Luisa Cascarano

Riscaldamento globale: 2 gradi in più farebbero crollare l’economia Uno studio di Moody's Analytics ha provato a calcolare gli effetti economici del climate change. Le previsioni sono pessime Le conseguenze del surriscaldamento globale non saranno solo di carattere ecologico e ambientale. Secondo uno studio di Moody’s Analytics, le ricadute economiche saranno ben più gravi di quanto sinora prospettato. L’istituto di analisi e statistica del gigante delle ricerche finanziarie ha preso le mosse dalle previsioni che l’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, ha realizzato e pubblicato nell’autunno del 2018. Secondo questo studio, nella peggiore delle ipotesi la temperatura globale è destinata ad aumentare mediamente di due gradi entro il 2100. Se, invece, verranno messe in campo delle misure minime per arginare il cambiamento climatico, l’innalzamento delle temperature potrebbe essere limitato ad “appena”, 1,5 gradi centigradi. Una situazione catastrofica, sia da un punto di vista ambientale, sia da un punto di vista economico. Lo scioglimento dei ghiacciai non avrebbe il “solo” effetto di ricoprire e sommergere terre e città oggi abitate, ma devasterebbe interi settori economici e produttivi. E, come detto, il contraccolpo economico-finanziario sarebbe di dimensioni bibliche. Stando all’analisi di Moody’s Analytics, l’innalzamento di 2 gradi centigradi della media della temperatura globale costerebbe la bellezza di 69 mila miliardi di dollari. Una cifra elevatissima, equivalente (a grandi linee) a 27 volte il debito pubblico italiano. Se, invece, le misure adottate contro il cambiamento climatico fossero in grado di fermare l’asticella di mercurio e limitare il surriscaldamento globale a 1,5 gradi di media, il conto che l’economia globale dovrebbe pagare sarebbe di “appena” 54 triliardi di dollari. L’impatto del surriscaldamento globale e del climate change, nello specifico, passerà attraverso sei diversi canali, o fasi. Prima di tutto, le temperature più elevate porteranno allo scioglimento dei ghiacciai (fenomeno già in atto, tra le altre cose) e il conseguente innalzamento del livello del mare; questo primo effetto porterà a una diminuzione delle terre coltivabili, con impatto devastante sulla produzione agricola. Ci sarà quindi una diminuzione generale della produttività lavorativa, un peggioramento dello stato di salute della popolazione globale e calo della domanda energetica. Le prime a risentire di questi cambiamenti, inoltre, saranno le nazioni in via di sviluppo presenti nella fascia tropicale (come Malesia, Algeria, Filippine e Thailandia) e i Paesi produttori di petrolio (Arabia Saudita, Qatar e Oman). E, come sottolineato nel report, la stima di Moody’s potrebbe rivelarsi sin troppo positiva. Dal conto finale, infatti, sono stati tenuti fuori gli effetti economici che disastri ecologici e catastrofi naturali hanno solitamente sull’economia di una nazione. Nel corso del 2018, i danni provocati nei soli Stati Uniti da inondazioni, incendi e cicloni tropicali hanno toccato quota 300 miliardi di dollari e la cifra è destinata tristemente ad aumentare.

