Francesco Maccioni

Founder Junior

2021-11-18 12:06:07

Anche il nostro DNA con i cibi giusti invecchia meglio

Il trascorrere del tempo lascia segni profondi sull’organismo che arrivano fino ai geni, ma grazie a scelte giuste e mirate a tavola è possibile intervenire su alcuni dei processi tipici dell’invecchiamento, arrivando anche ad interferire con le malattie tipiche dell’età che avanza.Cari amici vediamo insieme il perché e come l’organismo invecchia: in realtà vi sono tante teorie, ma nessuna esaustiva. Il perché si invecchia? È una domanda che noi uomini ci poniamo sin dai tempi antichi e che nel corso dei secoli ha generato diverse risposte tra gli esperti di medicina e della salute, basate sulle conoscenze scientifiche del momento. Vi è la “teoria genetica”, la quale sostiene che l’invecchiamento sia la diretta conseguenza di un programma genetico ben definito, quella “cellulare” che lega la senescenza dell’organismo a quella delle cellule, capaci di riprodursi un numero limitato di volte. Ma vi sono anche la teoria neuroendocrina, quella immunologica e quella dei radicali liberi, tutte teorie basate su dati scientifici che spiegano da punti di vista differenti, ma spesso complementari il perché e come l’organismo invecchia. Indipendentemente dalle specifiche teorie, il mondo scientifico concorda su un dato: l’invecchiamento è un fenomeno fisiologico molto complesso che viene influenzato dall’interazione costante tra diversi fattori genetici e ambientali ed è un processo che ci rende unici, ognuno di noi invecchia in modo differenti da tutti gli altri nostri simili.Tra i fattori ambientali la dieta riveste senza dubbio un ruolo di primissimo piano nel buon invecchiamento, come emerge dai numerosi studi che dimostrano l’effetto positivo o negativo degli alimenti e delle nostre abitudini a tavola sullo sviluppo di patologie tipiche dell’età avanzata: dalle demenze all’osteoporosi, dal diabete di tipo 2 alle malattie cardiovascolari. Le più recenti ricerche, basate anche su sofisticate tecniche di analisi del Genoma, puntano in modo particolare a chiarire il legame tra il cibo ed il DNA, con l’obiettivo di arrivare a mettere in campo strategie efficaci per prevenire patologie croniche e, più in generale, per poter invecchiare in modo migliore.In una società che invecchia, la salute della popolazione anziana assume un ruolo di protagonista anche nella ricerca biomedica. Infatti utilizzare la dieta come strumento di benessere e di buon invecchiamento rappresenta l’obiettivo finale di tanti recenti studi, i quali sono riusciti a dimostrare come le caratteristiche genetiche dell’individuo, oltre a determinare la sua predisposizione ad alcune patologie, determinano anche la risposta ai nutrienti introdotti con la dieta.A questa nuova branca della scienza chiamata Nutrigenomica se ne associano altri che puntano invece a comprendere come il cibo possa influenzare il DNA e l’espressione di geni e proteine. In particolare si guarda alle cosiddette modifiche epigenetiche, in grado di modificare, cambiare la molecola del DNA senza modificarne la sequenza originale. Sin dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, gli scienziati hanno ipotizzato un forte legame tra i cambiamenti epigenetici e l’ invecchiamento, ma solo recentemente le moderne tecniche di analisi ci hanno permesso di far luce su alcune di queste connessioni.E’ stato osservato in modo particolare che lo stato di metilazione del DNA (una modifica chimica epigenetica della molecola di DNA) varia durante ilcorso della vita e che nelle persone più anziane assume caratteristiche specifiche, le quali rendono per esempio l’organismo più soggetto all’instabilità genomica tipica delle cellule che invecchiano.Ma come si inserisce il cibo in tale discorso? La risposta generale è piuttosto semplice anche se i meccanismi fini sono stati chiariti solo in parte: i micro ed i macronutrienti del cibo causano delle modifiche epigenetiche al DNA e possono modulare i processi tipici dell’invecchiamento. E così per esempio la riduzione delle calorie aumenta l’espressione e/o l’attività del SIRT1, una molecola coinvolta in specifici meccanismi epigenetici (deacetilazione). Anche il noto resveratrolo, presente nel vino rosso, nelle fragole e nei mirtilli, ha la capacità di attivare la molecola SIRT1, simulando in un certo senso la riduzione calorica. Altre molecole come l’epigallocatechina gallata del te verde, il sulforafano presente nei cavoli e broccoli, la genisteina della soia e la quercetina delle cipolle e degli agrumi hanno effetti epigenetici che aiutano, favoriscono il buon invecchiamento e che i futuri studi potranno magari trasformare in vere e proprie terapie di prevenzione.Cari amici dovremmo tenere ben in considerazione l’importante ruolo che la prevenzione riveste.

