Salute & Benessere
Diabete e alimentazione
Chi soffre di diabete potrebbe avere molti dubbi circa l’alimentazione: non sempre il confine tra gli alimenti “consigliati” e quelli “da evitare” è netto.
Per evitare di alzare i livelli di zucchero nel sangue è fondamentale mettere in pratica una dieta sana ed equilibrata.
Ne parliamo con il dottor Marco Mirani.
Esistono due principali forme di diabete:
- il diabete mellito di tipo 1, che tende generalmente a esordire in età giovanile, è caratterizzato da una totale mancanza di insulina, dovuta alla distruzione delle cellule del pancreas che la producono;
- il diabete mellito di tipo 2, che invece tende a insorgere in età adulta, è dovuto a un’alterazione nel funzionamento dell’insulina ed è spesso associato all’obesità o a uno stile di vita non corretto.
Il paziente affetto da diabete mellito di tipo 1 deve seguire un’alimentazione adeguata, senza subire restrizioni.
Generalmente questi pazienti, non essendo in sovrappeso, non hanno bisogno di una dieta ipocalorica, ma il loro fabbisogno calorico va valutato in base a diversi fattori:
– l’età;
– il sesso;
– l’attività lavorativa;
– l’attività fisica.
La composizione della dieta per il diabetico di tipo 1 (e anche di tipo 2) è sostanzialmente uguale a quella di chi non ne soffre, e cioè deve prevedere 10-15% di proteine, 25-30% di grassi – meglio se di origine vegetale – e 55-60% di carboidrati.
Anche il vino può essere presente nella dieta del diabetico, tenendo però presente che non deve superare il 6% delle calorie totali quotidiane (l’equivalente di un bicchiere di vino). Un ruolo molto importante è svolto dalle fibre vegetali, in particolare quelle idrosolubili, perché riducono i livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue e ritardano lo svuotamento dello stomaco.
Alimentazione per chi ha il diabete mellito di tipo 2La prima terapia per il paziente affetto da diabete mellito di tipo 2 è la modifica dello stile di vita attraverso il controllo dell’alimentazione, la riduzione del peso e l’attività fisica quotidiana.
La dieta deve essere varia, vanno preferiti i cibi non processati e gli alimenti integrali, che saziano in maggiore misura rispetto ai prodotti raffinati. Inoltre rallentano l’assorbimento dei carboidrati tenendo più bassi i valori della glicemia.
Occorre poi fare attenzione ai dolci e ai cibi che contengono zucchero, evitare pasti troppo abbondanti ed eventualmente ricorrere a spuntini durante l’arco della giornata (per esempio a metà mattina e a metà pomeriggio) per evitare di arrivare troppo affamati ai pasti.
L’indice glicemico degli alimentiGli alimenti possono essere classificati in base al loro indice glicemico, cioè l’aumento della glicemia (valore che indica la quantità di glucosio presente nel sangue) provocato dall’assunzione di un particolare cibo, messo a confronto con l’aumento derivante dalla somministrazione di una dose standard di glucosio. Ad esempio, il pane bianco ha un indice glicemico più elevato rispetto a quello integrale. Gli alimenti che hanno indice glicemico più basso sono: lenticchie, fagioli, ceci, latte, mele, arance.
Diabetici: gli zuccheri nella dietaPer chi soffre di diabete – sia di tipo 1 che di tipo 2 – non è indicata una dieta totalmente priva di zuccheri perché ciò favorisce un aumento delle quote lipidiche e proteiche, con conseguenti alterazioni metaboliche che possono avere ripercussioni negative per esempio a livello renale.
Sono soprattutto gli zuccheri complessi, quelli derivati da pane, pasta, riso, legumi, a non dover mancare nell’alimentazione.
Chi soffre di diabete può utilizzare i dolcificanti, ma senza esagerare perché alcuni presentano delle controindicazioni. Per esempio, il fruttosio, lo xilitolo e il sorbitolo sono calorici e, quindi, vanno calcolati nel computo totale delle calorie giornaliere; inoltre, sia lo xilitolo che il sorbitolo ma anche l’aspartame e la stevia possono avere un effetto lassativo se assunti in quantità eccessiva.
fonte humanitasalute
Salute & Benessere
Disturbo da alimentazione incontrollata
Il BED, sigla che indica il Binge-Eating Disorder (in italiano chiamato anche disturbo da alimentazione incontrollata) fa parte di quell’insieme di disfunzioni dell’alimentazione chiamati Disturbi Alimentari Non Altrimenti Specificati.
Di non facile individuazione, anche perché al momento nella comunità scientifica non c’è un completo accordo sulla sua diagnosi, il Binge-Eating Disorder è un disturbo del comportamento alimentare difficile da definire.
Ne parliamo con il dottor Lanfranco Roviglio
Che cos’è il disturbo dell’alimentazione incontrollata
Il Binge-Eating disorder è un disturbo del comportamento alimentare insidioso, che molto spesso si cela dietro a una semplice voglia o consolazione. «È caratterizzato da abbuffate senza comportamenti di compenso», spiega il dottor Roviglio.
Di solito le prime avvisaglie dell’insorgere di questo disturbo si manifestano nell’età della tarda adolescenza, anche se esistono casi più rari in cui i primi episodi bulimici appaiono già dall’infanzia oppure in età adulta.
