Helverie doresse Yamou
Un sorriso al giorno... leva il medico di torno!
Helverie doresse Yamou
Un mio caro amico mi ha mandato questa mail. Desidero condividerla con voi: Ho 50 anni. Oggi ho chiamato Enzo, il mio amico infermiere, che ormai da marzo non vedo perché lui è, come odio questa espressione che riporta alla guerra, "in prima linea" contro la covid-19. Era in lacrime. Stamattina ha dovuto intubare un nostro coetaneo. Appena entrato, 4 giorni fa, avevano scambiato due parole, gli aveva raccontato di avere 51 anni, sposato e padre di due ragazzi adolescenti, nessuna malattia ereditaria, nessuna patologia pregressa, in forma perfetta. La settimana prima uno dei suoi figli era risultato positivo e probabilmente lo aveva preso da lui. Da ieri aveva il casco per la ventilazione assistita e con quello la comunicazione era più difficile fino a stamattina quando glielo hanno tolto. "Enzo, che succede, me lo cambiate?" "No, la saturazione continua a scendere bisogna intubarti. Vuoi chiamare a casa? " "Si grazie, puoi restare qui vicino che se hanno bisogno di spiegazioni mi aiuti?" Segue la telefonata a casa con la moglie e i figli, in cui con serenità gli spiegava che stava, bene e che era però necessario essere intubato per evitare danni peggiori, di stare tranquilli che tanto c'era Enzo che lo teneva d'occhio e che Enzo avrebbe richiamato non appena intubato per dire che tutto era a posto. "Ok Enzo, sono pronto, facciamo quello che c'è da fare, mi fido di voi come di me stesso. Ti prego appena intubato richiama mia moglie e dille che è andato tutto bene, questo è il PIN del mio telefono. Me lo puoi spegnere tu dopo?" E il mio amico (ovviamente non da solo) inizia la procedura che da marzo ripetono troppo spesso. Ossigeno e anestesia ("scusami, ti dobbiamo addormentare", "ok Enzo, ci si rivede dopo" accennando un sorriso, "Sarò qui, tranquillo") e poi intubazione. Chiama la moglie come da accordi; lei piange ; "Signora è andato tutto bene, suo marito è giovane e forte, non le nascondo il rischio ma sia noi che lui stiamo facendo del nostro meglio" ; Enzo ha pensato "a fatica ma sempre del nostro meglio" ma non lo ha detto, in questi giorni, dopo che a luglio la "vittoria" pareva a portata di mano nonostante loro fossero comunque con i loro malati, è un po' sfiduciato, stanno arrivando troppe persone e lui inizia a essere stanco. A questo punto della telefonata con me, Enzo si ferma un attimo e poi: "Ecco quando gli spegni il telefono è l'atto più duro. Dopo ci sono solo i bip dei monitor e mani sicure che agiscono . Noi operatori tra di noi non parliamo più. Noi dobbiamo solo agire al meglio. Non abbiamo più nulla da dirci. Poi arriva il prossimo paziente a cui pensare che non respira e dobbiamo agire, veloci, anche per lui." [Claudio Puoti]
Helverie doresse Yamou