Luisa Cascarano

I sandali 100% naturali realizzati dalla tribù indigena brasiliana in armonia con la foresta Sandali naturali al 100% che non danneggiano l’ambiente e dipinti con tinture naturali. A realizzarli è una tribù indigena che in linea con i principi del rispetto di Madre Terra, è riuscita a combinare la sostenibilità con la produzione. È una cooperativa informale di uomini e donne di una tribù indigena brasiliana che vive nel mezzo della foresta Amazzonica e che per il proprio sostentamento crea e vende sandali a marchio Ararinha. Sostenibilità, visto che i sandali sono organici a base di lattice, ma anche tecnologia visto che poi vengono venduti su Internet o WhatsApp. Nella produzione lavorano 15 indigeni, gli uomini raccolgono il lattice avendo cura di far riposare gli alberi e senza sfruttamento, mentre le donne intrecciano con mani sapienti e tingono con tinture naturali ricavati da frutti e ortaggi o argilla. La suola è in polvere di legno e l’intrecciatura è fatta con la paglia. Il risultato sono dei sandali belli, ma anche comodi.Daosha ha 52 anni ed è sposata con Txada Shawã, di etnia Shawãdawa e ricorda che l’idea di sandali sostenibili è nata 3 anni fa, ma le vendite sono iniziate di recente. “Dopo che le donne indigene hanno ricevuto una formazione su come trasformare il lattice in un foglio di gomma (FSA), ho sentito il bisogno di creare scarpe con questo materiale. Abbiamo iniziato a vendere di recente. Abbiamo ancora una produzione molto piccola di 40 sandali al mese, ma aumenteranno gradualmente in base agli ordini. Presto la produzione si estenderà agli indigeni della stessa etnia del villaggio di Novo Accord, che si trova nelle vicinanze ”, ha affermato ancora Daosha.

Luisa Cascarano

La centrale idroelettrica prosciuga il Lago di Ledro: a rischio le palafitte dopo 4000 anni Il Lago di Ledro è completamente a secco da alcune settimane e questo ha causato la morte di milioni di molluschi ed esposto a gravi rischi le Palafitte di Ledro, costruite oltre 4000 anni fa. A puntare i riflettori su quanto sta avvenendo nella località turistica trentina è l’associazione ambientalista Amici della Terra dell’Alto Garda e Ledro, attraverso un esposto in Procura. Nella denuncia, l’associazione spiega che: “Il lago di Ledro, principale attrazione turistica della Valle, costituisce un microsistema biologico molto delicato, già messo a dura prova dai prelievi che la Hydro Dolomiti Energia effettua per alimentare la Centrale Idroelettrica di Riva del Garda. Da alcune settimane si osserva una drastica riduzione del livello dell’acqua, motivata, da informazioni ufficiose raccolte, dalla necessità di effettuare dei lavori nella centrale di Riva. Sembra che il Comune di Ledro, principale responsabile della salubrità e della conservazione dello specchio d’acqua, non abbia minimamente valutato l’impatto di questo abbassamento sull’ecosistema del lago”.A causa della riduzione del livello dell’acqua, sono infatti emersi i pali delle palafitte che ora sono esposti all’aria e possono velocemente degradarsi a opera dei batteri. Si tratta di reperti dal grande valore storico e archeologico, che l’associazione definisce nell’esposto come un “prezioso museo all’aperto e memoria della storia di Ledro”. I siti palafitticoli di Ledro sono infatti una testimonianza della vita di uomini vissuti migliaia di anni fa, primi abitanti delle Alpi, e sono stati iscritti nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO nella sessione del giugno 2011. Il prosciugamento del lago ha inoltre provocato la morte di milioni di molluschi che vivono al suo interno, assicurando la depurazione dell’acqua. L’associazione ha dunque deciso di rivolgersi alla Procura per cercare di difendere un patrimonio ecologico e storico che, pur essendo di proprietà demaniale, appartiene a tutta la comunità di Ledro.

Luisa Cascarano

Dimentica la lana, presto realizzeremo maglioni 100% vegetali e cruelty free con questa “erbaccia” All’elenco delle varie piante utilizzate dall’industria tessile che comprende, tra le altre, cotone, lino e canapa, oggi si aggiungono delle speciali erbacce, da cui è possibile ottenere un filato simile alla lana, ma ovviamente del tutto vegetale. Si tratta di erbe spontanee appartenenti al genere Calotropis, della famiglia delle Apocynaceae, piante originarie dell’Asia meridionale e del Nord Africa che non necessitano di particolari cure per crescere: sono infatti piante spontanee rustiche, con esigenze minime e che richiedono poca acqua. Ciò che rende queste erbacce adatte a produrre filati, è il fatto che le fibre dei baccelli e dello stelo siano internamente cave, struttura molto simile a quella delle fibre di lana Alpaca. Questa caratteristica fa sì che le piante di Calotropis possano essere sfruttate per realizzare filati che riproducono la lana, ed è stata sfruttata da un’azienda indiana proprio per ottenere tessuti vegetali con proprietà paragonabili alla lana. Faborg ha infatti ideato un nuovo filato, Vegan Wool, prodotto dalla lavorazione delle fibre di queste erbacce e che punta a sostituire la lana per realizzare maglioni, abbigliamento sportivo, tappezzerie e tessuti per la casa. Oltre a essere cruelty-free, la “lana” vegana è anche sostenibile dal punto di vista ambientale. Produrre un chilo di filato Vegan Wool consente ad esempio di risparmiare 9000 litri di acqua rispetto al cotone. Inoltre, la coltivazione di Calotropis migliora le condizioni del terreno e l’estrazione della fibra da queste piante consente di ottenere prodotti secondari utilizzabili per creare insetticidi e fertilizzanti naturali. Il filato ottenuto da queste piante è molto versatile poiché è composto da fibre con caratteristiche diverse: le fibre morbide, leggere e brillanti del baccello di Calotropis conferiscono a Veganwool un aspetto aspetto paragonabile a quello del cashemire, mentre quelle dello stelo – molto robuste – offrono resistenza al tessuto. I tessuti ottenuti dalle fibre del baccello sono quindi adatti per realizzare abiti invernali o per la mezza stagione, nonché capi di abbigliamento sportivo, mentre i tessuti realizzati dalle fibre dello stelo si prestano alla produzione di tende e tappezzerie con proprietà isolanti, grazie alla capacità delle fibre di assorbire i suoni.Entrambe le fibre vengono lavorate a mano e il filato è colorato con tinture vegetali, attraverso processi che non producono sostanze inquinanti e grazie ai quali si ottengono tessuti dalle proprietà termoregolatrici e antimicrobiche, in grado di far traspirare la pelle e proteggerla dall’azione dei batteri. Grazie alle sue caratteristiche, Vegan Wool è particolarmente indicata per le pelli delicate, sensibili e allergiche ed è adatta anche alla pelle dei più piccoli, tanto che sarà sperimentato per la prima volta proprio da un marchio di abbigliamento per bambini. Infantium Victoria, brand tedesco che nel 2018 ha vinto il Peta Vegan Fashion Award grazie alle sue creazioni cruelty-free, ha infatti annunciato durante il Future Fabrics Expo a Londra, che il nuovo filato sarà utilizzato per la nuova collezione autunno inverno. Vegan wool è uno dei tanti esempi di come le piante ci offrano di continuo soluzioni per rispondere alle nostre esigenze di tutti i giorni, mettendoci a disposizione cibo, sostanze curative, legname e fibre per realizzare tessuti. A noi il compito di proteggerle, studiarle e investire per sfruttarne il potenziale, rispettandole.

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