Luisa Cascarano

Sforzi inutili: eliminali e dici addio al panico Chi tiene duro, chi resiste malgrado tutto, prolunga la permanenza in situazioni innaturali che scatenano il panico: la strada giusta è la cedevolezza Se riesci a crollare il panico scompare Se mi lascio andare, se lascio emergere quello che sento dentro, crollerà tutto: è questa la convinzione errata che anima Marika. Quando viviamo così, l’anima, che cerca sempre di riequilibrarci, manda i disagi proprio per farci crollare. Più tieni duro più rischi il crollo: ecco il senso del panico. E se dici "mi spezzo ma non mi piego", proprio le giunture iniziano a scricchiolare. L’alternativa sarebbe diventare una marionetta guidata da diktat e doveri, e quella sì che sarebbe una prospettiva "da panico". Il mondo interiore ha indicato a Marika la strada giusta. "Nel sogno - suggerisce lo psicoterapeuta - le cose vanno diversamente: il cinghiale non rompe nulla, anche se lei si aspettava il contrario" L'anima conosce sempre ciò che fa per noi "Sì era davvero surreale. Sapeva come fare e dove andare" Dice Marika. "E lei dove vorrebbe andare, se fosse come il cinghiale?", la incalza il terapeuta. "Me ne andrei a vivere fuori città, ci penso spesso. Vorrei prendere un piccolo appartamento, l’ho anche visto, è dentro una vecchia cascina. Intorno ci sono prati e boschi. Io mi immagino lì, ma non è possibile, nessuno capirebbe, mi direbbero che sono una pazza, che sono idee da adolescente immatura". L’immagine del cinghiale è un invito a far entrare un po’ di quei sogni segreti e di quei desideri nella sua vita. Dopo questo sogno Marika comincia a dedicarsi ad alcune cose che non si era mai concessa e scopre che in fondo non succede niente di così terribile. Comincia a coltivare delle piante sul balcone e a passare i fine settimana all’aria aperta. Sono timidi tentativi di far emergere una sua parte naturale che tanto teme e a cui ha sempre resistito. Ma è proprio facendo entrare "quell’ospite oscuro" nella sua vita che, piano piano, impara a liberare l’energia compressa che prima poteva solo esplodere negli attacchi di panico. Il messaggio segreto del panico Il panico è un messaggio che dice: smetti di resistere, crolla pure, lascia fluire il fiume di emozioni e istinti. Ci sono esercizi che possono aiutare: sperimentando la sensazione dei muscoli rilassati impariamo a recuperare la capacità di non opporci e di lasciare andare. Le immagini invece ci permettono di contattare le parti istintive che crediamo oscure e pericolose, ma che in realtà chiedono solo di dialogare con noi per ampliare i nostri confini. Alterna distensione e contrazione Sdraiati in un posto tranquillo, dove sai che non verrai disturbato. Porta l’attenzione al respiro e al tuo corpo. A questo punto prova a contrarre i muscoli, uno a uno partendo dai piedi fino alla nuca, come se dovessi tenderli: tieni la contrazione per qualche secondo e poi lasciali andare, di colpo, abbandonandoli del tutto. Resta fermo, qualche secondo senza fare nulla. Prosegui nell’operazione ascoltando la differenza tra il momento della contrazione e quello della distensione. In questo modo alleni il cervello a stare nella quiete e a percepire quando è il momento di mollare. Fai pace con l’ospite oscuro e rinasci Individua un animale o un personaggio di una fiaba che ti suscita paura e timore, prendi un foglio e comincia a immaginare di dialogare con lui. Ponigli delle domande e immagina che cosa potrebbe risponderti: che cosa vuole da te? Oltre alla paura cos’altro potrebbe portare con sé? Di cosa avrebbe bisogno per stare più tranquillo? Ripeti questo esercizio più volte: il tuo obiettivo è quello di riconciliarti con questo ospite e di dargli uno spazio. Dietro di lui si nasconde il tuo istinto e solo incontrandolo potrai liberarlo e smettere di temerlo.

Luisa Cascarano

Bimbi sempre più cicciottelli? Colpa degli zuccheri aggiunti In Italia i dati recenti dello studio “Okkio alla salute” hanno messo in evidenza come 4 bambini su 10 siano in sovrappeso, con punte più alte nelle regioni del sud e del centro. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra le misure di contrasto, ha incoraggiato i governi a prendere misure anche a livello politico per migliorare questa situazione. L'eccessivo consumo di zuccheri aggiunti, vale a dire quelli diversi da quelli naturalmente presenti nelle materie prime, rappresenta una grave minaccia alla salute, soprattutto per bambini e adolescenti. Tali infatti, contribuiscono all'alta prevalenza dell'obesità nell'infanzia e adolescenza, e partecipano in modo significativo anche all'incremento di carie, allo sviluppo di malattie cardiovascolari, di ipertensione, dislipidemia, insulino-resistenza, diabete mellito, steatosi epatica Le linee guida americane per il 2015-2020 e la stessa OMS raccomandano un contributo complessivo da zuccheri aggiunti inferiore al 10% dell'apporto energetico totale. Tuttavia l'OMS spingerebbe per una ulteriore diminuzione fino a meno del 5%. In pratica meno se ne consuma meglio è per la salute. Gli zuccheri aggiunti hanno molti nomi: saccarosio, glucosio, sciroppo di fruttosio, muscovado, destrosio, sciroppo d'acero, malto d'orzo, melassa, sciroppo di mais e altro ancora. Nel quotidiano quindi l'assunzione di zuccheri aggiunti da non superare è 25 grammi (pari a 4 cucchiaini da caffè rasi) per la donna, e circa 35 grammi per un uomo, mentre per un bambino di 6 anni il quantitativo massimo si riduce a 20 grammi. I bambini e adolescenti americani consumano circa il 17% del loro introito calorico solo in zuccheri aggiunti, soprattutto bevande zuccherate, nelle quali i valori nutrizionali presenti sono pochi se non nessuno, e ancora peggio non conferiscono alcun senso di sazietà. Tra le principali bevande dolci troviamo bibite gassate, succhi di frutta, sport drink, senza contare anche tutte le varie bevande a cui noi per abitudine aggiungiamo zucchero o dolcificanti, come tè, caffè ecc. Le parole per dirlo: "con BMI più elevato" o "con problemi di peso" sono termini molto più efficaci di "grasso" o "pesante" Si consideri che una bibita in lattina (330 ml) contiene in media 39 grammi di zucchero, un valore ben al di sopra di quello raccomandato e pari al doppio di quello consentito in una giornata per un bambino. E una bustina di zucchero, normalmente aggiunta intera nel caffè o nel tè, contiene ben 5 grammi di zucchero. Considerando che un individuo ha in media solo 2,7-3 g di glucosio in 5 litri di sangue, bevendo una tazzina di caffè con 5 grammi di zucchero, si immette in una sola volta uno “tsunami” di zucchero che deve essere gestito creando un improvviso picco glicemico, una impennata insulinica e di conseguenza un effetto infiammatorio che se ritmicamente perpetuato può contribuire all'innesco o al mantenimento di specifiche patologie. Oltre ai gelati (che contengono circa 15 g di zuccheri semplici per pallina), alle merendine, ai succhi di frutta addizionati di zucchero (che possono contenere anche 30 g di zucchero in un singolo brick da 200 ml), altre fonti di zucchero addizionato nascosto sono ad esempio il ketchup (una bustina monodose da 15 g contiene 4 g di zucchero) e l'aceto balsamico. Lo zucchero inoltre è presente nei cereali della colazione, nei vasetti di yogurt alla frutta (dove il minor apporto di grassi viene compensato con lo zucchero) e spesso anche nei sughi pronti, nei salumi (sotto la dicitura di destrosio), nel mais in scatola, nei würstel, nel pane confezionato e nelle patatine. Per questa ragione risulta fondamentale la lettura delle etichette al supermercato. Tutti questi alimenti possono quindi essere consumati solo nell'occasionalità e con moderazione. La ripetizione sistematica e il loro consumo quotidiano sono invece da evitare. Proprio per disincentivare l'utilizzo di queste bevande si sta facendo strada in oltre 50 paesi una tassa sullo zucchero la cosiddetta sugar tax

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Luisa Cascarano

Quando qualsiasi zucchero può accendere l'infiammazione Fino ad oggi si sono identificate e spiegate almeno tre forme di infiammazione dovuta al cibo. La prima è legata al tipo di cibo e al profilo alimentare personale, la seconda è legata alla diversa proporzione di proteine e carboidrati nel singolo pasto e la terza, di scoperta più recente, è legata all'effetto di glucosio e fruttosio sulle proteine dell'organismo che causa glicazione e infiammazione. Quest'ultima forma di infiammazione, definita nel 2017, è collegata all'uso degli zuccheri, comprendendo tra questi sia il glucosio (molecola che fa parte del saccarosio, maggior costituente dello zucchero bianco come quello di canna) sia il fruttosio, da molti considerato "innocente". Nessun cibo è "cattivo" in se stesso, ma la sua ripetizione sistematica o il suo abuso portano a possibili danni di cui l'infiammazione è il segno. L'eccesso o la ripetizione sistematica di qualsiasi tipo di zucchero, glucosio o fruttosio che sia, può innescare reazioni infiammatorie che giustificano molte malattie acute e spiegano un gran numero di malattie croniche. L'essere umano possiede addirittura un ormone (NPY) che fa ricercare lo zucchero, ma questa ricerca è stata utile nel paleolitico, mentre oggi rischia di trasformarsi in una sciagura. Lo zucchero è utile e buono, ma la misura in cui usarlo e i tempi in cui gustarlo devono essere decisi in relazione ai possibili danni che arreca, in modo diverso, a ogni persona. Per capire l'importanza degli aspetti infiammatori da zucchero, e il ruolo inaspettato che questi possono avere nell'organismo, riporto un brano tratto dal 3° capitolo del mio ultimo libro "Le intolleranze alimentari non esistono". Le tre forme di infiammazione correlate al cibo. Una evoluzione scientifica che coinvolge tutti «Caterina, donna di media età in buona salute, fisicamente attiva, e solo un poco in sovrappeso, iniziò improvvisamente a soffrire per una sciatica molto dolorosa che si irradiava dal suo gluteo fino al piede sinistro. I risultati del tutto normali di una risonanza magnetica nucleare escludevano un'ernia a livello della sua colonna vertebrale e anche un'analisi elettrofisiologica (EMG) non spiegava l'intensità del dolore stesso. Tutte le sue analisi biochimiche erano corrette a eccezione di un alto livello di alcune sostanze glicate, tra cui la fruttosamina, che indicano il danno provocato dal fruttosio e dal glucosio. In effetti, lei stava mangiando un'eccessiva quantità di frutta e bevendo molti succhi, nonostante avesse già eliminato, in ossequio a norme di buona salute, ogni eccesso delle tipiche bevande zuccherate. Le chiesi quindi di ridurre la frutta per una settimana e di sostituire i succhi di frutta con quelli di verdura. Dopo solo pochi giorni di dieta, la sua dolorosa sciatica iniziò ad attenuarsi e alla fine della settimana, con dolori quasi scomparsi, iniziò a reintrodurre una quantità “normale” di frutta fresca nella sua alimentazione quotidiana. Probabilmente, Caterina era andata oltre il suo personale limite di introduzione di fruttosio e l'infiammazione del suo nervo sciatico rappresentava un segnale di pericolo per tutto l'organismo e l'espressione dell'infiammazione dovuta alla glicazione. Una delle tre forme di infiammazione da cibo oggi conosciute.» Quando si affronta un dolore, una malattia o un disturbo in cui l'infiammazione è parte importante del problema, è importante riflettere su tutte le possibili cause infiammatorie, e quelle dovute al tipo di cibo, oggi misurabili con lo studio di BAFF, PAF e profilo alimentare personale, sono le più frequenti, ma la conoscenza degli effetti degli zuccheri sull'organismo sta aiutando a capire quanto importante possa essere qualsiasi aspetto dell'alimentazione nella risposta infiammatoria. Si tratta di aspetti che, senza rinunciare a nulla, possono essere curati e trattati. Si tratta quasi sempre di imparare ritmi nuovi di assunzione alimentare uscendo da schemi abitudinari che prevedono di mangiare ogni giorno le stese cose in modo ripetitivo.

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