Pronti 400 mila alberi per le foreste delle Dolomiti andate distrutte
Si riparte dopo la distruzione
Nelle foreste delle dolomiti dove stanno già crescendo 400 mila nuovi alberi
La vita continua dopo la devastazione che a fine del 2018 aveva colpito ettari di boschi nelle dolomiti distruggendo milioni di alberi e radendo al suolo chilometri di foreste, tra cui la famosa “foresta dei violini”,
le raffiche di vento avevano distrutto tutto, lasciando solo desolazione, ma in Trentino, hanno reagito velocemente e non si sono dati per vinti, ricominciando subito a preparare nuovi alberi da piantare per ricreare le foreste abbattute e riportare in vita i boschi annientati dalla furia del maltempo,
così dopo pochi mesi sono già 400 mila i baby-alberi che stanno ricrescendo nei vivai della Magnifica Comunità di Fiemme, sulle Dolomiti, in Trentino, divisi tra Abeti rossi e Larici, pronti non appena cresciuti abbastanza, ad andare a ricostituire le foreste e prendere il loro posto in una natura in crescita,
non solo per ricreare la foresta e riportare gli animali selvatici a ripopolare quelle zone, al momento distrutte, ma anche perchè gli alberi ancorati al terreno assicuravano la stabilità del terreno, mentre adesso, sena piante, molti versanti delle dolomiti rischiano più facilmente di franare e creare ulteriori problemi e ulteriore distruzione per quelle zone,
Così le nuove piantine stanno già crescendo, anche se il processo è lungo, per ogni pianta servono 4 anni prima che possa essere messa a dimora nel bosco, per farla crescere abbastanza perchè sia in grado di sopravvivere ad animali, inverni rigiri e quanto, se troppo piccola, potrebbe impedirne la crescita e distruggerla,
Ilario Cavada, tecnico forestale della Magnifica Comunità di Fiemme, in prima linea nella progettazione delle nuove foreste delle Dolomiti
“È il nostro modo di aiutare le foreste che adesso sono in difficoltà a ripartire dopo la tempesta Vaia perché altrimenti i tempi della rinnovazione naturale sarebbero molto più lunghi e molti versanti rischierebbero di franare sotto le piogge”
Nella magnifica ci sono due vivai, il primo in piena attività, il vivaio storico di Solaiolo, il secondo riaperto proprio dopo la tempesta,il vivaio Lagorai, dove da Marzo di quest’anno stanno crescendo le 400 mila nuove piante,
Quando si entra nei vivai per osservare il processo di creazione e sviluppo delle nuove piante che andranno a rimpiazzare quelle distrutte, una parte dei vivai è dedicata ai semi appena piantati e alla nascita dei primi germogli, la parte che la vivaista Elisabetta Zanetti chiama scherzosamente “la nursery” per poi passare all’ “asilo nido” in cui stanno le piante fino a quando hanno un paio d’anni di vita, protette e coperte all’interno della serra,
quando le piante sono abbastanza grandi è il momento in cui dei tecnici esperti, solitamente una squadra di una decina di persone, le mette a dimora nella foresta, utilizzando attrezzature apposta per valutare la posizione migliore e sistemarle definitivamente,
Ilario Cavada continua a spiegare
«Ci sono enormi versanti scoperti e l’obiettivo è quello di piantumarli prima che l’erosione cambi il nostro territorio. Così i tempi sono molto più veloci rispetto a quella che sarebbe la rinnovazione naturale delle foreste»
Anche se il tempo per poter piantare in un bosco un abete o un larice partendo da seme è di 4 anni, fortunatamente la Magnifica Comunità di Fiemme stava già facendo crescere un buon numero di alberi già prima della devastazione delle foreste a causa del maltempo,
così in alcune zone delle dolomiti, quando i boscaioli hanno finito il loro lavoro di rimozione di tutti gli alberi caduti e distrutti, i vivai sono già partiti con la piantumazione e la “ri” creazione di nuove foreste, per non cambiare gli equilibri naturali,e per vedere tornare a vivere molte zone distrutte, pian piano, non appena nuove tornare di alberi saranno pronti, verranno riqualificate e piantumate tutte le aree distrutte, lasciando di quei terribili giorni e dei boschi annientati
In Italia la prima strada al grafene e plastica riciclata, duratura resistente e made in Italy
In Italia la prima strada al grafene e plastica riciclata 100% riciclabile
Una nuova tecnologia tutta italiana che per la prima volta è stata testata a Roma sull’Ardeatina
un nuovo materiale “supermodificante al grafene” (Gipave) è un ingrediente che permette di migliorare le prestazioni dell’asfalto, rendendolo più resistente, antismog, antighiaccio, inoltre aumenta la resistenza delle strade al passaggio delle auto e riduce il ‘graffio’ degli pneumatici , andando quindi ad aumentare la vita utile dell’asfalto. Dite che potremmo nei prossimi anni dare l’addio definitivo alle buche?
Questo nuovo prodotto italiano strizza anche l’occhio all’ambiente, infatti la combinazione di nuove tecnologie (come Gipave) e la rigenerazione delle vecchie pavimentazioni stradali permettono infatti di utilizzare dei materiali già presenti sulla strada, con un incremento della durata e la diminuzione della manutenzione di quelle nuovo
Tanto che, stimano, le strade realizzate con Gipave potranno essere riciclate al 100%, riducendo così l’estrazione di nuovi materiali e l’impiego di bitume di primo utilizzo, riducendo anche la quantità di materiale da smaltire
La creatrice di questo nuovo materiale è Iterchimica, che si occupa di tecnologie per migliorare le prestazioni dell’asfalto, in collaborazione con Directa Plus, si tratta di un brevetto tutto italiano depositato nel novembre 2017, che fa parte del Progetto Ecopave, un programma di ricerca durato tre anni.
Ad ottobre 2018 da una fase di sperimentazione in laboratorio, si è passati ai test su strada, che sono stati condotti in Italia sull’ Ardeatina romana in cui la sperimentazione ha riguardato il rifacimento dei due strati più superficiali di una sezione lunga un chilometro , il primo chilometro al mondo!
Ad Aprile sono arrivati i risultati del primo test di questa innovativa tecnologia che è stata costantemente monitorata per analizzarne le performance nei precedenti 6 mesi.
i risultati confermano i miglioramenti attesi, sotto tutti i punti di vista, +250% di resistenza a fatica, realmente più resistente alla deformazione a parità di sforzo applicato, il modulo di rigidezza è stato misurato a diverse temperature mostrando un miglioramento del 46% a 40°C, resistenza al passaggio di veicoli del 35% in più e infine.
Federica Giannattasio di Iterchimica commenta i risultati:
“A seguito del successo della prova effettuata, e stiamo valutando di replicare l’esperimento sia in altre zone d’Italia sia all’estero, nello specifico in Regno Unito, Stati Uniti e Oman, I test su strada sono stati fatti proprio per validare gli eccellenti risultati di laboratorio,
almeno +250% di resistenza a fatica, e rappresentano un ulteriore passo verso l’obiettivo che ci siamo posti: strade riciclate e riciclabili al 100%, prodotte a basse temperature, durature, senza buche e rispettose dell’ambiente”