Cristina Passarani

AAA MANCA VITAMINA D. L’esperto di genetica Steve Jones ha recentemente sollevato l’importanza degli integratori di vitamina D durante il recente Hay Literary Festival, in Galles. Il motivo è semplice e DEVE FARCI PENSARE: i bambini di oggi trascorrono all’aria aperta un’ora in meno al giorno rispetto a quanto accadeva dieci anni fa. Che, tradotto, significa una sola cosa: carenza di esposizione al sole. Certo, l’esperto ha fatto riferimento alla carenza di vitamina D nei bambini scozzesi, e si sa che la Scozia, in fatto di sole, non se la passa estremamente bene. Ma il problema non è solo questo: il suo punto di vista infatti menziona l’urgenza di portare i bambini all’aria aperta e allontanare la loro attenzione, una volta per tutte, da tablet e telefonini. “Il rachitismo (una delle conseguenze dell’assenza di vitamina D) sta tornando – ci allerta Steve Jones, e anche con una certa velocità. È un problema che si sta ripresentando per colpa del cambiamento comportamentale dell’essere umano”. Trascorrere più tempo nei parchi, infatti, non è solo una priorità per garantire la salute mentale nell’infanzia ma anche per controllare altri aspetti salutari particolarmente importanti, tra cui la pressione sanguigna. “Andare in spiaggia e restare al sole per un’oretta fa sì che la pressione sanguigna rallenti di circa dieci punti, perché i vasi sanguigni si rilassano”, conferma Jones. Però è anche vero che l’Italia non è la Scozia: qui il sole c’è, ed è anche tanto. Cosa si può fare quindi in ITALIA affinché bambini, adulti e anziani dispongano della giusta quantità di vitamina D? Far assumere integratori di vitamina D se il soggetto è carente ed esporsi alla luce del sole entro le 12 e dopo le 16.00 e con creme solari adeguate al tipo di pelle.

Cristina Passarani

La sindrome di BURNOUT è una malattia lo dice l'OMS. Fino a poco tempo fa era un termine tecnico poco noto. Adesso non facciamo che leggerlo o sentirlo nominare: il burnout sembra entrato prepotentemente nella nostra quotidianità per andare a posizionarsi tra grandi mostri del nostro tempo come lo stress generico, l’ansia, la depressione e il disturbo dell’adattamento. In realtà, il primo a occuparsi di burnout è stato lo psicologo Herbert Freudenberger nel lontano 1974 con un articolo scientifico che parlava di un problema principalmente legato a professioni di aiuto (infermieri, dottori, chiunque si occupi di assistenza e cerchi di ridurre sofferenza e disagio altrui) ed era descritto come un (molto) logorante stress da lavoro. Da allora, però, è rimasto (troppo) a lungo un termine ufficioso, qualcosa di non chiaramente riconosciuto dai medici, ma che ha preso il sopravvento. Difficile trovare statistiche chiare per l’Italia, ma la Francia - che da tempo lotta perché il problema venga riconosciuto ufficialmente dai medici - è un esempio di come il burnout sia un fenomeno di portata pazzesca: dei quasi 30 milioni di dipendenti francesi, più di tre milioni sono a rischio “esaurimento professionale” e, secondo un'indagine CFDT condotta nel 2017, il 36% dei francesi ne ha già sperimentato uno. Anche in Usa i numeri sono importanti: un impiegato su quattro sente di avere a che fare col burnout sempre o molto spesso, mentre un 44% lo percepisce a volte. In Italia è descritto anche come "stress da lavoro correlato". La sindrome di burnout è finalmente stata riconosciuta: l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha deciso di intervenire inserendolo nella sua Classificazione Internazionale delle Malattie - nella sezione dedicata ai "disturbi associati all'occupazione o alla disoccupazione”. Occhio perché non è considerato una malattia vera e propria, ma un “problema associato alla professione”, una “sindrome che porta a stress cronico impossibile da curare con successo” i cui sintomi sono “spossatezza sul luogo di lavoro, cinismo, isolamento o in generale sentimenti negativi legati alla propria professione ed efficacia professionale ridotta” - alias: lavoriamo peggio perché sopraffatti dalle emozioni negative e il rischio è quello di essere vittime di una vera e propria depressione associata a stati di ansia e panico. Può colpire non solo medici e infermieri, ma anche disoccupati in disperata ricerca di impiego, celebrity, casalinghe, manager in carriera e impiegati sovraccaricati di lavoro.

