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Nei giorni scorsi e’ stato imbarcato al porto di Monfalcone un reattore da 90 tonnellate diretto in Spagna.
Pochi giorni fa, esattamente lo scorso 17 Novembre, è stato imbarcato al porto di Monfalcone un reattore da 90 tonnellate diretto in Spagna. Le operazioni di carico sono state effettuate dall’ efficiente ed efficace Compagnia portuale di Monfalcone, da poco passata nell’orbita della F2i Holding Portuale ( FHP ).
Il sollevamento dell’impiantistica è avvenuto con due gru in tandem, dopo l’arrivo in banchina, avvenuto lo scorso 2 Ottobre, della nuova Liebherr con una portata di ben 144 tonnellate. CPM ha ora a disposizione, con l’arrivo della seconda grù, una capacità di sollevamento in twin lift di 288 tonnellate, capacità che conferma la volontà di mantenere lo scalo del Friuli Venezia Giulia come punto di riferimento per i project cargo. Il carico è stato trattato dal rinomato agente marittimo Ferest Shipping, come già accaduto lo scorso 20 ottobre, quando, con destinazione gli Stati Uniti ( USA ), sono stati imbarcati circa 50mila metri cubi di impiantistica in casse. E’ notizia di pochi giorni, invece, il probabile “ recupero ”di Spliethoff con una linea regolare, dopo le vicissitudini che hanno visto la compagnia olandese abbandonare la città di Monfalcone per Porto Marghera.
Fonte : AdriaPorts
Immagine tratta da(by) AdriaPorts
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L’ obesità e la lettura del nostro “passaporto” genetico
Non è sempre e solo questione di troppo cibo consumato e di scarsa attività fisica in caso di sovrappeso e di obesità: un recente studio chiarisce infatti il ruolo di una nuova mutazione genetica legata allo sviluppo dell’obesità.
Il rischio di andare incontro a un pericoloso aumento di peso che può arrivare anche all’obesità trova origine ed è il risultato dei nostri comportamenti quotidiani nonché del nostro stile di vita che conduciamo, ma è anche scritto, almeno in parte, nel nostro DNA come dimostra un recente studio pubblicato sulla rinomata rivista Nature Genetics .
I ricercatori dell’ Imperial College di Londra, coordinati dal bravo e capace Professor Philippe Froguel, hanno concentrato la loro attenzione sulla popolazione pakistana dove, stando ai risultati di precedenti studi, circa il 30% dei casi di obesità è spiegabile da geni oggi noti per il loro ruolo nella suddetta patologia. “Restano però molti altri casi che potrebbero dipendere da geni non ancora noti” ci spiegano i ricercatori, i quali hanno in identificato a tutti gli effetti un nuovo possibile protagonista della vicenda geni-obesità.
Si tratta in particolare del gene dell’adenilato ciclasi 3 (ADCY3) che, quando è soggetto a mutazione, non è in grado di produrre una proteina perfettamente funzionante.
“Questo porta ad anomalie nel controllo dell’appetito, nel diabete e anche nel senso dell’olfatto” precisa l’ esperto Prof. Philippe Froguel, che alla sua spiegazione aggiunge: “Il gene potrebbe influenzare il sistema che lega l’ipotalamo, che è un’area del cervello, alla produzione di ormoni e questi ormoni regolano una enorme varietà di funzioni biologiche incluso l’appetito”. Si è rilevato che non si tratta di una caratteristica presente solo nel DNA della popolazione pakistana, dato che analizzando database genetici interazionali i ricercatori hanno scoperto la presenza delle stesse mutazioni anche in pazienti di nazioni come l’ Olanda e la Groenlandia. Gli autori dello studio concludono dichiarando : “Queste scoperte ci aiutano a comprendere meglio le basi di una patologia che ha assunto ormai le caratteristiche di epidemia a livello mondiale e aprono la strada a nuove potenziali terapie” concludono gli autori.
Fonte: Saeed S, et al. Nature Genetics, 2018; doi: 10.1038/s41588-017-0023-6
Immagine tratta da(by) FarodiRoma
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Quali rapporti esistono tra Microbiota, arterie e rischio per il cuore ?
E’ risaputo che quando si esagera con i lipidi (specie di origine animale) nell’alimentazione si possono avere alterazioni di questi grassi nel sangue ed una conseguente modificazione, in senso negativo, del profilo di rischio cardiovascolare. Detto che le valutazioni spettano al medico in ogni singola persona e nell’ambito di una definizione che prenda in considerazione tutti i potenziali fattori, la ricerca scientifica nell’ultimo periodo ha concentrato la propria attenzione sul Microbiota. Come cambia il Microbiota
Uno studio coordinato dalla brava Professoressa Mariana Byndloss, della Vanderbilt University, è arrivato a dimostrare che esiste un meccanismo precedentemente inesplorato su come la dieta e l’obesità possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, influenzando pertanto la relazione tra il nostro intestino ed i batteri del Microbiota. Si è notato, in modo particolare, che un’alimentazione molto ricca in grassi nell’animale induce un’infiammazione e può creare danni alle cellule epiteliali intestinali.Questo modello alimentare alterato inoltre potrebbe influire negativamente sulla funzione dei mitocondri, i quali hanno il compito di produrre energia, con conseguente necessità da parte delle cellule stesse ad aumentare la loro produzione di ossigeno e nitrati. L’ambiente che si crea in queste circostanze può essere quindi alla base della crescita di ceppi batterici del tipo delle “ Enterobacteriaceae “, di cui fa parte ad esempio Escherichia coli, con conseguente produzione di un metabolita chiamato TMA (trimetilammina). A tal punto il cerchio presenta un riflesso sulla salute dei vasi dato che nel fegato questo composto viene tramutato in TMAO (trimetilammina-N-ossido), che a sua volta entra in gioco nel favorire l’aterosclerosi.
Quali possibili contromisure possiamo adottare ? Secondo gli scienziatisi può tentare, ma siamo sempre nel campo della ricerca di base, con un farmaco che sia in grado di influire sulla produzione energetica dei mitocondri delle cellule intestinali.
Si è solo all’inizio di un percorso, ciò sia chiaro, seppure appare evidente come in futuro, probabilmente, l’associazione di un farmaco specifico con particolari probiotici potrebbe agire direttamente sulle modificazioni del Microbiota indotte dall’alimentazione impropria e dall’obesità, fino ad arrivare a realizzare una condizione in cui il Microbiota possa “migliorare”, con impatto positivo sulla salute dei vasi sanguigni
“ Che il Microbiota sia di estrema importanza per la salute è ormai sempre più evidente e negli ultimi anni si sono accumulate una serie di evidenze sul ruolo di particolari ceppi batterici nel metabolismo della fosfatidilcolina e della carnitina, con formazione di trimetilammina, che, convertita poi nel fegato a TMAO, gioca un ruolo essenziale nella patogenesi dell’aterosclerosi. È’ l’anello patogenetico tra una dieta ricca di carni rosse e aterosclerosi. Questo lavoro aggiunge un pezzettino di conoscenza sui meccanismi, dimostrando una infiammazione a basso grado della mucosa, indotta da una dieta ricca di grassi, compromette la bioenergetica mitocondriale con aumentata disponibilità di accettori di elettroni che comporta una guida proliferazione di Enterobatteriaceae, tra cui E. Coli il quale metabolizzando la colina porta un aumento di TMAO circolante.”Commento del bravo Dr. Andrea Ghiselli, membro del Board Scientifico della Fondazione Danone.
Fonte : Istituto Danone
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