Il sostantivo “Ubuntu”, in uso dal XIX secolo, significa “Io trovo in te il mio valore e tu trovi il tuo in me”. Esprime connessione, il vivere in pace e armonia con gli altri, attribuire un valore elevato al benessere di un altro essere umano. “Tutti” sono in realtà la nostra famiglia, e fanno di noi ciò che siamo. Ubuntu significa dire agli altri: “Capisco le tue difficoltà, apprezzo il tuo viaggio”. Tutti siamo in viaggio. Oggi la società dà sempre meno valore all’altro, che spesso diventa qualcuno da temere. Recuperare questo valore è una questione etica: non per diventare più buoni, ma perché altrimenti restiamo prigionieri di un’economia distruttiva e divoratrice. Anche nella comunicazione, affidata ormai quasi esclusivamente agli smartphone, l’altro è un semplice destinatario (di immagini, di messaggi), quasi mai una persona reale, un corpo che a sua volta comunica.
Se ne sente parlare spesso, come se fosse qualcosa di esoterico o miracoloso. Invece l’autoguarigione, ossia la capacità dell’organismo di curarsi da solo è concreta e possiamo sperimentarla tutti. Quanto ne sappiamo di questa capacità innata del nostro corpo? Perché in certi casi si attiva e in altri no? C’è un modo per tenerla sempre vigile?
A differenza che in altre zone dello Stivale, dove i futuri sposi scelgono di accollarsi sulle proprie spalle l’intera preparazione del matrimonio, al Sud vengono coinvolti direttamente i familiari più stretti e gli amici intimi, che danno loro un aiuto concreto. Per evitare di perdere il controllo della situazione, sarebbe utile conoscere sin dall’inizio il budget a disposizione e annotare su un diario i costi effettivi per ogni singola “voce di spesa”: bomboniere, addobbi, fotografo, ecc. Insomma, il matrimonio rappresenta per una famiglia ciò che è un investimento per un’impresa: tutto deve essere fatto senza perdere di vista nulla e nello stesso tempo cercando di contenere le spese.