Gattina Ottanta

Lei è Francesca. Vive in Lombardia. È sposata e ha un figlio. È il settembre del 2018. È di nuovo incinta. Non era programmato. I soldi in casa non sono molti, ma dove si mangia in tre, si mangia anche in quattro. Francesca è convinta che sarà femmina. Sceglie un nome, Beatrice. È il 20 novembre. È dalla ginecologa. Le dicono che è un maschio, e sta bene. Passa un mese. Francesca va in ospedale per la morfologica. Si sdraia sul lettino. Aveva ragione lei, è una bambina. Tutti gli organi sono a posto. Il cuore. La dottoressa la fa girare. Il cuoricino della bimba non funziona bene. A Francesca manca l’aria. Cosa vuol dire. Sua figlia ha una cardiopatia congenita complessa. Potrebbe morire da un momento all’altro. Se nascerà, dovrà sottoporsi a continui interventi. Francesca piange. Non può condannare la figlia a questa esistenza. Pensa al suo bambino di 2 anni, anche lui ne risentirebbe. Parla con il marito. Scelgono di interrompere la gravidanza. È il 21 dicembre del 2018. Le inducono il parto. Il travaglio dura 13 ore. È pronta. La lasciano in attesa. Passa qualche minuto. Deve fare la pipì, non resiste. Non arriva nessuno. Il marito la porta in bagno e corre a chiamare aiuto. In una frazione di secondo tutto è compiuto. Francesca ce l'ha tra le mani. È avvolta nel sacco. È piccolissima. La guarda. La accarezza. Arrivano le infermiere. Francesca adagia il corpicino sul ripiano del water. Si sente come se avesse partorito tutto il dolore fisico e mentale che ha covato dentro. Guarda il marito, gli sorride. La fanno sedere sulla poltrona. Sente il rumore dello sciacquone. Urla. Un’infermiera, per sbaglio, ha tirato lo scarico. La sua piccola è scivolata giù. Francesca a il marito tornano a casa la vigilia di Natale con un vuoto nel cuore. Lui non ne parla, lei la racconta come se non fosse successo a loro. Francesca ha identificato la sua bambina in una farfalla, e se l’è tatuata su un piede perché cammini con lei per la vita. L’estate scorsa, al mare, una farfalla si è posata sulla barba del marito, e c’è rimasta per un’ora. Era bellissima, e loro sanno che era lei.

Gattina Ottanta

Mi dichiaro colpevole di sognare a voce alta di fidarmi dell’altro di cercare la poesia. Mi dichiaro colpevole di dire quello che sento di scommettere sul sentire di credere nel detto. Mi dichiaro colpevole di sentire che è possibile piangere un’assenza lottare un incontro. Mi dichiaro colpevole di vivere un altro tempo di fidarmi di un gesto di insistere per la verità. Mi dichiaro colpevole Si. Mi dichiaro colpevole.

Gattina Ottanta

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