Lui è Saverio. Vive a Cutro, in provincia di Crotone. È il 19 dicembre del 2019. Ha 40 anni. Sta lavorando. Un dolore improvviso, forte, alla spalla sinistra e al petto. Saverio si sente stanco, spossato. Corre in ospedale. La dottoressa lo tranquillizza. Tutto a posto, sarà lo stress, si goda le feste. Passano due giorni. Saverio festeggia l’anniversario di matrimonio. Sta cenando. Il dolore al petto. Ancora. Stavolta è più forte. Saverio si accascia. Aiuto. Non respira. La moglie chiama i soccorsi. Arriva un medico. Saverio ha un infarto in corso. Lo caricano sull’ambulanza. Corrono verso l’ospedale di Crotone. Saverio sviene, riprende conoscenza. Gli manca l’aria. Alza le braccia, le abbassa di colpo. Il cuore. Defibrillatore. Scarica. Ancora. C’è battito. È vivo. Saverio apre gli occhi. È in ospedale. Bisogna fare subito una coronarografia, e inserire uno stent. Non si può. In ospedale non hanno le attrezzature necessarie. Deve essere trasferito a Catanzaro. Gli danno della morfina e lo caricano in ambulanza. Saverio boccheggia. Il dolore è fortissimo. Si sente soffocare. Non regge. Si strappa la mascherina dell’ossigeno. La dottoressa gliela rimette e la tiene premuta con le mani. Resisti. Saverio chiede quanto manca. Non ce la fa più. Sussulta. Ha un secondo arresto cardiaco. Chiude gli occhi. Buio. Il suo cuore si ferma per 20 secondi. Scarica. Si sveglia. La dottoressa è sopra di lui. Sorride. È vivo. L’hanno preso per i capelli. Passano 50 minuti. L’ambulanza arriva a Catanzaro. Saverio è allo stremo. Il suo cuore si è già fermato due volte. Lo portano in sala operatoria. Gli inseriscono due stent. L’infarto è ancora in corso. I medici scuotono la testa. Il cuore è pieno di sangue, è passato troppo tempo, ha poche speranze. Saverio vede, capisce che sta per morire. Pensa ai figli. Non li rivedrà più. Buio. Silenzio. Pace. È notte. Saverio apre gli occhi. I dottori sono increduli. Il suo cuore è stato più forte di tutto e di tutti, pure di un ospedale di carta.