Gattina Ottanta

"Si sono schierati tutti con gli stupratori. Con il risultato che loro se ne vanno in giro liberamente per le strade della Calabria, mentre noi ce ne siamo dovuti andare lontano". Lo ha raccontato a La Stampa il papà della bambina violentata per due anni da sette persone a Melito Porto Salvo, in Calabria: "Confidavo in un minimo di neutralità da parte dei nostri concittadini, perché io sono stato molto attento a non accusare nessuno fino alla sentenza di primo grado. Dopo le condanne, speravo di ricevere un po’ di solidarietà. Ma la solidarietà non è arrivata" ha raccontato l'uomo che vive con la figlia in una località segreta a 700 chilometri di distanza dal paese. Sono da ricordarsi tutti. I nomi e le facce. Giovanni Iamonte (30 anni), Daniele Benedetto (21), Pasquale Principato (22), Michele Nucera (22), Davide Schimizzi (22), Lorenzo Tripodi (21), Antonio Verduci (22). Il branco di stupratori di gruppo. E le loro facce: Hanno cominciato a violentarla che aveva tredici anni e oggi ne ha sedici. L’hanno resa il loro passatempo andando a prendere a scuola per portarla dove gli veniva più comodo abusare di lei. Loro, il branco di vigliacchi schiavi di un cervello a forma di glande, sono “gente bene” di Melito Porto Salvo, il paese che ora si offende e, come spesso succede, cerca di difendersi attaccando la stampa senza capire che quello che è successo è una vergogna senza pari. E poi c’è il paese di Melito. Diecimila anime che non riescono a mettere insieme uno sputo di fiaccolata decente. Gente che non parla, che bisbiglia sottovoce che “quella se l’è andata a cercare” e preti che minimizzano. È una colata di vomito. Tutto uno scrivere e domandare di lei, la ragazzina, che forse meriterebbe silenzio e protezione. Mentre sono queste facce da appiccicare su tutti muri. E costringere i compaesani a guardarli negli occhi piuttosto che limitarsi ad amorevoli discorsi tra compagni di taverna. Una comunità deve fare i conti con se stessa. Che sia paese, regione e nazione.

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La leggenda del filo rosso La storia del filo rosso è carica di emozioni. Un uomo chiamato Wei, orfano dall’infanzia, desiderava sposarsi ma non riusciva a trovare la donna che lo avrebbe accompagnato per sempre.Un giorno si trovava nella città di Song e qui conobbe un uomo che gli presentò la figlia del governatore. L’uomo promise che ne avrebbe parlato con il padre di lei; gli avrebbe fatto sapere il responso il giorno successivo. Wei non chiuse occhio tutta la notte; all’alba si recò al luogo dell’appuntamentoe qui incontrò un vecchio che leggeva un libro incomprensibile. Alla domanda di Wei sulla lingua in cui fosse scritto, il vecchio affermò: “Proviende dall’Aldilà”. Spiegò inoltre che solo quelli come lui che vengono dall’altro mondo stanno in giro all’alba, per occuparsi degli uomini. “Di cosa ti occupi?” chiese Wei, e il vecchio: “di matrimoni”. A quella rivelazione il giovane non poté fare a meno di rivelare che lui stesso cercava moglie da tanto tempo, per il forte desiderio di avere una famiglia. Potrebbe essere la figlia del governatore, è lei?” Chiese speranzoso. “No, non è lei”, rispose il vecchio. “Tua moglie ha solo tre anni, la sposerai quando ne avrà 17”. Il filo che unisce le anime A quel punto il vecchio rivelò il contenuto del sacco che portava con sé. “Il filo rosso del destino che lega mariti e mogli, permette a due persone di rimanere uniti per sempre. Tagliarlo non è possibile”. A quel punto, tempestato di domande, il vecchio rivelò i particolari all’uomo. “Tua moglie è la figlia della vecchia Chen, che ha un banco al mercato. Porterà onori e ricchezza alla tua famiglia”. Dette queste parole, il vecchio sparì lasciando nello sgomento il povero Wei. Il giovane in effetti aveva notato una bambina attaccata al collo della vecchia Chen al mercato. Non riusciva a sostenere l’idea che quella bimba, così povera, sporca e malridotta, potesse essere la moglie che cercava da sempre. Pagò il suo servo per uccidere la piccolina, ma questi non riuscì a colpirla al cuore perché lei si girò di colpo. La piccola rimase ferita tra gli occhi, ma il servo pensò di essere riuscito nel compito affidatogli.Passarono gli anni e Wei continuò a cercare la sua anima gemella. Dimenticò l’incontro con il vecchio, finché non strinse rapporti con il governatore di Shiangzhou che gli offrì in moglie la figlia. Aveva 17 anni ed era bellissima. La ragazza portava sulla fronte un pezzo di stoffa da cui non si separava mai. Un giorno Wein le chiese il perché, e lei rivelò di non essere la figlia del governatore, ma la nipote. Raccontò in lacrime che il padre era governatore a Song e morì insieme alla madre e il fratello quando lei aveva ancora 3 anni. “Fui cresciuta dalla mia governante, si chiamava Chen e un giorno tentò di uccidermi al mercato, provocandomi questa cicatrice”. Dopo qualche anno fu lo zio che la prese con sé. A quelle parole Wein capì immediatamente che il vecchio aveva ragione e che la leggenda del filo rosso era vera. Pentito e commosso, rivelò alla moglie che era stato lui ad ordinarne l’uccisione. Le raccontò tutta la storia in lacrime. I due da quel momento compresero che nessuno poteva spezzare quel legame iniziato da sempre. Si amarono e diedero al mondo un figlio che riempì la loro vita di gioia e soddisfazioni.Così, il filo invisibile che lega le anime gemelle viene tradizionalmente rappresentato come un filo rosso al polso o al mignolo della mano sinistra o, secondo alcune versioni, alla caviglia. La leggenda del filo rosso non è solo una storia come tante. Se siamo uniti ad una persona, questa può essere dall’altra parte del mondo ma resterà sempre dentro noi. Questo tipo di legame non ha niente a che vedere con la quotidianità. Ci si può perdere e rincontrare tante volte, ma è inutile opporsi a questo tipo di affinità. Il filo

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