Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Luminarie: origini e sviluppo dell’arte di fare luce pugliese Le feste patronali, in Puglia, sono un tripudio di luci e colori, "pizzi" e "merletti" realizzati con lampadine: nessuno è immune al fascino delle Luminarie. Fin dall’antichità la luce è stata considerata uno strumento utile agli uomini per fronteggiare le tenebre. Nell’immaginario collettivo essa rappresenta la vita che sboccia, l’amore che si manifesta, la verità che si svela. Dal punto di vista strettamente liturgico, la luce si riferisce all’immagine di Dio, e per questo è un simbolo piuttosto ricorrente nei riti della religione cristiana. Proprio nei Paesi cristiani era più diffuso l’utilizzo di “luminarie” come lucerne, lampade, candele che venivano accese nei luoghi in cui i fedeli si riunivano per pregare. A partire dal 1500, le luminarie cominciano ad essere utilizzate anche esternamente, diventando di uso comune, e non solo appannaggio della religione. Erano soprattutto i nobili ad addobbare le strade cittadine con luminarie di ogni forma e dimensione, indicendo vere e proprie gare per ostentare lusso e ricchezza, mentre la Chiesa adoperava un allestimento solenne e festoso solo in occasione di celebrazioni liturgiche particolari. Le luminarie dell’epoca erano ovviamente alimentate con olio per lampade, oppure a base di grasso animale. Luminarie: un’usanza pagana Ma la tradizione di addobbare le strade a festa con luci colorate non è solo cristiana: alcuni antichi scritti del passato fanno riferimento a festeggiamenti con grandi luminarie, le c.d. “feste dei lumi”, nelle quali appunto si celebravano divinità pagane. Dagli inizi del ‘900, con le nuove scoperte tecnologiche, le luminarie cittadine vengono alimentate con mini bombole contenenti carburo oppure acetilene, in grado di provocare accensione senza stoppino. La prima lampada ad acetilene viene scoperta nel 1862. Alla fine dell’Ottocento, con la scoperta della corrente elettrica e delle lampadine ad incandescenza, le luminarie pubbliche assumono forme, dimensioni e colori che le caratterizzano attualmente. Le luminarie che ammiriamo oggi sono per lo più costituite da lampade a Led, che funzionano attraverso un computer. Inoltre, i programmi in 3D consentono di realizzare in tempi brevi progetti artistici di luminarie davvero spettacolari: sono tanti i designer italiani che si dedicano con successo a tale attività (link a Buttazzo). Migliaia di luci colorate in grado di accendersi a ritmo di musica regalano uno spettacolo indimenticabile. Il Salento è la terra del Sud Italia in cui l’usanza delle luminarie è più diffusa e sviluppata che altrove. Basti pensare alle feste patronali che si celebrano nei vari paesi e centri salentini: un tripudio di luci e colori, bancarelle, eventi musicali, gente per strada fino a notte inoltrata. Esempi di luminarie molto belle esistono anche in altre città della Puglia. In fondo, le feste patronali al Sud si somigliano un po’ tutte, pur essendo diverse nei contenuti più intrinseci e devozionali.

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Sono a dir poco straordinarie le immagini del fotografo Maurice Mikkers, appassionato di cose microscopiche, che mostrano come ogni lacrima abbia una forma che dipende non solo dalla composizione chimica, ma anche dai nostri stati d’animo. Ciò che il cantautore Fabrizio De Andrè aveva detto anni fa in una delle sue canzoni, “C’è una lacrima nascosta che nessuno mi sa disegnare”, gli scienziati lo conoscono ormai da tempo. Le lacrime, ingigantite sotto le lenti di un microscopio, hanno forme del tutto diverse tra loro. “Imaginarium of Teers” è un progetto fotografico che ha tenuto impegnato M. Mikkers nell’ultimo anno, e che presto sarà pubblicato in un libro. Fotografando centinaia di lacrime diverse, Mikkers si è reso conto che ognuna è un mondo a parte con cristalli che sembrano fiocchi di neve oppure minuscole felci, a seconda dei casi. Ognuno di noi produce lacrime praticamente uniche, anche in base ai momenti e di ciò che le ha causate. Le lacrime che si producono quando si piange per un’emozione hanno una composizione chimica diversa dagli altri tipi di lacrime, prodotte per esempio su cause esterne, come i vapori di una cipolla. Recenti ricerche scientifiche si sono invece concentrate sulla produzione di ormoni durante il pianto, che permette di ridurre lo stress, cosa che spiegherebbe perché di solito dopo un pianto ci si sente meglio, o meno peggio.

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Gli animali sono maestri di vita, e se insegniamo ai bambini come prendersene cura li rendiamo sicuramente adulti migliori.

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