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Foraging: quali sono le erbe spontanee da portare a tavola
Cucinare con le erbe selvatiche raccolte con le nostre mani è una pratica antica recentemente riscoperta. Il “foraging” è la versione moderna della cosiddetta “fitoalimurgia”, la scienza che in passato studiava l’utilizzo alimentare delle piante selvatiche, per fronteggiare momenti di carestia e povertà.
Ancora oggi questa pratica permette di arricchire la propria alimentazione con erbe, fiori e radici spontanee commestibili, dando un tocco insolito ed originale ai piatti. Al tempo stesso, è un ottimo modo per fare più movimento all’aria aperta, in campagna, ritrovando il contatto con la natura e mettendo in pratica una nuova forma di sostenibilità.
Le erbacce sono preziose
Considerate le “sorelle povere” delle verdure coltivate, le erbe spontanee battono quelle domestiche per varsatilità, caratteristiche organolettiche e concentrazione di nutrienti. Utilizzarle in cucina permette di riscoprire i sapori più naturali legati al territorio e imparare a rispettare la stagionalità, approfittando del momento in cui la pianta è al massimo della potenzialità in termini di commestibilità e concentrazione di gusto e sostanze nutrienti.
Perché il “foraging” sia un’attività davvero sostenibile e capace di preservare la biodiversità dell’ecosistema, andrebbero raccolte solo le piante più invasive, e non a rischio di estinzione. In più occorre osservare alcune regole fondamentali, come non entrare in riserve e zone protette, recidere soltanto la parte superiore della pianta, senza strappare le radici, e raccogliere solo lo stretto indispensabile, osservando eventuali regole regionali che ne limitano la raccolta in termini di quantità e periodicità, per consentire alle piante di riprodursi.
Occhio alla sicurezza
La regola principale per non correre rischi è non raccogliere erbe che non si conoscono, di cui non si è del tutto sicuri, o che crescono vicino a fonti di inquinamento, come discariche, strade trafficate, zone industriali o campi dove si fa un utilizzo massiccio di pesticidi. In più bisogna diffidare del fai da te, e non affidarsi solo a guide, libri, siti Internet, gruppi social e app dedicate a tali attività.
E’ facile infatti confondere varietà simili, e raccogliere erbe potenzialmente tossiche. Quindi, sarebbe meglio iscriversi ad uno dei tanti corsi dedicati alla raccolta delle erbe spontanee in tutta Italia, e fare pratica sul campo in compagnia di un raccoglitore esperto.
Alcune erbe spontanee da utilizzare in cucina
Tra maggio e giugno germoglia la maggior parte delle erbe spontanee commestibili, come il Tarassaco, la Fallopia giapponese, la Portulaca, l’ortica, il Crispigno, l’Acetosa. In cucina si possono usare anche le foglie primaverili, giovani e non coriacee di alcuni alberi, come quelle di Betulla (dal sapore che ricorda la nocciola), quelle del Tiglio (dal gusto più erbaceo), quelle del Faggio, leggermente acide. I germogli di Abete sono preziosi perché hanno otto volte più vitamina C del limone, ed un buon sapore balsamico.
Le piante spontanee, che spesso consideriamo “infestanti”, crescono anche nei vasi del balcone o in giardino. Anziché eliminarle, possiamo utilizzarle come ingredienti per rendere più saporite alcune ricette casalinghe. Ad esempio la piantaggine, oltre ad essere ricca della rara vitamina K, può vantare un interessante retrogusto di fungo porcino.
Del tarassaco si possono utilizzare tutte le parti della pianta: le foglie più tenere sono ottime se consumate crude nell’insalata, mentre le parti coriacee cotte sono ideali per zuppe, polpette, ripieni, torte salate. Anche i fiori, di colore giallo, si possono mangiare freschi, appena raccolti, oppure pastellati e fritti. Con il tarassaco si ottiene anche uno sciroppo, il cosiddetto “miele di tarassaco”.
Cristiana Lenoci per news-italia.net
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Buon 2 Giugno a tutti ❤