Fonti: Rescigno T, et al. Molecules. 2017 Jan 8;22(1). Review. Park JH, et al. Prev Nutr Food Sci. 2017 Jun;22(2):81-89. Review

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Francesco Maccioni

Founder Junior

2021-11-18 11:45:43

Microbiota ed invecchiamento, il Microbiota ha un ruolo chiave per il benessere nella terza età

Il nostro Microbiota tende a cambiare costantemente nel corso della nostra vita. Abitudini alimentari, stress, terapie possono influire sulla sua composizione. La popolazione dei batteri nel nostro tubo digerente risente dei mutamenti legati all’età ed allo stile di vita. La terza età, in questo senso, può diventare un’opportunità per mantenere il Microbiota sano e contribuire cosi’ a prevenire diverse patologie.Il Microbiota rappresenta un mondo in continuo mutamento e riveste ruolo cruciale nel mantenimento del nostro stato di salute durante l´intero arco della nostra vita. Ciò non significa certo che mantenga la medesima, stabile struttura nel tempo, anzi! Il Microbiota intestinale è dinamico e proprio la sua straordinaria capacità di modificarsi favorisce il benessere del nostro organismo.

Diversi studi hanno dimostrato che il Microbiota resta relativamente stabile durante l’età adulta, andando incontro a cambiamenti più consistenti con l’avvento dell’età senile. Questi cambiamenti potrebbero a loro volta avere un impatto sull’invecchiamento,

ma in che modo? Un gruppo di ricercatori ha analizzato oltre 9.000 individui di età tra i 18 e i 101 anni studiandone il Microbiota intestinale con l’obiettivo di evidenziare come la sua composizione possa associarsi ad un invecchiamento in salute o meno. Il punto di forza di tale studio risiede nell’elevato numero di individui presi in esame: infatti quanti più partecipanti formano il campione studiato, tanto più i risultati saranno attendibili e meno soggetto ad errori.

Dallo studio è emerso in primo luogo la tendenza del Microbiota intestinale a diventare sempre più unico con l’avanzare degli anni i in ciascun individuo e questa tendenza si rileva in modo particolare negli individui che pur invecchiando restano in salute. In particolare, negli anziani in salute, specie se over-85, il gruppo dei “ Bacteroides “ tende ad essere meno rappresentato. I “ Bacteroides “ sono tra i microrganismi principali del nostro Microbiota durante la vita adulta, ma soprattutto i risultati di questo studio mostrano che negli ultimi decenni della nostra vita i “ Bacteroides “ lasciano spazio ad altri gruppi meno rappresentati durante l’età adulta. Secondo gli autori dello studio proprio queste “popolazioni” gruppi del Microbiota potrebbero essere particolarmente utili nel favorire un invecchiamento in salute, probabilmente per la loro capacità di produrre sostanze particolarmente benefiche negli anziani.

Negli anziani con uno stato di salute peggiore sembrerebbe infatti mancare la progressiva riduzione dei “ Bacteroides “.

Degli ulteriori studi in grado di descrivere i cambiamenti a livello del Microbiota associati al migliore quadro di salute potranno aprire ulteriori strade alla medicina per garantire sempre più autonomia e benessere anche con l’avanzare dell’età.