Cristina Passarani

Mal di mare: i rimedi naturali Mal di mare, mal d'auto, mal d'aria: la chinetosi (o cinetosi) sembra proprio una maledizione per chi deve viaggiare, perché in grado di rovinare anche il viaggio più bello. Chinetosi: sintomi e causeLa chinetosi è un disturbo che colpisce sopratutto durante gli spostamenti su mezzi che prevedono movimenti ripetitivi di accelerazione e decelerazione, così come nei movimenti ondulatori e oscillatori propri di auto, aerei e navi. Le cause derivano da una stimolazione dell'apparato vestibolare, situato nell'orecchio interno, e responsabile di mantenere il senso dell'equilibrio. Quando le strutture ossee, membranose e nervose di questo delicato sistema sono particolarmente stimolate, come nel caso del trasporto veloce su mezzi che, per quanto stabili, sottopongono il corpo ad aggiustamenti dell'equilibrio e possono sorgere vertigini, nausea, malessere, capogiri, svenimenti, sudorazione fredda e vomito rimedi naturali: i consigli della nonna in caso di mal di mare sono conosciuti da tutti: fissa l'orizzonte, distraiti, guarda un punto fisso, mangia un pezzo di pane. Per qualcuno possono funzionare: nei primi casi permettono di comunicare al cervello, tramite la vista, un senso di stabilità fisica, mentre per quel che riguarda il cibo potrebbero aiutare ad assorbire i succhi che accompagnano la nausea. Ma non per tutti funzionano allo stesso modo. Esistono altri rimedi naturali, meno “popolari” e più genericamente efficaci, senza particolari controindicazioni, e che funzionano per tutti. Olio essenziale di menta piperita Quando il mal di mare è associato a problemi di stomaco si può prevenire usando l'olio essenziale di menta piperita, esclusivamente biologico e per uso alimentare, mescolato in un cucchiaino di miele e sciolto in una tazza di acqua calda. Ne basta una goccia. Si possono anche formare delle piccole “pastiglie” di argilla: si formano con due cucchiai di argilla verde ventilata, acqua quanto basta, e una goccia di olio essenziale. Si impasta bene, si formano delle piccole palline, si fanno seccare e si portano in viaggio in un sacchetto o in una scatolina. Se ne prende una al bisogno. Zenzero Assunto fresco, in radice, o sotto forma di olio essenziale, lo zenzero previene e calma la nausea. Se si sceglie la radice basta masticarne un pezzetto prima di partire, mentre per l'olio essenziale se ne possono usare poche gocce su un fazzoletto e inalarne il profumo. Usatelo prima di sentirvi male: infatti i profumi troppo forti accentuano il senso di nausea e possono peggiorare i sintomi del mal di mare. Fiori di Bach: Scleranthus e Rescue Remedy Scleranthus è il fiore della stabilità. Consigliato a chi non sa decidersi, a chi oscilla fra due decisioni, a chi sente dentro di sé un continuo agitarsi di opinioni contrastanti, questo fiore di Bach serve anche per le situazioni fisiche in cui l'adattamento alla stabilità e all'equilibrio faticano a stabilizzarsi. Associato al Rescue Remedy calma nausea, vomito, vertigine e malessere. Digitopressione: In commercio esistono da anni braccialetti contro il mal di mare e il mal d'auto, costituiti da un semplice cinturino in cui è inserita una piccola pallina da mettere a contatto con la pelle del polso. Il principio sfruttato da questi braccialetti è quello della medicina tradizionale cinese e della digitopressione.

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