Lei è Ramona. Nasce a L’Aquila nel 1985. Ha 7 anni. La mamma è in macchina. Ha un malore, perde i sensi, sbanda. Finisce contro un tir. Polizia e soccorsi bloccano il traffico. Il papà di Ramona è lì per caso. Vede l’ambulanza. Scende. Riconosce l’auto. C’è sangue. Anna! Crolla a terra. Sua moglie è morta. A casa restano in tre. Dormono tutti insieme sul lettone. Prima di dormire, recitano una preghiera per la mamma. Il papà lavora tanto. Ramona e la sorella sono spesso da sole. I nonni materni corrono in soccorso. Nonno Alvaro si rimbocca le maniche. Fuori, dobbiamo uscire anche se fa freddo. Le porta a caccia di funghi. In giardino manca un’altalena. Gliela costruisce. Bambine, dovete essere forti, non è tutto finito. Ramona non può fare a meno del nonno. Lui le insegna a cucinare. Le parla di tutto. Matematica, politica, geografia. Anche oggi vai a letto avendo imparato qualcosa di nuovo. Le regala una cassetta degli attrezzi. Perché l’indipendenza nelle piccole cose è fondamentale. La appoggia quando decide di lasciare gli studi e iniziare a lavorare. La aiuta a comprare la prima casa. La incoraggia ad avere sempre dei progetti e a metterli in discussione. È il primo a piangere quando Ramona gli dice di essere incinta. È il 2017. Nasce Anna. Il nonno la prende in braccio. Ha il Parkinson, trema, ma non la molla. È il settembre del 2019. La sua malattia si è aggravata. È in ospedale. Chiama Ramona. Ha poco fiato. È stanco. Vorrebbe andare, ma non si fida a lasciar sole le sue donne. Ramona lo stringe forte. Nonno, mandami un messaggio quando arriverai lassù. Così saprò che stai bene. Il nonno combatte come un leone. Ramona va a trovarlo ogni giorno. Stringe quelle mani grandi e un po’ tremanti. Nonno sono qui. Lui sorride, non parla. Gli scende una lacrima. Ramona sprofonda. Non può perderlo, non è pronta. Nonno Alvaro chiude gli occhi. Addio nonno, addio padre mio, mio maestro, mia guida. Ramona Memmi sta ancora aspettando che lui le invii il messaggio per dirle che è arrivato e che sta bene.
Lei è Vanessa. Nasce a Melfi nel 1992. Ha 7 mesi. La nonna la chiama. Vanessa non si gira. Prova a battere le mani, niente. Fanno dei controlli. È sordomuta. Le mettono degli apparecchi alla orecchie. Vanessa è stranita. Si spaventa. Rumori, suoni che non conosce. Ha paura, ma pian piano si abitua. Il suono del mare. Mamma e papà che ridono. Il suono del suo nome. Ha 2 anni. I genitori la portano dal logopedista. Vanessa prova a dire qualche parola. Ci vuole tempo ma ci riesce. I genitori cercano di farle vivere più esperienze possibili, non deve mancarle nulla. La portano a scuola di ballo, la iscrivono a un corso di pianoforte. Quando è a casa, Vanessa quasi non si accorge del suo problema. Ma a scuola è diverso. Nessun compagno la accetta. Ma come parli. Ma ti senti? Ridono. Ha 11 anni. Vuole iscriversi a nuoto. La scoraggiano in tutti i modi. Ma come fai ad andare in piscina, senza protesi non senti niente, e se vai a sbattere? Vanessa prende il suo costume, si fa accompagnare dalla mamma. Si iscrive a un corso di nuoto. Si diverte, non smette. Quando un ragazzo le piace, le compagne si affrettano a fargli sapere come è conciata. Vanessa è sorda, non parla, balbetta. È ridicola. Vanessa incassa, non risponde. Va avanti. I compagni non si fanno scrupoli a prenderla in giro. Tanto tu non senti. Ogni giorno le mettono di fronte un nuovo ostacolo. Vanessa non prenderai mai la patente, scordati di poter guidare. Vanessa si iscrive a scuola guida. Supera gli esami. Va in macchina senza problemi. Non troverai mai un ragazzo che ti accetti. Scordati di avere una famiglia. Vanessa ha 25 anni. Trova l’amore. Si sposa. Resta incinta. Pensa se piange e non lo senti. Vanessa non si toglie gli apparecchi alle orecchie neanche per dormire. Non ha mai smesso nuoto, in piscina la chiamano la grande nuotatrice. Vanessa Russo ha 27 anni. Ha raggiunto tutti i suoi obbiettivi. Non si è mai arresa. Non c’è niente che non può fare.