Luisa Cascarano

Italia, addio a uva e olive: il cambiamento climatico le “sposterà” in Finlandia Secondo un rapporto dell'Agenzia ambientale europea, le coltivazioni tipiche dell'Italia potrebbero "traslocare" in Scandinavia Tra qualche anno l’olio Made in Italy potrebbe essere solamente un lontano ricordo. Al suo posto, invece, utilizzeremo olio extravergine d’oliva proveniente dalla regione dei laghi finlandese. No, non si tratta della sceneggiatura di un b-movie di fantascienza né la trama di qualche libro scritto da un romanziere dalla fervida fantasia. Sono, invece, le previsioni presenti in uno studio dell’European Environment Agency (l’agenzia europea per l’ambiente) riguardante gli effetti del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature. E, come si sarà capito, se non si corre immediatamente ai ripari, le conseguenze per l’agricoltura del nostro Paese saranno catastrofiche. Stando a quanto riportato nello studio, i cambiamenti climatici degli ultimi anni – e quelli degli anni a venire – stanno provocando danni ingenti alle produzioni agricole di molti stati europei. E non ci si riferisce agli alluvioni o agli altri eventi meteorologici catastrofici, ma agli effetti a lungo termine e irreversibili che le colture potrebbero subire nel caso in cui non ci si impegni subito a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. A risentirne, in gran parte, saranno gli stati dell’Europa del sud, quelli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Nei prossimi 2-3 decenni il valore della terra coltivata inizierà a scendere in maniera preoccupante, per arrivare a toccare il -80% rispetto al valore attuale nel 2100. Questo costringerà gli agricoltori italiani, spagnoli, greci, portoghesi e della Francia meridionale ad abbandonare la loro attività e i campi coltivati, magari, dai loro genitori e, ancora prima, dai loro nonni o trisavoli. Il peso maggiore di questo calo sarà “a carico” degli agricoltori italiani. Secondo lo studio dell’EEA, i terreni coltivabili della nostra Penisola potrebbero perdere fino a 120 miliardi di valore. Per la sua conformazione orografica e la sua posizione, infatti, l’Italia è particolarmente sensibile alle variazioni climatiche e, l’innalzamento delle temperature e la scarsità di precipitazioni, l’esporrà sempre più al rischio di desertificazione del terreno. Se, in questo scenario, Italia, Spagna, Francia, Portogallo e Grecia hanno tutto da perdere; i Paesi del nord del continente hanno invece tutto da guadagnarci. Svezia, Danimarca e Finlandia potrebbero veder ulteriormente crescere la varietà di viti coltivate sui loro terreni, mentre nei prossimi anni potrebbero essere addirittura introdotte le prime piante di ulivo. Le temperature sempre più miti delle nazioni scandinave (e non solo), infatti, potrebbe costringere molti coltivatori a spingersi verso nord. Uno scenario per alcuni versi apocalittico, ma molto meno irrealistico di quanto si potrebbe pensare. Sarà fondamentale, si legge nel report dell’Agenzia ambientale europea, l’approccio con il quale si affronterà la questione nei prossimi anni. Se non dovessero essere prese adeguate contromisure, l’intero settore sarebbe costretto a far fronte a perdite del 16% del valore nei prossimi due decenni.

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Luisa Cascarano

Abruzzo, le Gole del Sagittario sono uno spettacolo più unico che raro La millenaria erosione delle acque del fiume Sagittario ha dato vita a un canyon spettacolare La Riserva naturale regionale delle Gole del Sagittario è un’Oasi WWF. È una delle riserve naturali più belle dell’Abruzzo, da scoprire rigorosamente a piedi. La millenaria erosione delle acque del fiume Sagittario ha dato vita a un canyon spettacolare che non ha nulla da invidiare alle note Gole del Verdon che si trovano nel Sud della Francia e che attirano migliaia di turisti ogni anno. Le Gole del Sagittario si trovano nel Comune di Villalago, in provincia dell’Aquila. La loro importanza naturalistica è nota anche al di fuori dei confini italiani. Le gole furono descritte dai viaggiatori inglesi Richard Craven ed Edward Lear intorno alla metà del XIX secolo come un luogo “pauroso e bello”. Qui si possono ammirare altissime falesie, rupi, sorgenti, cascate, ponti e corsi d’acqua color smeraldo. Un luogo davvero incantevole, se si pensa che dista solamente un’ora da Roma. Un vero e proprio scrigno di natura: un profondo canyon tra rupi calcaree scavato dal fiume che offre rifugio anche agli orsi marsicani, ai lupi e ai falchi. Le prime propaggini delle gole iniziano già dalle ultime case di Anversa, dalla diga di San Domenico, dove sorge l’eremo di San Domenico. L’area protetta ha un’estensione di circa 450 ettari e spazia dai 500 metri di altitudine a valle del centro abitato fino a quota 1.500 di Pizzo Marcello, che lambisce il Parco nazionale d’Abruzzo. Nella riserva si snodano alcuni sentieri tracciati dal CAI (Club alpino italiano). Dalle Sorgenti del Cavuto gli escursionisti possono camminare verso il pittoresco borgo di Castrovalva per poi proseguire verso il Sentiero degli Aceri e raggiungere il Sentiero Floristico. Seguendo la strada per Castrovalva, invece, si raggiunge il Colle San Michele, dove si erge una chiesetta che svetta dai suoi 800 metri. Il ritorno al punto base è lungo un altro sentiero che chiude un itinerario ad anello. L’intero percorso circolare dura circa tre ore ed è perfetto per una gita in giornata. La riserva è riconosciuta anche come Parco Letterario “D’Annunzio” in quanto durante l’anno si organizzano visite e programmi culturali con letture, eventi musicali e teatrali sia nel centro storico del paese sia lungo le gole. All’interno della riserva si trovano anche un giardino botanico, un museo e un’area pic-nic. L’oasi è aperta tutto l’anno ed è a ingresso libero e gratuito.

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