Arte & Intrattenimento
Francesco Totti
"A differenza di altri giocatori, è un personaggio in cui il tifoso si rivede, perché crede in qualcosa in cui credono tutti i tifosi. È fuori dagli schemi del calcio di adesso, sembra più un giocatore più degli anni '70"
Ascanio Celestini
Io il giorno in cui Francesco Totti si è ritirato, il 28 maggio 2017, in uno Stadio olimpico di Roma stracolmo, mi ricordo le lacrime di padri di famiglia, ragazzi, nonne, di bambini. Mi ricordo le sue, come le prime parole che gli uscirono dalla bocca: "Avrei voluto che questo momento non arrivasse mai...". Piangeva pure lui, probabilmente pensava a quante volte aveva esultato sotto quella curva, alla prima volta in cui era entrato in campo con la maglia della AS Roma. Era il 28 marzo 1993 e fu il grande Boškov a far cominciare il suo incredibile racconto giallorosso. Chissà se capiva o immaginava che avrebbe cambiato la storia del calcio italiano, che quel ragazzo con il ciuffettone sarebbe diventato l'ultima bandiera del nostro pallone, prima della deriva tecnocratica e ultraliberista, della morte dell'appartenenza e del trionfo del sostituibile.
Quante volte avrà percorso il tratto tra spogliatoio e campo Francesco, quante volte avrà avuto nelle orecchie i cori di quei tifosi per i quali era diventato tutto. Più di tutto. Era diventato un totem vivente, uno di famiglia, il messia della promessa del domani. Mai visto prima un giocatore del genere da noi, capace di giocare come trequartista, seconda punta, prima punta, ala sinistra, falso nueve, regista di centrocampo. Il suo tocco di prima non credo che nessuno lo abbia mai avuto, ben pochi gli son stati pari in quanto a visione di gioco, audacia del gesto, sensibilità del tocco, controllo di palla, tiro, fantasia. Sapeva anche rendersi utile per la squadra, sacrificarsi, seppe evolvere il suo fisico per far fronte al calcio moderno, adattarsi ai nuovi dettami tattici, confermarsi sempre sia finalizzatore che uomo assist di caratura inestimabile. Il primo 10 moderno. Unico. Inimitabile, qualcosa che è arrivato, a dispetto della mancanza di consacrazione internazionale della sua squadra, anche all'estero. Grandi del passato e dell'oggi lo indicano come punto di riferimento innegabile.
La scelta di restare a Roma, la sua Roma, la squadra che amava fin da ragazzo, per la quale tifava lui e la sua famiglia, ha avuto come prezzo inevitabile fargli vincere molto ma molto meno di quanto avrebbe potuto se avesse accettato una delle tante offerte faraoniche arrivate dagli squadroni esteri. Sa Iddio quante Champions, Campionati, Coppe, quanto palloni d'oro avrebbe portato a casa. In questi anni abbiamo avuto la dittatura di Leo Messi e Cristiano Ronaldo, ma non credo di dire qualcosa di sbagliato se penso che nel Real Madrid C.F. o nel Chelsea FC, il Pupone avrebbe avuto un peso minore o minor impatto anche mediatico o semantico. Ancora oggi molti pensano che a lui forse sia stato tolto qualcosa restando giallorosso a vita. Francesco Totti ha giocato e vissuto in un'epoca senza precedenti di fuoriclasse, dove anche squadre non di vertice avevano top players, con una competizione incredibile anche solo nel nostro Campionato.
Stare a Roma gli ha sovente precluso la possibilità di attaccare l'Europa che contava già in partenza, ma non ne ha mai intaccato fama, considerazione. Certo, solo un Campionato, 2 Coppe Italie e 2 Supercoppe per il Capitano. Pochissimo per il suo talento e la sua continuità assurda nel metterlo in mostra. Fino ai mondiali di Germania 2006, poca fortuna pure con la Nazionale Italiana di Calcio. Cesare Maldini lo ignora incredibilmente a Francia 98, manco lo convoca; due anni dopo gioca un grandissimo Europeo, lo firma con un cucchiaio diventato leggenda del calcio, ma in finale la Francia ci beffa. Ai Mondiali di Korea e Giappone, il Trap fa un mezzo disastro e la FIFA punisce l'Italia per essersi schierato contro la rielezione di Blatter, ci perseguita con arbitri infami, l'ultimo dei quali sostanzialmente ci rimanda a casa espellendo proprio lui, proprio Totti, senza motivo. Due anni dopo agli Europei portoghesi cade nel tranello di Poulsen, uno sputo lo fa buttare fuori da una nazionale fragile.
Si perché Francesco, forse il fuoriclasse più umano del nostro calcio, ha commesso anche errori, è caduto, ha sbagliato. Ma si è sempre saputo riscattare. Poi ecco il 93esimo contro l'Australia, la sua sigla in quel mondiale, giocato da infortunato, ma dove ci prende per mano e ci porta oltre l'ostacolo dei canguri di Hiddink. Fa quello che il fisico gli permette, lo fa bene, stringe i denti, alza sotto il cielo azzurro di Berlino una Coppa che è il risarcimento per ciò che non avrà mai dal suo club. Ci arriva vicino a replicare quel magico scudetto del 2001, ma niente, non si può sovvertire lo strapotere del nord. Non più. Non è perfetto come non lo sono i romani, gli italiani in generale, di cui è stato uno dei più grandi giocatori di ogni tempo. A parte lo sputo a Poul
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Amarcord
Amarcord – Il 27 settembre del 1970 per la prima volta in Tv Novantesimo minuto (titolo originario in lettere)😍
Tutta l'Italia si fermava per guardare
questa trasmissione televisiva della RAI che trasmette tuttora una breve sintesi delle partite di calcio del campionato di calcio italiano di Serie A e di Serie B. ⚽️
A lanciarlo nel 1970 il mitico Paolo Valenti, con Maurizio Barendson e Remo Pascucci.
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