Capita che questo disturbo insorga senza che il paziente ne sia del tutto consapevole in momenti di particolare stress o in giorni più ardui, si cerca sollievo mangiando biscotti o crackers, oppure si cercano cibi come cioccolato e patatine per concedersi qualcosa di piacevole. Si tratta in realtà di crisi di alimentazione incontrollata, che colpiscono soprattutto nei periodi in cui si è più nervosi o in cui si prova insoddisfazione a livello emotivo o lavorativo.
Il meccanismo di gratificazione cercato tramite l’alimentazione in questo caso, essendo legato alla condizione psicofisica dell’individuo, è del tutto simile a quello cercato per esempio nel fumo, nell’alcol, nel gioco d’azzardo o ancora nello shopping compulsivo.
«La sintomatologia è quotidiana. L’ansia, la depressione, la malinconia, la rabbia e, da un anno e mezzo la pandemia, hanno accentuato il problema. Sappiamo che il cibo svolge il ruolo di antidoto momentaneo alle suddette emozioni e grazie al fatto che gli alimenti molto calorici (dolci o salati) fungono egregiamente da “farmaco”. Il soggetto si crea dei rituali che si presentano con regolarità impressionante: alcuni solo il pomeriggio (al rientro a casa), altri anche la sera tardi, davanti al televisore e, spesso, in numerosi, anche a metà mattina come piccolo e “innocente” break.
È difficile far confessare alle persone il loro comportamento e solo una pratica trentennale con l’utilizzo di una personale raccolta anamnestica (con particolare attenzione alle emozioni) permette di inserire il dito nella piaga», prosegue il dottor Roviglio.
L’influenza del cibo sul funzionamento del cervello
Gli alimenti particolarmente dolci o salati, poiché molto saporiti, quando vengono ingeriti provocano la produzione di dopamina. Questa conduce a un senso di appagamento che crea un rinforzo positivo dell’abitudine di rivolgersi a questi cibi.
Lo specialista riconosce il disturbo da alimentazione incontrollata quando il paziente è stato soggetto a episodi che l’hanno portato a provare la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare. Altre caratteristiche che aiutano a definire la problematicità di questi episodi sono per esempio l’aumento di velocità nell’ingestione del cibo in mancanza della sensazione di fame, e il consumo del pasto di nascosto e in solitudine. Di solito inoltre questi episodi sono accompagnati dal senso di colpa.
Capita però di fare delle eccezioni nella propria alimentazione ed esagerare un po’; come distinguere questa casistica dal disturbo alimentare in questione? Un elemento valutato dallo specialista è la frequenza di questi episodi, che devono destare preoccupazione nel caso in cui si verifichino due volte a settimana per un periodo di almeno sei mesi.
Il consiglio dei dietologi è quindi quello di mantenere un diario alimentare che consenta allo stesso specialista di capire lo sviluppo di questi episodi.
Come affrontare questo disturbo alimentare con l’aiuto dello specialista
Non è semplice accettare diagnosi come quella del sovrappeso o quella di un disturbo come questo.
«Le pazienti, di fronte a un professionista sconosciuto, tendono a mascherare i propri comportamenti alimentari disturbati (di cui talvolta hanno consapevolezza) perché se ne vergognano e bisogna essere molto abili a trovare una breccia nella difesa, così da poter aiutare davvero il paziente con un percorso adeguato e personalizzato. La terapia non può essere l’utilizzo della sola dieta. Il quadro è molto più complesso
e proprio per questa ragione è fondamentale che si instauri un rapporto corretto tra il medico e il paziente.
fonte humanitasalute
Salute & Benessere
Dieta dei 15 giorni
Si sente spesso parlare di dieta dei 15 giorni, riferendosi a diete lampo che promettono una rapida perdita di peso.
La prima cosa da precisare è che prima di seguirne una è sempre bene consultare il proprio nutrizionista. Infatti una dieta corretta deve tenere in considerazione il peso di partenza, l’attività fisica svolta di consueto ed eventuali patologie. Solo sulla base di queste informazioni, poi, si può svilupparne su misura, anche consultando un nutrizionista o il proprio medico di fiducia.
Come dimagrire in 15 giorni: le diete
La maggior parte delle diete pensate per perdere peso in breve tempo si basano su una redistribuzione dei nutrienti. In particolare, infatti, molte di queste puntano sull’aumento dell’apporto di proteine e la riduzione di carboidrati e grassi. Troviamo degli esempi nella dieta detox in 15 giorni e nella dieta Scarsdale, che permette una diminuzione di peso fino a 500 grammi al giorno.
Naturalmente una dieta di questo tipo non può essere seguita per periodi prolungati. Inoltre, nel caso di diete rapide bisogna sempre ricordarsi che dopo la perdita di peso è necessario continuare a regolare la propria alimentazione. In questo modo si potrà mantenere il peso raggiunto e non rischiare di ritornare alla situazione di partenza.
Tornando alla dieta Scarsdale la rapida perdita di peso in essa si basa sull’apporto delle calorie, che viene notevolmente ridotto. Ad un adulto sono necessarie una media di 2000 kcal giornaliere per gli uomini, e all’incirca 1800 per le donne. Queste kcal, che rappresentano il fabbisogno energetico medio, variano anche in funzione del peso e dell’attività svolta.
Le diete rapide, come una dieta detox si basano sulla riduzione dell’apporto calorico che scende a circa 900-1000 kcal al giorno. Ciò significa che siamo ben al di sotto dell’energia richiesta in media dal nostro corpo. È per questo che queste diete ipocaloriche ci permettono di dimagrire rapidamente ed anche per questo è importante non seguire queste diete oltre le due settimane.
fonte notiziebenessere