Adidas ha venduto 6 milioni di scarpe fatte di plastica sottratta dagli oceani
Ogni minuto, tutti i giorni, riversiamo negli oceani un camion colmo di plastica che uccide la fauna marina, distrugge l’ambiente ed entra nella catena alimentare.
Per fermare le conseguenze devastanti che i rifiuti plastici hanno sull’ambiente è fondamentale ridurre la produzione di plastica vergine.
Adidas ci sta provando con una linea di scarpe e sportwear prodotta con rifiuti di plastica raccolti prima che raggiungano gli oceani e in soli due anni ha già venduto sei milioni di paia di scarpe.
Sei milioni di paia di scarpe in plastica riciclata venduti in due anni
Due anni fa, Adidas ha avviato la produzione di scarpe realizzate con plastica riciclata, raccolta dalle spiagge e dalle comunità costiere prima che raggiunga gli oceani.
La nuova linea di scarpe da ginnastica e abbigliamento sportivo prodotta con plastica riciclata, nata dalla collaborazione tra Adidas e Parley per salvare gli oceani, sta riscuotendo sempre più successo e le vendite sono in continuo aumento.
Nel 2017, anno di lancio della nuova linea, l’azienda ha prodotto e venduto un milione di scarpe realizzate con filati riciclati; nel 2018 i pezzi venduti sono saliti a cinque milioni e Adidas si aspetta un’ulteriore crescita per il 2019, anno in cui prevede di vendere ben sette milioni di scarpe prodotte con poliestere riciclato.
I prodotti Adidas x Parley sono nati per proteggere gli oceani dall’inquinamento plastico. I rifiuti di plastica vengono recuperati prima che finiscano in mare e utilizzati per produrre filati di poliestere che è poi impiegato per realizzare scarpe e abbigliamento sportivo.
Ogni paio di scarpe è prodotto per almeno il 75% da rifiuti plastici sottratti all’ambiente: per fabbricare un paio di scarpe servono 11 bottiglie di plastica da cui si ottiene un filato usato per creare il disegno esterno, gli strati di rivestimento interno e il rivestimento dei talloni.
L’obiettivo dell’azienda è molto ambizioso: entro il 2024 Adidas punta infatti a eliminare completamente la plastica vergine e a produrre tutte le scarpe e l’abbigliamento usando esclusivamente poliestere riciclato.
L’importanza di ridurre la produzione di plastica
La plastica è un prodotto versatile ed economico e il poliestere è il materiale più utilizzato nella realizzazione di scarpe da ginnastica e abbigliamento sportivo poiché offre leggerezza, resistenza e si asciuga rapidamente.
Trattandosi di un materiale praticamente indistruttibile, la plastica rappresenta uno degli inquinanti peggiori per il nostro pianeta: l’equivalente di un camion di plastica viene scaricato in mare ogni minuto, ogni giorno, con conseguenze devastanti sull’ambiente e sulla nostra salute.
La plastica che finisce nei mari, infatti, uccide la fauna marina, distrugge l’ambiente, entra nella catena alimentare e provoca danni che non siamo ancora in grado di quantificare per la salute di tutti gli esseri viventi del pianeta.
Sebbene il problema dell’inquinamento degli oceani sia ormai noto, la produzione di plastica non è ancora stata interrotta e anzi, continua a crescere.
Ogni anno otto tonnellate di rifiuti plastici raggiungono i nostri oceani e, continuando con questo ritmo, entro il 2050 il mare conterrà più plastica che pesci.
Il problema dell’inquinamento causato dalla plastica deve essere risolto agendo su più fronti: vietando l’uso della plastica monouso come stanno facendo molti paesi, studiando materiali alternativi alla plastica per la produzione di oggetti di uso comune e riciclando in modo corretto la plastica prodotta finora.
È molto importante che aziende delle dimensioni di Adidas si impegnino in questo senso: se tutti i grandi marchi smettessero di utilizzare plastica vergine e iniziassero a usare plastica riciclata, tonnellate di plastica verrebbero sottratte a spiagge e oceani e si eviterebbe di immettere ulteriore plastica nell’ambiente.
Di che colore sono le sfere? L’illusione ottica che confonde il nostro cervello
Si chiama David Novick ed è un professore dell’Università di El Paso in Texas, appassionato di illusioni ottiche. A tal punto da twittarle nel suo profilo mettendo alla prova gli utenti. Questa volta lo ha fatto tirando in ballo delle sfere colorate, perlomeno all’apparenza colorate, chiedendo al suo pubblico di che tinta fossero, e l’esperimento è diventato virale.
La maggior parte degli utenti ha dato la risposta sbagliata, e se guardandole avete pensato “rosso, verde, blu”, ci siete cascati anche voi! In realtà sono tutte dello stesso beige, per la precisione il loro colore è l’RGB 255,188,144, ma sembrano diverse per via di un’illusione ottica. Il file originale, come indicato su Twitter dallo stesso professore, si può vedere su Dropbox.
Perché le confondiamo? Il professore ha spiegato che il nostro cervello associa il beige al colore delle righe presenti sullo sfondo, essendo incapace di vedere i colori assoluti. Non riuscendoci, ha bisogno di contestualizzarli e così li paragona ai colori più vicini.
Cosa significa questo? Di sicuro che l’apparenza inganna! E che i nostri sensi, a dispetto di quanto siamo soliti credere, possono sbagliarsi eccome.
Stanco del tuo lavoro? Trasferisciti alle Maldive per prenderti cura delle tartarughe
Avete esperienza, amore e talento particolari nel badare alle tartarughe? Se il vostro sogno è anche quello di esplorare le Maldive, ecco il lavoro che fa per voi. C’è tempo fino al 30 giugno per candidarsi ad uno stage di due settimane in un posto da sogno.
Il Marine Turtle Rescue Sanctuary presso il Coco Palm Dhuni Kolhu Resort nell’atollo di Baa è infatti alla ricerca di un volontario che si occupi delle tartarughe che vivono sul posto. È in questo centro, infatti, che hanno bisogno di uno stagista in grado di occuparsi delle tartarughe locali, affiancando veterinari esperti, e che dovrà raccontare l’esperienza attraverso Instagram.
In particolare, il volontario sarà tenuto a:
nutrire le tartarughe
pulire i serbatoi di raccolta
osservare interventi chirurgici e procedure mediche
partecipare alle missioni di salvataggio per raccogliere le tartarughe in difficoltà
assistere con il rilascio di tartarughe riabilitate nell’oceano
interagire con gli ospiti che visitano il centro dando loro informazioni sulle tartarughe che soggiornano nel centro
pubblicare sulle piattaforme di social media dell’Olive Ridley Project, per aggiornare i progressi e mostrare il dietro le quinte del centro di soccorso.
I requisiti richiesti sono la maggiore età, saper nuotare e una forte passione per le tartarughe marine. Questo programma di volontariato si adatta idealmente a coloro che desiderano saperne di più sulla medicina della tartaruga marina e sul primo soccorso e per sperimentare ciò che serve per lavorare con questi animali allo stato selvatico.
Sul bando si informa, inoltre, che ai volontari è richiesta una donazione per coprire gli spostamenti, vitto, alloggio e contribuire al finanziamento del funzionamento del centro di soccorso: