Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Marta Cucchia: un laboratorio-museo su arte della tessitura

2019-02-13 16:19:44

Ci sono inizi che non hanno mai fine, perché la memoria tende a conservarne il ricordo per sempre. Ci sono storie, come quella di Marta Cucchia, giovane imprenditrice umbra, che quando si raccontano fanno rivivere emozioni e sensazioni di un passato che, a ben guardare, non è poi così lontano. La storia di Marta si intreccia a quella di altre donne della sua famiglia, per la precisione quattro generazioni che, prima di lei, hanno cominciato l’avventura di cui vi stiamo per parlare. Ecco quello che la stessa Marta ci ha raccontato, ripercorrendo con noi le tappe di una storia al femminile che affonda le radici nella tradizione dell’antica tessitura tradizionale umbra.“In Umbria la tradizione della tessitura ha radici antichissime, i cosidetti “pannili alla peroscina” furono apprezzati e commercializzati in tutta Europa dal Medioevo al Rinascimento. Questa forma d’arte sopravvisse grazie alle donne come consuetudine casalinga nei piccoli borghi e nelle campagne perugine fino alla fine dell’Ottocento, quando alcune personalità femminili illuminate la recuperarono aprendo i primi laboratori-scuola dove molte donne riacquistarono la loro dignità, insieme ad una nuova autonomia economica. Una delle personalità di spicco del “revival” perugino fu Giuditta Brozzetti che nel 1921 si iscrisse alla Camera di Commercio iniziando quest’avventura, ed ancora oggi, dopo quattro generazioni di donne, il laboratorio continua la sua storia fra conservazione e sperimentazione.Giuditta effettuò un enorme ricerca iconografica avvalendosi anche della collaborazione di un noto artista/xilografo dell’epoca, Bruno Marsili detto da Osimo. Sua figlia Eleonora, attingendo a piene mani a questi motivi decorativi ed aggiungendone di suoi, lanciò una fortunata linea di moda (prodotta dagli anni cinquanta fino al 1974) che vinse vari premi alle sfilate milanesi. La nipote Clara, amante della storia, ha ricostruito in anni di ricerche il filo conduttore che ci ha portato a godere ancora oggi di questi magnifici manufatti studiandone i motivi decorativi e la loro diffusione. Sostenendo inoltre a proprie spese la formazione di alcune giovani tessitrici che negli anni novanta si associarono in cooperativa artigiana, insieme alla pronipote di Giuditta, Marta, che è la prima tessitrice della famiglia. Nel 1997 Marta realizza il progetto di Clara trasferendo l’attività nei suggestivi locali della ex-chiesa di San Francesco delle Donne (XIII sec), vista la prestigiosa location nel 2004 il laboratorio è stato inserito nel Sistema Museale della Regione Umbria come “struttura d’interesse per la fruizione pubblica” diventando così Museo-Laboratorio.Oggi è uno degli ultimi laboratori di tessitura a mano d’Italia, dove vengono realizzati esclusivamente a mano con telai originali ottocenteschi e settecenteschi magnifici damaschi per l’arredamento della casa, tutto grazie alla sconfinata passione di quattro generazioni di donne, che hanno dedicato la loro vita alla conservazione ed al recupero di un’arte altrimenti destinata all’oblio. Marta Cucchia oggi è custode di questo enorme tesoro, che si trova a Perugia, tramandatole dalla famiglia: pur molto giovane, però, lei è molto intraprendente ed è decisa a far conoscere a sempre più persone (anche provenienti dall’estero) una tradizione che purtroppo è stata soppiantata da metodi di lavorazione più moderni e sofisticati”. Visitare il Laboratorio-museo di Tessitura nella Chiesa di San Francesco delle donne a Perugia è un viaggio nell'arte e nella bellezza che vi consiglio di fare! Ne resterete estasiati!

Cristiana Lenoci

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Stefano Caccavari: mi chiamano lo Steve Jobs dell’agricoltura

2019-02-12 14:02:43

Mulinum è una start up agricola che si è imposta sul mercato del biologico in Italia grazie all’instancabile fondatore, Stefano Caccavari. A San Floro, in provincia di Catanzaro, Stefano, ventinovenne studente in Economia aziendale, ha fondato la più grande start up agricola del mondo. Si chiama “Mulinum”, e mira a salvare il grano locale, oltre ad essere un modello di emigrazione (al contrario).In Italia sempre più giovani tornano a lavorare la terra, unendo tradizione e innovazione. Lo attestano i dati di Coldiretti: nel 2018 si è registrata una crescita del 12% di under 35 che fanno impresa nel settore agroalimentare. Tra loro, appunto, c’è Stefano, considerato lo “Steve Jobs dell’agricoltura” da quando, circa tre anni fa, ha realizzato l’Orto di famiglia, un progetto grazie al quale gli appassionati del mangiar sano possono prendere in affitto un fazzoletto di terra già coltivato e raccogliere le proprie verdure biologiche. Non solo: attraverso il crowdfunding online, Stefano è riuscito a raccogliere 500.000 euro in poco meno di un mese. Con questo denaro ha rivitalizzato la Valle dei Mulini e recuperato la filiera degli antichi grani della sua regione, la Calabria.Il progetto si chiama “Mulinum”, ed è la più grande start up agricola del mondo, con 101 soci sparsi da New York a Miami, da Londra a Pechino (www.mulinum.it). Tutto gira intorno all’ultimo mulino con macina in pietra naturale e ruota idraulica rimasto nella zona di San Floro, che Stefano ha salvato dalla chiusura. Qui il grano biologico diventa farina, e questa a sua volta si trasforma in pane e pizza, grazie a due forni. La forza di Mulinum è tale da attirare ragazzi italiani che finora hanno cercato (e trovato) lavoro all’estero. Santo Pate e Simone Marsico, cataranzesi a Londra, rispettivamente sous chef e pizzaiolo in un ristorante italiano della capitale inglese specializzato in piatti biologici, sono tornati nella loro terra per lavorare con Stefano. Nel casolare abbandonato che ora è la sede di Mulinum, Simone e Sante sperimentano impasti per pane e pizza con farina 100% integrale, anche gluten free, e da poco sono partiti anche con la ristorazione. Tra gli obiettivi futuri c’è quello di aprire negozi bio e pizzerie Mulinum in tutta Italia. Quella di Sante e Simone è una straordinaria storia di emigrazione “al contrario”, che testimonia come si può ripartire dalle proprie origini per crearsi un futuro. Dice Stefano: “Ci sono tanti coetanei che fanno giri immensi e sognano la Silicon Valley, e invece possono contribuire con la loro determinazione a realizzare la Bio Valley sotto casa”. In bocca al lupo!

Cristiana Lenoci

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I soldi fanno la felicità: la cifra giusta sarebbe 80 mila euro all’anno

2019-02-11 14:26:06

Un tempo bastavano “mille lire al mese”. Ma oggi quanti soldi occorrono per essere felici? Secondo una recente ricerca americana, l’ideale sono 80mila euro netti all’anno (certo, non sono affatto pochi).

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