Luisa Cascarano
Nasce il Cammino basiliano: 44 tappe tra i mari e i monti della Calabria con borghi suggestivi, monasteri e riserve naturali Un Cammino di fede, arte,storia, minoranze linguistiche greche e albanesi, foreste, natura incontaminata e paesaggi tra mare e monti. Nasce in Calabria il Cammino basiliano: 44 tappe tra mari e monti che si snodano attraverso 955 chilometri di paesaggi straordinari. Una Calabria sostenibile, da percorre a piedi tra borghi e boschi, per perdersi tra golfi e monasteri arroccati.Ad annunciarne la nascita del Cammino basiliano è proprio il responsabile del progetto, Carmine Lupia, ex direttore della Riserva Valli cupe, sul suo profilo Facebook: “Dopo quattordici anni di studio, otto anni di cammino e di revisione delle tracce GPS, finalmente è stato ultimato dalla ass. Camminatori Basiliani, IL CAMMINO BASILIANO che percorre la Calabria da nord a sud per 955 Km, soprattutto su sentieri e piste. Il percorso inizia a Rocca Imperiale e termina a Reggio Calabria. Ogni tappa del Percorso corrisponde a una giornata di cammino e in totale sono 44, con le varianti si arriva a 56 tappe e in ogni posto tappa si trova da dormire e da mangiare”.Un percorso, quindi, che non ha niente da invidiare al Cammino di Santiago. Ogni tappa è quindi pensare per poter essere affrontata in un giorno di cammino; a breve spiegano gli organizzatori ci sarà un sito web per scaricare le tracce GPS e vedere online tutti gli itinerari. Come dicevamo, il punto di partenza è il suggestivo borgo affacciato sul mar Ionio di Rocca Imperiale, si toccano poi i comuni di Canna, Nucara, Santa Maria degli Antropici, Oriolo, Alessandria del Carretto, Cerchiara Calabra e Santa Maria delle Armi sino a raggiungere l’incantevole borgo di Civita, nel cuore del Parco nazionale del Pollino e della riserva naturale delle Gole del Raganello. “L’accoglienza che si trova è rappresentata da monasteri, castelli, B&B e ospitalità diffusa. E’ un Cammino di fede, arte,storia, minoranze linguistiche greche e albanesi, foreste, natura incontaminata e paesaggi tra mare e monti”, scrive ancora Lupia. Ma non finisce qui. I camminatori proseguiranno poi per Cassano allo Ionio, Terranova da Sibari, Corigliano, Rossano, Paludi, Longobucco, Ortiano e Bocchigliero. Si rimarrà sicuramente affascinati dai megaliti dei Giganti dell’Invallicata di Campana, a forma di guerriero ed elefante. Altro luogo, altro paesaggio, quello della Sila tra i comuni di Umbriatico, Verzino, Savelli, Castel Silano, San Giovanni in Fiore, nel territorio del Lago Ampollino, del monte Gariglione e a Buturo. E ancora Sersale, Sellia Superiore, Zagarise, Catanzaro, Tiriolo, San Floro e Squillace. Intramontabile il borgo di Gerace, uno dei 20 più belli d’Italia fino poi ad arrivare al Duomo di Reggio Calabria.
Luisa Cascarano
La crudeltà nascosta dietro al formaggio BabyBel: svelato l’inferno degli allevamenti di vitelli Vitelli costretti a vivere al gelo, con gli zoccoli che si staccano per il freddo intenso, malati e lasciati morire in agonia senza cibo e acqua. Ecco cosa si nasconde dietro la produzione dei formaggi che finiscono sulle nostre tavole, tra cui il famoso BabyBel.A svelare l’inferno che si cela dietro ciò che mangiamo è, ancora una volta, l’associazione Animal Equality, che lo scorso inverno ha filmato le terribili condizioni in cui sono detenuti circa 11mila vitelli al Summit Calf Ranch, uno dei più grandi allevamenti degli Stati Uniti. Le immagini sono veramente sconcertanti e mostrano una crudeltà e una violenza senza senso verso esseri senzienti e innocenti. I vitelli vengono separati dalle madri a mezz’ora dalla nascita e lasciati in gabbie al freddo con temperature che toccano i -20°C. Le temperature estreme causano il congelamento e il distacco degli zoccoli per molti di questi poveri animali che, oltre a provocare un dolore inimmaginabile, costringono i vitelli all’immobilità e a una lenta agonia sul cemento ghiacciato. Molti animali muoiono a causa del freddo intenso, altri per via del fatto che cibo e acqua sono congelati, altri ancora a causa di malattie come polmoniti e diarrea. Ai vitellini che si ammalano non viene fornita nessuna cura veterinaria: vengono abbandonati a morire dopo una lenta agonia, ammassati sui corpi senza vita di altri vitelli.I vitelli che sopravvivono sono sottoposti a maltrattamenti continui, tra cui la rimozione delle corna e la castrazione, che avvengono senza anestesia.L’allevamento oggetto dell’inchiesta è di proprietà di Tuls Dairy, il più grande produttore lattiero caseario del Nebraska, che rifornisce almeno 17 produttori in tutto il Midwest. Purtroppo la realtà che vivono questi vitelli è però comune a diversi allevamenti, anche nel nostro Paese: solo pochi mesi fa vi avevamo parlato di un’altra inchiesta di Animal Equality in alcune strutture italiane, dove si produce latte per le nostre mozzarelle di bufala. Situazioni analoghe sono state documentate negli allevamenti di maiali, oche destinate alla produzione di fois gras, polli, galline e altri animali. Gli allevamenti intensivi celano troppo spesso dolore, maltrattamenti, crudeltà, oltre a pessime condizioni igienico sanitarie. Per fermare tutto questo sarebbero necessari maggiori regole e controlli e, soprattutto, occorrerebbe che ognuno di noi riducesse sensibilmente o addirittura eliminasse il consumo di alimenti di origine animale. Un’alimentazione vegetale, oltre a risparmiare indicibili sofferenze agli animali, rappresenterebbe anche una risposta alla crisi climatica e apporterebbe benefici per la salute di tutti noi.
Luisa Cascarano