IL MOMENTO DELLA POESIA
Io, come te,
amo l’amore, la vita, il dolce incanto
delle cose, il paesaggio
celeste dei giorni di gennaio.
Anche il mio sangue freme
e rido attraverso occhi
che hanno conosciuto il germinare delle lacrime.
Credo che il mondo è bello,
che la poesia è come il pane, di tutti.
E che le mie vene non finiscono in me
ma nel sangue unanime
di coloro che lottano per la vita,
l’amore,
le cose,
il paesaggio e il pane,
la poesia di tutti.
Roque Dalton
I NAZISTI VOLEVANO CHE ANDASSE A MORIRE DOCILE E ARRENDEVOLE, MA LEI SPARÃ’ E UCCISE LE SS NELLA RAMPA DELLE CAMERE A GAS.
LA STORIA DI FRANCESKA MANN, LA BALLERINA POLACCA CHE DIEDE IL VIA ALLA RIVOLTA DELLE DONNE AD AUSCHWITZ.
Questa storia comincia su una rampa. Una di quelle rampe che ad Auschwitz portavano gli internati verso le camere a gas. Sarebbe una storia come tante, solo una storia orribile di terrore e di morte, se la protagonista di questa vicenda, con un gesto di ribellione straordinario, non avesse scelto di smettere di recitare il copione che qualcuno aveva già scritto per lei.
Franceska è una ragazza giovanissima, capelli mori, sorriso splendente, fisico atletico. Ha poco più di vent’anni quando diventa una delle ballerine di danza classica più importanti della Polonia. Probabilmente avrebbe calcato i palcoscenici dei teatri più belli d’Europa, mostrando a tutti le sue leggiadre esibizioni, se non fosse cominciata la Seconda guerra mondiale. Franceska, che sulle scene tutti chiamano Lola, Lola Horovitz, è ebrea, e quando il suo Paese viene occupato perde tutti gli ingaggi che aveva. Finisce come tanti nel ghetto di Varsavia dove si esibisce per sopravvivere. Racimola qualche soldo e prova a comprare un lasciapassare che dovrebbe servire a lasciare la Polonia. Con altre seicento persone si nasconde nel famigerato Hotel Polska, stipati lì dall’organizzazione che dovrebbe aiutarli ad espatriare e che invece li rivende alla Gestapo. Lola, come tutti, viene costretta a salire su un treno. Gli dicono che è per portarli in salvo, invece il convoglio finisce prima a Bergen Belsen e poi ad Auschwitz.
I nazisti dicono alle donne che si tratta solo di una tappa, un campo di transito. Addirittura millantano che alcune di loro saranno liberate. Per questo motivo devono lavarsi e cambiare i vestiti. E così si spogliano e si incamminano verso le docce. È in quel momento, quando transita sulla rampa, che Franceska capisce tutto. E decide di reagire. Vicino a lei c’è il sergente delle SS Josef Schillinger, il responsabile della camera a gas del blocco 1: con un gesto rapido e deciso Lola agguanta la pistola che il soldato ha nella fondina e gli spara due colpi all’addome. Poi si volta ed esplode altri colpi in direzione del caporale Emerich, ferendolo gravemente. La scintilla della ribellione divampa. Altre donne sulla rampa attaccano le guardie con coraggio e forza inaudita. Per pochi minuti prendono possesso della rampa, ma siamo ad Auschwitz e così numerose SS accorrono armate di bombe a mano e mitra e iniziano a fare fuoco. Le ammazzano tutte, compresa Franceska.
È il 23 ottobre 1943.
Franceska aveva scelto come morire. Non da comparsa nell’orribile storia che i nazisti avevano scelto per lei, ma da protagonista di quel palcoscenico sul quale tante volte era salita da ballerina.