Plumcake salato con zucchine al profumo di menta
Il plumcake non è soltanto un dolce. Lo possiamo preparare anche in versione salata, da servire a fette come antipasto o come aperitivo, oppure per arricchire un secondo piatto. L’abbinamento tra menta e zucchine è originale e gustoso.
Darà alla vostra ricetta un sapore fresco e delicato. Se potete, scegliete delle foglioline di menta fresca.
Ecco gli ingredienti e le istruzioni per preparare il vostro plumcake salato alla menta e zucchine.
Ingredienti :
400 gr di farina di farro
300 ml di latte di riso
250 gr di zucchine
30 gr di nocciole sgusciate
3 cucchiai di olio extravergine
2 cucchiaini di menta tritata
2 cucchiai di farina di riso
1 bustina di lievito in polvere bio
1 cucchiaino di miele o di malto di riso
1 rametto di menta fresca per guarnire
½ cucchiaino di rosmarino
Sale fino integrale e pepe nero
Plumcake salato con zucchine al profumo di menta: preparazione
Per iniziare a preparare il vostro plumcake salato versate le nocciole sgusciate nel mixer e tritatele per un paio di minuti, fino ad ottenere una farina grossolana. Setacciate la farina di farro e versatela in una ciotola capiente, a cui unire le nocciole tritate e due cucchiai di farina di riso.
Unite alle farine anche la menta tritata, fresca o essiccata, e il rosmarino. Lavate le zucchine (dovrebbe bastare una zucchina tonda piccola) e affettatele a cubetti sul tagliere. Aggiungete l’olio extravergine nella ciotola con le farine e versate a poco a poco il latte di riso, iniziando a mescolare con energia con un cucchiaio.
In alternativa, potrete utilizzare il robot da cucina. L’impasto deve risultare liscio e cremoso, non troppo liquido. Se occorre versate ancora un po’ di latte di riso. Unite anche un cucchiaino di miele o di malto, per dare alla ricetta un gusto agrodolce. Insaporite l’impasto con sale fino integrale e pepe.
La farina di farro è una tra le farine più costose e particolari che possiamo trovare in commercio. Tra i prodotti alimentari riscoperti in questi ultimi anni troviamo il farro. Si tratta di un cereale, in passato (nel passato recente) poco conosciuto ma molto utilizzato in antichità: non solo veniva infatti molto utilizzato dai romani, ma se ne parla come della prima specie di grano coltivata, perché sembra che effettivamente sia stata proprio la prima, in Turchia, dove sembra che questo cereale sia stato ‘domesticato’ per la prima volta.
Da allora, il farro venne utilizzato per la coltivazione solo per essere superato da un suo parente molto stretto, il grano, o frumento, che si è diffuso molto di più per una caratteristica particolare: la resa maggiore. Infatti il farro risulta, ad oggi, uno dei cereali con la minor resa in assoluto, per le poche cariossidi (i pochi chicchi) che ogni spiga produce, e questo non rende economicamente vantaggioso coltivarlo.
E non solo: il farro ha anche una particolare caratteristica per cui gli involucri esterni non si separano facilmente dal chicco, e questo significa che ha bisogno, per essere utilizzato o sottoposto a macinatura per la produzione di farina, di essere sottoposto ad altri processi industriali, facendone aumentare ancora il prezzo. Fattore che, ovviamente, non ne aiuta la diffusione.
A causa di queste caratteristiche, il farro è quindi uno dei cereali meno coltivati, anche se ha subito una spinta in questi anni a causa della moda dei “grani antichi”.
In Italia viene coltivato principalmente in Garfagnana, una zona montuosa dell’alta Toscana in cui a questo prodotto è stato riconosciuto un IGP, un’Indicazione Geografica Protetta.
Il farro è a tutti gli effetti una specie di grano, perché appartiene allo stesso genere del grano, che è Triticum. Le caratteristiche botaniche, quindi, sono molto più simili tra il farro e il grano che non, ad esempio, tra il farro e l’orzo, e questo ci fa capire come i due alimenti non siano poi così diversi tra loro.
Di farro ne esistono tre tipologie, che sono la variante piccola, la media e la grande. Di fatto sono tre specie diverse, che appartengono ai generi Triticum monococcum, Triticum dicoccum e Triticum spelta, rispettivamente.
La più coltivata tra le tre è ovviamente l’ultima, prima di tutto per una questione di dimensioni (il raccolto è maggiore a parità di semi messi per terra), inoltre tende ad avere più cariossidi per spiga, risultando così più produttivo rispetto alle altre due specie. Anche la varietà media è comunque possibile trovarla, specialmente quando i chicchi rimangono interi (non è per la farina, insomma), mentre la specie piccola è più difficile da trovare.
C’è da dire che il farro, anche quello a chicchi, lo si paga caro, molto caro, anche se non sembra: il costo dei cereali in chicchi, magari un chilo, è a cose normali nell’ordine dei 10 centesimi. Noi lo paghiamo 2 euro, e anche se sembra poco in realtà è 20 volte superiore al prezzo, ad esempio, del frumento.
Farina di farro: produzione e proprietà nutrizionali
Veniamo quindi così a quello che interessa maggiormente il consumatore: la farina di farro.
Come ogni altra farina, la farina di farro è un prodotto macinato, sono le cariossidi dei chicchi macinate. Ma, a differenza del grano o del mais, il farro non si macina così, dal nulla: infatti il farro deve subire due processi prima di essere macinato.
Il primo è la pelatura, che consiste nel togliere gli involucri esterni da ogni singolo chicco, pena l’impossibilità di consumare il farro sia in chicchi, sia in farina perché rimarrebbe troppa fibra.
Con il farro pelato, poi, si può fare direttamente la farina (che conserverà comunque una buona quantità di fibra perché alcune parti di involucro esterno rimangono attaccate; il farro pelato è quello marrone, che si trova anche in commercio).