La sedia davanti la porta di casa posata,
era il segno che l'estate era arrivata.
Che era bello vederla sistemare,
sarei stato per ore a guardare.
Ogni giorno passavo con la bicicletta
e la guardavo cucire una calzetta.
Lei subito la sua mano alzava,
e con un bene immenso mi salutava.
Incuriosito dopo un po' mi fermavo,
e non c'era niente che a lei non raccontavo.
Mi dava un bacio, mi faceva una carezza,
amavo le sue rughe e la sua tenerezza.
Riprendevo di nuovo a correre e a giocare,
e lei con la coda dell'occhio mi stava a guardare.
Sulle spalle portava il peso degli anni,
mi parlava delle sue pene e dei suoi affanni.
Certi giorni un gomitolo di lana stava dentro ad un sacchetto,
non smetteva mai di lavorare all'uncinetto.
Mi dava consigli, mi parlava del rispetto,
mi sentivo un re quando mi stringeva al suo petto.
Mi affacciavo ogni giorno dalla finestra di casa mia,
le parlavo di tutto e ci facevamo compagnia.
Un giorno però tutto diventò strano,
la chiamai e richiamai ma tutto fu invano.
Capii subito, perché lei si alzava alle sei del mattino,
e non aspettava altro che il saluto del suo piccolo vicino.
Nessun abbraccio, nessuna carezza,
mi porto ancora quel senso di amarezza.
Dopo trent'anni è ancora nella mia mente,
nelle mie preghiere è sempre presente.
Mi piace pensarla lassù, sulla sua sedia seduta,
pronta a rialzarmi ad ogni mia caduta.
Una mamma scalza accompagna la figlia alla Prima Comunione ❤
Le vecchie case di campagna, se potessero parlare...
Una volta si diceva:" è la stessa sorte che ci fa buoni fratelli."
La vita era più o meno la stessa per tutti, non c'erano tante differenze, e ci si aiutava nella buona e nella cattiva sorte.
"Continuo a pensare all'altra casa. Quella vecchia, là in campagna. Quando vivevamo tutti assieme, con pochi soldi.
C'era il nonno, la nonna, la zia Pasqua, i miei fratelli ed io, i nostri genitori, i cugini, i figli della zia che era vedova ed aveva tre figli da crescere. Erano bei tempi, avevamo poco, molto poco, ma non lo sapevamo, ed eravamo felici."