopravvivenza e ad accrescere il consumo energetico dei grassi contenuti nel tessuto adiposo. La dieta chetogenica, quindi, sfrutterebbe la capacità del corpo di convertire i grassi in energia. La sua particolarità è anche l’uso di integratori per non far mancare nulla all’organismo soprattutto nel periodo iniziale della dieta. Il nostro organismo, infatti, ha due opzioni da utilizzare come carburante metabolico: o il glucosio o i chetoni (il carburante alternativo). Quando non sono disponibili o non sono sufficienti i carboidrati per produrre glucosio (nel caso di un digiuno, per esempio), il corpo produce chetoni dal grasso come fonte di energia alternativa. Quindi, i chetoni vengono prodotti se si ingeriscono pochissimi carboidrati (che vengono rapidamente decomposti in glicemia) e solo quantità moderate di proteine (l’eccesso di proteine può anche essere convertito in zucchero nel sangue). I chetoni sono prodotti nel fegato, dal grasso, e, proprio in quanto “carburante”, anch’essi vengono usati in tutto il corpo, incluso il cervello. Quando il corpo produce chetoni, si dice “in chetosi”. Il modo più veloce per arrivarci è il completo digiuno (quindi si può dire che la dieta chetogenica, limitando i carboidrati, imiti lo stato metabolico del digiuno), ma ovviamente è impossibile seguirlo per sempre. Come abbiamo visto, la dieta chetogenica è uno stile alimentare che induce l’organismo a formare da sé i corpi chetonici, ossia quelle sostanze acide da cui prende il nome, come il beta-idrossibutirrato, l’acetone e l’acido acetacetico. La produzione di corpi chetonici avviene quando si assumono pochissimi zuccheri: in questo caso l’organismo e il cervello cominciano a servirsi proprio dei corpi chetonici come fonte di energia. In altre parole, i corpi chetonici raggiungono un livello superiore rispetto a una condizione normale e il loro eccesso, responsabile tra l’altro dell’abbassamento del pH sanguigno, è detto chetosi. La presenza di corpi chetonici nel sangue esercita diversi effetti sul corpo, primi tra tutti un rapido dimagrimento. In campo medico, la dieta chetogenica viene usata nei casi di epilessia, perché si è osservato che sarebbe in grado di sedarne le crisi, mentre è in fase di studio l’applicazione della dieta ad altre patologie. Ultimamente, però, c’è la tendenza ad “usare” questa dieta semplicemente per perdere peso, sottovalutando che si tratta comunque di un regime che deve essere seguito da un medico specializzato e che spesso ha bisogno di essere accompagnato da alcuni integratori. Ma originariamente la dieta chetogenica fu messa a punto agli inizi del secolo scorso per curare le forme di epilessia farmaco resistente dei bambini. La condizione di chetosi o di chetoacidosi sarebbe infatti in grado di ridurre le manifestazioni e la gravità degli attacchi epilettici convulsivi. Germana Carillo