A tutti quelli che la Storia va “contestualizzata” e non “giudicata”.
Il problema non è solo il giovane fascista e colonialista di 27 anni che, con “ardimento patriottico”, partecipava gioiosamente alla brutale aggressione di un popolo che in Etiopia ha provocato 50.000 morti, comprando per 500 lire come propria schiava sessuale una bambina di 12 anni.
Il problema vero è il 90enne ormai famoso e attempato che, nel 2000, scriveva compiaciuto di quella bambina come di “un animaletto docile” di cui poter disporre a suo piacimento come fosse di sua proprietà, in una spregevole mescolanza di sessismo, razzismo e suprematismo bianco.
No, lasciate pure la statua lì dov’è, perché, quando cominci a buttare giù i simboli, sai dove cominci e non sai come andrà a finire.
Ma, ogni volta che passate lì davanti, in quei giardini pubblici a lui intitolati, ricordatevi sempre che sulla macchina su cui sta scrivendo, assieme alle pagine superbe e a un pezzo di Storia d’Italia e d’Europa, c’è anche il tanfo nauseabondo di tutti i crimini e la volgarità e le ferite aperte e il sangue degli ultimi e le colpe impunite e il patriarcato tossico e violentissimo di cui il potere maschile si è macchiato nel secolo scorso (e continua a macchiarsi oggi). Di cui, piaccia o meno, Indro Montanelli è stato un simbolo e verso cui non ha mai mostrato una sola traccia di imbarazzo o pentimento.
Le statue servono anche a questo.
Non solo a celebrare.
Ma anche a non dimenticare mai.
Lorenzo Tosa