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La sensazione di felicità che pensiamo di poter provare soddisfacendo un desiderio è in realtà un'illusione: spesso, le persone che hanno iniziato a lavorare senza essere andate all'università elaborano nella propria testa una storia secondo cui, se avessero potuto studiare, sarebbero state senza dubbio più felici.
E cosi coinvolgono i propri figli in questa illusione e, costi quel che costi, fanno di tutto affinché questi frequentino un ateneo prestigioso.
Tuttavia, se loro stessi frequentassero l'università, riuscirebbero a capire che andarci non li renderebbe più felici, e cosi" la loro delusione diminuirebbe.
Il funzionamento del nostro cervello in questi momenti è il seguente:
finché il desiderio non viene soddisfatto la mente si illude che quella sensazione sgradevole di mancata realizzazione sia eccitante e ci faccia stare bene.
Inoltre, appagando il desiderio, la percezione di malessere si annulla; ma, nonostante il piacere momentaneo, la mancanza di stimoli successivi ci farà cadere nella noia.
È questa la vera natura della delusione.
Se non soddisfiamo un desiderio, diventiamo ossessionati dal pensiero che appagarlo ci garantirebbe la felicità.
Entriamo in un circolo vizioso nel quale non possiamo essere felici perché non siamo in possesso della «pietra magica».
Se solo l'avessimo avuta, infatti, lo saremmo stati.
Dai desideri che si riescono ad appagare con facilità non sorgono che stimoli deboli, perciò la gente ambisce a stimoli più forti e si mette alla ricerca di «pietre magiche» che siano via via più difficili da ottenere.
Nella malaugurata ipotesi in cui la «pietra magica» sia troppo per il proprio livello e le proprie capacità, sarà impossibile ottenerla e ciò ci terrà sotto scacco per tutta la vita. «Quella cosa non è ancora mia. Com'è eccitante.»
E nell'assaporare il piacere dell'illusione continueremo a danneggiare corpo e spirito.
Tuttavia, ottenendo la «pietra magica», riusciremmo a capire che averla fra le mani non ci rende felici come avevamo immaginato.
Ciò che accresceva il suo splendore era semplicemente l'eccitazione del non riuscire ad averla.
(da "Manuale di un Monaco Buddhista per Abbandonare la Rabbia")
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La sofferenza non è il vero problema;
il vero problema è il nostro pensare alla
sofferenza, o la resistenza al disagio, i
nostri tentativi di fuggire da tutto
questo e raggiungere un futuro immaginato.
Il vero problema comincia
quando cominciamo a rimuginare sui
nostri dolori, sulla nostra tristezza, la
nostra paura, la rabbia; meditare sul
nostro disagio, mandare continuamente
avanti o indietro il film della nostra vita!
Mastichiamo dolori di ieri e di oggi
invece di esplorare direttamente e
vivere le esperienze
oggi così come sono arrivate.
Aggiungiamo un inutile strato di
rimuginare e resistere alla vita ed è
questo che crea sofferenza.
L'invito?
Esci dal passato e dal futuro, cerca e
aspira, incontra la vita per come è, ora,
senza giudizio e senza l'aspettativa che
la “pace” e il “rilassamento”
l'illuminazione o qualunque altro tipo di cambiamento dia un risultato.
Incontra
il momento nel suo stesso terreno.
Guarda a tutto questo come ad un regalo. Mostrati, sia al gradevole che
allo sgradevole, al piacevole e al
doloroso, senza un'agenda prefissata.
🌺
Thinking and resisting creates suffering
by Jeff Foster
(us spiritual guide)
Suffering is not the real problem;
the real problem is our thinking about
suffering, or resistance to discomfort, i
our attempts to escape from it all
this and achieving an imagined future.
The real problem begins
when we begin to mull over
our pains, on our sadness, the
our fear, anger; meditate on
our discomfort, send continuously
forward or backward the movie of our life!
We chew the pains of yesterday and today
instead of exploring directly e
live the experiences
today as they arrived.
Let's add an unnecessary layer of
brood and resist life and it is
this which creates suffering.
The invitation?
Get out of the past and the future, look for and
aspire, meet life as it is now,
without judgment and without the expectation that
“peace" and "relaxation"
lighting or any other type of change gives a result.
Meet
the moment on its own ground.
Look at all of this as a gift. Show yourself, both pleasant and
to the unpleasant, to the pleasant and to the
painful, without a fixed agenda.