L’infiammazione (flogosi) fa parte dei meccanismi di difesa non specifici dell’organismo e dei processi di cura innati del corpo.
Quando in un organismo si registrano lesioni o infezioni, il corpo mette in atto dei processi patologici rilasciando sostanze chimiche che contribuiscono a proteggerlo e a combattere gli organismi nocivi. Questo processo patologico può causare arrossamenti, aumento della temperatura della zona interessata, aumento generale della temperatura dell’organismo e gonfiore.
Tuttavia, alcuni alimenti come lo zucchero possono causare uno stato infiammatorio, ciò significa che il nostro organismo reagisce in modo del tutto simile a come reagirebbe in caso di una sopravvenuta lesione o infezione.
Le ricerche in materia dimostrano che l’abuso di alimenti ricchi di zuccheri semplici o raffinati può portare a infiammazioni croniche di basso grado che, con il trascorrere del tempo, possono determinare gravi problemi di salute a carico del muscolo cardiaco e/o dell’apparato muscolo-scheletrico, l’insorgenza di malattie autoimmuni, diabete, allergie e patologie tumorali.
Nel 2014 è stata condotta una ricerca scientifica per comparare gli effetti del fruttosio e del glucosio sulla flogosi. Ai soggetti coinvolti nella ricerca, è stata somministrata una dose di fruttosio da 50 g in un’unica soluzione. Quest’unica somministrazione di fruttosio ha determinato dei livelli significativamente elevati di proteina C-reattiva (CRP), la quale è un marcatore di risposta allo stimolo infiammatorio.
L’aumento dello stato infiammatorio era già evidente dopo 30 minuti dalla somministrazione del fruttosio, e questi livelli, due ore dopo, erano ancora più elevati rispetto alla precedente rilevazione. (50 grammi di fruttosio corrispondono approssimativamente al contenuto zuccherino di due lattine di bibite gassate).
A volte non si conosce l’origine patologica, però è evidente che il cibo è fondamentale per godere di buone condizioni di salute, pertanto esso è la migliore medicina di cui disponiamo dovendo mangiare non solo per sopravvivere ma anche per nutrirci come affermò Ippocrate: “Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. Oggigiorno è paradossale che la società in possesso delle maggiori risorse alimentari sia spesso quella più afflitta da disordini alimentari dovuti soprattutto a pessime consuetudini e all’eccessivo utilizzo di prodotti di derivazione animale a scapito di prodotti vegetali contenenti fito-elementi.
Per comprendere meglio il ragionamento, dobbiamo partire dai concetti basilari e dalla funzione degli elementi che introduciamo nell’organismo. Esistono elementi definiti fito-elementi primari quali i carboidrati, i grassi, le proteine, le vitamine, gli oligoelementi e i minerali, ma anche i fito-elementi secondari.
Sono circa 30.000 le diverse sostanze che non concorrono direttamente nello sviluppo della pianta ma che sono protettive nei confronti di elementi nocivi come i raggi UVA, le tossine presenti nell’ambiente, ecc. Tali sostanze, nell’uomo, espletano una serie di funzioni, in particolare modo quella protettiva e antiossidante.
Se i nostri antenati, nella propria dieta alimentare, consumavano circa 4 g al giorno di queste sostanze, oggigiorno non si raggiunge nemmeno 1 g di consumo giornaliero. Tali sostanze antiossidanti sono più efficaci se sono già presenti nell’organismo prima della comparsa delle sostanze tossiche e quindi sarebbe consigliabile assumerle preventivamente, vale a dire che la loro funzione è e rimane protettiva, ma agiscono con maggiore efficacia se assunte a livello preventivo.