Cristiana Lenoci
Blogger, redattrice web
Puglia: la Cannabis e la rivincita dei fratelli Fornaro
2019-03-14 12:36:59
Taranto è una delle cittadine più belle della Puglia, eppure purtroppo è inevitabile associarla ad uno dei disastri ambientali più assurdi della storia italiana, quello provocato dallo stabilimento industriale dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa. La terra che circonda il “mostro” (come lo chiamano gli stessi abitanti di Taranto) è inquinata dalla diossina. Qui, i due fratelli Vincenzo e Vittorio Fornaro, allevatori e contadini, avevano il loro allevamento di pecore. Nel 2008 la Regione Puglia, a seguito di rilevazioni sul terreno, ordina di abbattere i 600 capi di bestiame perché contaminate dalla diossina proveniente dallo stabilimento dell’Ilva (situato a circa 20 chilometri dalla Masseria).Per i due allevatori si apre il periodo più brutto della loro vita. Indecisi tra l’andare altrove o restare nella terra di origine e combattere, i due decidono di continuare la loro battaglia personale per sconfiggere il mostro che avvelena Taranto. Ma proprio quando tutto sembra ormai perduto, si apre uno scenario del tutto inedito che riporta speranza nella vita dei fratelli Fornaro. L’associazione “CanaPuglia” propone ai due ex allevatori di convertire i terreni alla cannabis per bonificarli dalla contaminazione di diossina. Inizialmente scettico (ma solo perchè non conosceva ancora bene la cannabis ed i suoi innumerevoli benefici), Vincenzo accetta per amore della sua terra. Nel 2014 avviene la prima semina. Il terreno riprende vigore, tornano a spuntare le erbe selvatiche. L’esperimento dei fratelli Fornaro è stato effettuato per la prima volta a Cernobil, verso la fine degli anni Novanta. Una società americana si mette a coltivare canapa per decontaminare i terreni che circondano la centrale nucleare e che ormai sono pieni di plutonio, piombo e cesio. Le radici della cannabis si rivelano subito le più adatte per attuare efficacemente la bonifica dei terreni contaminati. In Italia il “fitorisanamento” è un argomento nuovo, se ne comincia a parlare solo a partire dal Duemila. I progetti sperimentali partono ovunque, ma quello di Taranto è sicuramente il più avanzato. I Fornaro hanno fatto da apripista e sono diventati un modello da seguire per altri agricoltori. Tra l’altro, l’operazione di bonifica non comporta costi altissimi.Taranto è pronta a diventare il distretto della canapa del Sud Italia: ormai diversi imprenditori locali sono intenzionati a convertirsi a questo tipo di coltivazione, che è una pianta rustica che non ha particolari necessità o pretese nutrizionali. La canapa si presta inoltre ad usi diversi, dal tessile alla bioedilizia. Sempre a Taranto c’è un’azienda che sta testando un prototipo di calce unita alla canapa, mentre un gruppo di ragazze tarantine vorrebbe usare la fibra della cannabis per produrre piatti. La sfida dei fratelli Fornaro è ambiziosa: “Vogliamo riprenderci la nostra terra”, possibilmente ripulita dalla contaminazione dell’Ilva. Intanto la Corte europea dei diritti umani accusa il nostro Paese di non aver protetto la salute dei cittadini, e si è aperto un processo in cui, tra gli imputati illustri, ci sono anche l’ex Governatore Vendola e i Riva. Da una parte la politica e i soldi, dall’altra il diritto alla vita e la voglia di riscatto.
Cristiana Lenoci
Blogger, redattrice web
Arriva in Italia la soluzione app-etitosa contro lo spreco
2019-03-13 11:06:55
Cosa succede, ogni giorno, al cibo fresco che resta invenduto nei ristoranti, bar e supermercati? Spesso, anche se buono, finisce nel cestino. Proprio con il fine di “salvare” il cibo avanzato nel 2015 è stata lanciata in Danimarca una start up, chiamata “Too Good to Go” (“Troppo buono per buttarlo”).Si tratta di una applicazione che consente agli utenti di “salvare” il cibo avanzato ad un prezzo scontato di oltre il 60%: basta consultare la mappa geolocalizzata che mostra le attività che aderiscono all’iniziativa.Al cliente, o “waste warrior”, non resta che scegliere, e presentarsi al ristorante all’orario stabilito- di solito verso la chiusura- per ritirare il pasto. Ad attenderlo, c’è un magic box: il contenuto cambia in base alle “rimanenze” giornaliere. Il conto? In Gran Bretagna non deve superare le 4 sterline; in Francia i 5 euro. Una percentuale va agli sviluppatori dell’app, il resto al venditore. “Too Good to Go” al momento coinvolge oltre 17 mila punti vendita (dal panettiere ai grandi gruppi come Carrefour) in 9 Paesi europei, ha raggiunto il traguardo dei 10 milioni di pasti “recuperati”, e punta a raggiungere 50 milioni di utenti entro la fine del 2019. Dopo aver “conquistato” la Spagna, adesso la app arriva in Italia.I fondatori hanno scelto Milano: il lancio ufficiale avverrà il 27 Marzo prossimo. Eugenio Sapora, country manager per l’Italia, 36 anni, torinese, ingegnere aerospaziale, è entusiasta del progetto: “Partiremo con 50-100 attività. Abbiamo trovato una maggiore sensibilità nei posti più piccoli, già abituati a ridurre gli sprechi. Le logiche degli esercizi più strutturati sono invece complicate. C’è chi, per policy, preferisce mostrare il bancone dei panini pieno anche a pomeriggio inoltrato, ma convinceremo anche loro. “. Per ora la sede è un co-working con sei dipendenti (i colleghi europei sono 200). Certo, i pregiudizi non mancano: “Il più duro? Che invenduto voglia dire scaduto. Inoltre, alcuni commercianti temono che possa abbassarsi la percezione della qualità dei loro prodotti. Ma la nostra filosofia non è offrire cibo contato, bensì recuperare ciò che sarebbe sicuramente finito nell’immondizia”.
Cristiana Lenoci
Blogger, redattrice web
Paese che vai, Felicità che trovi: in Bhutan c’è la felicità nazionale lorda
2019-03-12 11:31:24