Per poter davvero tenere le redini nel rapporto con l’animale, il bambino dovrà imparare a controllare ed esprimere le proprie emozioni e ad avere più fiducia in se.
Bambini e cavalli: alleniamoci alle grandi responsabilità Un ulteriore vantaggio, è l’effetto di responsabilizzazione dei piccoli cavallerizzi verso il proprio cavallo.
Avere accanto un animale, significa infatti prima di tutto occuparsi di lui ed accudirlo, dargli da mangiare e da bere, fare attenzione alle sue necessità e alla sua salute, attività che richiedono tempo ed impegno e che nel bimbo svilupperanno, probabilmente per la prima volta, la consapevolezza che da lui dipende il benessere di un altro essere vivente.
Per il bimbo l’esperienza non può che essere educativa la compagnia di un animale dà grandi soddisfazioni in termini affettivi e di divertimento, ma richiede anche tanto lavoro. L’animale, a differenza del giocattolo, non può essere abbandonato nel momento in cui ci si accorge dell’impegno che richiede (o almeno non dovrebbe essere abbandonato, e qui la responsabilità di fare una scelta seria e responsabile, è prima di tutto dei genitori) e non può essere consumato come accade appunto con un gioco poiché a differenza di un oggetto inanimato, ha una identità ed una volontà che non possono essere ignorate. Bambini e cavalli: a che età iniziare.
E se questi sono gli indubbi vantaggi che la scelta dell’equitazione apporta alla crescita del bambino, qual è il momento giusto perché tuo figlio cominci?
Per l’equitazione vera e propria (con un cavallo grande) è meglio attendere fino agli 8-10 anni, poiché prima, i bimbi non hanno una struttura fisica adatta a cavalcare un animale di tali dimensioni e una postura non corretta potrebbe causare un eccessivo stress sulla schiena e sulle anche.
Ciò non toglie che i bimbi più piccoli, possano iniziare a frequentare il maneggio e stabilire una relazione con i pony (non più alti di un metro e quaranta), meno imponenti e quindi meno impressionanti di un cavallo vero e proprio. L’ideale sarebbe quindi insegnare ai bimbi di 6-7 anni le basi (come muoversi intorno all’animale, entrare nel box, mettergli e toglierli la cavezza, portarlo a mano, tenerlo, frenare e girare nel recinto, accarezzarlo, tranquillizzarlo quando è inquieto o spaventato, pulirlo) ed aiutarli a costruire passo dopo passo la relazione con l’animale.
I cavalli sono il fulcro dell’ippoterapia, un tipo di terapia neuromuscolare che può aiutare a migliorare la postura e la coordinazione nei bambini con difficoltà motorie.
I cavalli sono animali speciali e le loro “proprietà curative” sono state osservate sin dai tempi antichi. Hippo è la parola greca per cavallo ed ippoterapia significa l’utilizzo terapeutico del cavallo. Non va però confusa con l‘equitazione terapeutica, ovvero la pratica di insegnare, a persone diversamente abili, ad andare a cavallo.
L‘ippoterapia è, infatti, un vero e proprio trattamento medico. Sebbene Ippocrate citi l’utilizzo dei cavalli come strumento terapeutico già nel 400 a.C., si dovrà attendere fino agli anni ’60, prima che in Europa alcuni fisioterapisti utilizzino i cavalli, per aiutare persone con disturbi neuromuscolari dovuti a paralisi cerebrale o trauma cranico. Questi fisioterapisti credevano che i movimenti del cavallo creassero dei cambiamenti a livello neurologico nel paziente, cosa che permetteva di migliorare la postura, la coordinazione e la forza fisica del soggetto.
I fisioterapisti americani e canadesi che studiarono in Europa portarono con loro queste esperienze al loro ritorno nel nord America intorno agli anni ’80 e formarono l’American Hippotherapy Association (AHA) cui facevano parte gli esperti di questo settore. L’obiettivo iniziale era di curare persone con disabilità fisiche, ma oggi si usa l’ippoterapia anche nella terapia occupazionale e in casi di patologie legate al linguaggio.
Il cavallo rappresenta un forte stimolo, e questo stimolo si può sfruttare per migliorare abilità comunicative, sociali, motorie, o altro ancora. Letto su Fanpage.