Il cosiddetto “organo negletto” il microbiota intestinale è oggi al centro dell’attenzione dei ricercatori delle discipline più svariate, non solo i microbiologi e i gastroenterologi, ma anche immunologi, psicologi, pediatri e, sempre di più, i geriatri. Si è arrivati ad un tale risultato esaminando ben 9000 soggetti, rispondendo quindi alle critiche di limitata numerosità e quindi significatività statistica, che a volte vengono sollevate su queste tipo di ricerche. I dati, di tipo osservazionale, confermano con la forza dei numeri che i batteri del nostro intestino crescono e invecchiano con noi. Ciò è in fondo un una sorta di ritorno alle origini, all’intuizione di Metchnickoff, il padre dei probiotici, il quale sosteneva la relazione fra i batteri intestinali e lo stato di salute delle persone nella loro “golden age” come lo stesso ed illustre Metchnickoff definiva la “ terza età ”.

Fonte : Professor Lorenzo Morelli, Presidente Scientifico Fondazione Istituto Danone

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Francesco Maccioni

Founder Junior

2021-11-17 18:48:21

17 Novembre La Giornata Internazionale degli studenti, il troppo rumore nelle scuole danneggia lo studio dei bambini

Cari amici e membri della community di Cam.TV oggi 17 Novembre si celebra La Giornata Internazionale degli studenti ed in occasione di questa ricorrenza della Giornata internazionale degli studenti gli esperti lanciano un grido di  allarme: troppi decibel riducono le capacità di apprendimento dei  nostri piccoli.

E' capitato a tutti  noi di avere difficoltà a concentrarsi quando si è circondati da un rumore fastidioso, voci o perfino dalle urla. Lavorare, studiare o anche solo scrivere in un ambiente chiassoso infatti può risultare complicato e se in un ufficio è più facile ottenere silenzio, non si può dire la stessa cosa di una classe con una buona presenza di bambini dai 6 ai 10 anni.

In Italia si superano 70 decibel ( l' inquinamento acustico arriva ai 90 decibel in alcuni luoghi ) e l' eccesso di rumore può impattare negativamente sul rendimento degli allievi.

E' da notare che alcune volte la colpa non è solo di studenti e degli insegnanti: il 12% delle scuole italiane, infatti, si trova vicino ad un aeroporto, il 9% è nei pressi di un’autostrada e l’8% si trova ad un chilometro da una zona caratterizzata da un alto inquinamento acustico.

Probabilmente è per questo che attualmente quasi 1 adolescente su 5 convive con un disturbo uditivo da rumore che, se non identificato e trattato, si associa a scarsi risultati scolastici e nel lungo periodo può  tradursi in basse performance lavorative e quindi in minori opportunità professionali.

Cari amici osserviamo insieme come il rilascio di cortisolo ed compromette la funzione nella corteccia prefrontale

Ma non solo, dato che la corteccia prefrontale svolge anche un ruolo nelle capacità mnemoniche a breve termine. Inoltre, lo stress derivante da un continuo rumore di sottofondo può far diminuire i livelli di dopamina, impattando in maniera negativa sull’apprendimento e sulla memoria.

Per tutti questi motivi, secondo la brava  ed esperta Claudia Aimoni, Professoressa del Dipartimento di Scienze biomediche e chirurgico specialistiche dell’Università di Ferrara,  ha rilasciato la dichiarazione «l’importante oggi è abbassare i decibel nelle scuole».

In che modo si può ovviare ? per esempio si può incentivare l’uso delle lavagne elettroniche e posizionare feltrini sotto le sedie ed i banchi,  ma anche educare i bambini a tenere un volume di voce medio-basso e, per quanto riguarda le maestre, cercare di non urlare per sovrastare il brusio dei bambini.

Tra gli accorgimenti più ambizioso vi è,  come è stato intrapreso all’Istituto Cavalieri di Milano grazie al supporto di Amplifon e di Ecophon Saint-Gobain, quello di ricorrere all’applicazione di pannelli fonoassorbenti per una vera e propria insonorizzazione delle aule scolastiche.

Fonte : OK Salute e Benessere   

Immagine tratta da(by)  OK Salute e Benessere

Francesco Maccioni  Ricercatore Indipendente, filantropo 

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