Helverie doresse Yamou

Buonanotte

Helverie doresse Yamou

NESSUNO NASCE RAZZISTA Gainesville, Georgia, 1992. Il Klan, in pieno declino, organizza una manifestazione pubblica che si rivela un totale fallimento. Sessanta incappucciati superati in grande slancio da manifestanti antirazzisti e forze di polizia. Todd Robertson, fotografo di un quotidiano locale, invece di seguire il raduno si concentra su una madre e i suoi due bambini vestiti da klansman. Ad un certo punto uno di loro, si avvicina ad Allen Campbell, poliziotto nero, e poggia la sua piccola mano sullo scudo antisommossa dell'agente. Quando la madre si accorge di quello che sta succedendo piomba sul bambino e lo allontana dal poliziotto. Robertson però aveva già scattato la fotografia che sarebbe diventata un simbolo del movimento contro la discriminazione con il titolo "nessuno nasce razzista". Una limpida dimostrazione, affermerà poi il fotografo che il razzismo è qualcosa di appreso, un processo indotto. Anni più tardi Campbell, ormai in pensione (nel frattempo aveva lasciato la polizia), dirà: "Mi sono accorto del bambino quando ho sentito qualcosa toccare lo scudo. Aveva visto la sua immagine riflessa nello scudo antisommossa e ne stava disegnando il contorno. Era ignaro di quello che stava avvenendo intorno a lui. Né Josh (il bambino) né io abbiamo scelto di essere quel giorno in quella piazza. Io sono stato mandato dallo Stato, lui ci è stato portato dai suoi genitori." Nessuno nasce razzista.

Helverie doresse Yamou

NELLA DISTRUZIONE E NELLA FAME DEL SECONDO DOPOGUERRA, I TRENI DELLA FELICITA' PORTARONO I BAMBINI DEL CENTRO-SUD IN LIGURIA, EMILIA E TOSCANA DOVE VENNE DATO LORO CIBO, OSPITALITA' E SPERANZA "Ma chill è latte!" "Cchi va dicenn... è zucchero!" Quei bambini napoletani non credevano ai loro occhi. Sarà stata forse la stanchezza, dato che erano da quasi due giorni in treno. Ma tutto quel bianco, loro non lo avevano mai visto. Avevano visto la guerra, in compenso: i più piccoli ci erano nati, durante la Seconda Guerra Mondiale, ed avevano vissuto gran parte della loro breve esistenza sotto le bombe. Di certo, però, non avevano mai visto la neve. Era il 1946 e quel treno stava attraversando l'appennino tosco-emiliano verso le città emiliane che avevano deciso di partecipare a un'iniziativa che divenne nota come "I treni della felicità". Il meridione, infatti, che versava già in condizioni economiche peggiori rispetto all'Italia settentrionale, era stato colpito pesantemente dalla guerra e ne soffrì le conseguenze economiche più a lungo del nord, nonostante i combattimenti nelle regioni settentrionali fossero terminati solo alla fine dell'aprile 1945. Le prime vittime, come in tutti i conflitti, furono i bambini. A Napoli, ma in generale in tutto il Sud ed anche nell'Agro pontino e a Roma, i bambini erano malnutriti, malati e senza scuole dove andare a studiare. Allora alle donne dell'UDI (Unione delle Donne Italiane) ebbero un'idea tanto semplice quanto intelligente: inviare i bambini delle famiglie più disagiate del sud presso le famiglie del nord dove potessero avere un pasto caldo, vestiti nuovi ed un'istruzione per un periodo di tempo prestabilito. Ma anche l'occasione per distrarsi dalle distruzioni della guerra, sempre presenti nonostante fosse terminata da mesi. L'iniziativa, tuttavia, venne in un primo momento osteggiata. L'UDI si appoggiò infatti alle strutture del PCI per trovare le famiglie ospitanti e si sparse persino la voce che i bambini sarebbero stati inviati in Russia. Quando però arrivarono le prime lettere dei primi 1200 bambini partiti nel gennaio del 1946, la valutazione cambiò radicalmente: da quel momento fino al 1952 saranno 70 000 i bambini che saliranno a bordo dei treni della felicità. A salire a bordo dei treni non vi furono solo bimbi vittime delle conseguenze belliche, ma anche i bambini rimasti soli in seguito agli arresti che seguirono le rivolte contadine, come nel caso di San Severo. Spesso gli arresti coinvolgevano interi nuclei familiari, con moglie e marito arrestati ed i figli lasciati soli, da qui l'esigenza di includerli in questo progetto. La storia dei treni della felicità è un piccolo faro nell'oscurità del secondo dopoguerra, quella di un paese distrutto da 5 anni di guerra e 20 anni di fascismo, quella dei bambini nati e cresciuti circondati da morte e violenza e che trovarono un sorriso - ed un pasto caldo - sulle rotaie dirette verso nord. Cannibali e Re Cronache Ribelli

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