SPECCHIARSI DENTRO AD UNA “NOTTE STELLATA”: QUALI POSSONO ESSERE GLI EFFETTI DELL’ARTE SUI PROFESSIONISTI SANITARI?
Quando guardiamo un quadro, una fotografia, un’immagine, l’osservazione può variare nei livelli di attenzione, durata, e effetto. Possiamo dare uno sguardo distratto, veloce, oppure scegliere accuratamente la posizione da cui osservare, e cercare di cogliere i dettagli. Noi guardiamo l’immagine. A volte l’azione si ferma qui, altre volte succede qualcosa. Può succedere, ad esempio, che uno dei dettagli, o l’immagine nel suo insieme, ci richiami da qualche altra parte, magari rievocando un ricordo, o facendoci immaginare un luogo, una situazione, una storia. Succede che quella immagine inizia a parlarci, ed è un dialogo tutto nostro, intimo, nel quale, alla fine, non si capisce più chi guarda l’altro. Noi guardiamo l’immagine, l’immagine guarda noi. Questo è uno dei principi su cui si fonda l’arteterapia che, come la scrittura, permette un processo di introspezione e ascolto di sé, che può avviare, in persone che vivono percorsi di cura o condizioni di fragilità, un processo di espressione, condivisione, inclusione sociale, riabilitazione, benessere.
Ma quali possono essere gli effetti dell’arte sui professionisti sanitari? Può diventare anche per loro un mezzo di espressione e strumento di benessere?
L’occasione della bella e intensa settimana trascorsa insieme a lui, in visita presso alcune strutture sanitarie italiane e nostro ospite al Master in Medicina Narrativa Applicata, ci ha permesso di condurre insieme un “esperimento”. Abbiamo proposto a diversi gruppi di operatori sanitari, in diversi contesti, di osservare per qualche minuto un’immagine, “La notte stellata” di Van Gogh, e poi di scrivere liberamente tutto ciò che scaturiva da quella osservazione: le impressioni, le emozioni, le riflessioni, i dettagli che colpivano. Come da principio dell’arteterapia – e anche del close reading – il contesto e la storia dell’autore, in questa attività, non dovevano entrare. Non si trattava di riflettere su Van Gogh, cosa aveva voluto esprimere con quel quadro, la sua storia, la sua malattia mentale, ma di astrarre l’immagine da tutto il suo contorno, ed osservarla per quello che era ai propri occhi, in quel momento specifico, focalizzandosi sulla relazione individuale con l’immagine.
Perché “La notte stellata”? Fra le tante possibilità, si è scelta l’immagine di un artista, se non universale, comunque largamente conosciuto, fuori dagli schemi del suo tempo, quindi autore di immagini simbolo dell’apertura alle più svariate chiavi di lettura e possibilità di sguardo. E’ un quadro conosciuto, per questo talvolta dato per scontato, “già visto”.
In tutti i contesti in cui è stata proposta questa esercitazione, c’è stato un primo momento di sorpresa, in qualche caso spiazzamento e perplessità, da parte dei professionisti: “Perché mettersi a guardare un’immagine già vista tante volte?”, “Ma cosa devo scrivere?”, “Dobbiamo consegnarvi il nostro scritto?”. Poi, è arrivato il silenzio. Il silenzio dell’osservazione, del dialogo tutto personale che ciascuno ha avviato con “la propria notte stellata”. E piano piano, gradualmente, sono arrivate anche le parole, che via via fluivano sui fogli. Sono stati momenti molto intensi, quasi magici, in cui il tempo si è fermato, ed è diventato un tempo per se stessi.
Non abbiamo richiesto di consegnarci i propri scritti, quelli resteranno l’espressione di un momento personale e intimo; abbiamo però invitato i partecipanti a raccontare, in maniera volontaria e libera, come fosse stata questa esperienza di osservazione.
Notte stellata arte terapia e professionisti della curaLa grande voglia di condividere è stato un primo segnale che effettivamente qualcosa era capitato in molti di loro. Nella diversità di visioni e gusti personali, le sensazioni arrivate guardando La notte stellata, nel suo insieme, hanno rivelato un forte contrasto di emozioni,Ognuno di questi elementi ha richiamato in certi casi diversità, in altri uniformità di percezioni.