Federico Gatti

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Un cervello in fuga:Si chiama Simone Speggiorin,ha 37 anni ed è il più giovane e famoso cardiochirurgo italiano nel Regno Unito.L’Italia lo ha rifiutato. Si chiama Simone Speggiorin, ha 37 anni ed è il più giovane cardiochirurgo italiano nel Regno Unito. La sua è una storia comune a migliaia di suoi coetanei, “rifiutati” dal nostro paese ed accolti a braccia aperte all’estero, ed è stata raccontata dal Sole 24 Ore. Simone oggi lavora al Glenfield Hospital di Leicester, a 140 chilometri da Londra, è un medico chirurgo strutturato, ovvero con una sua equipe di supporto e una sala operatoria. Opera tutti i giorni bambini al cuore aperto o con malformazioni alla trachea e, tre o quattro volte all’anno, prende qualche giorno di ferie per andare a fare la stessa cosa in India, dove opera in collaborazione con l’organizzazione di beneficenza “Healing Little Hearts”. Quando qualcuno esagera con gli elogi lui si schernisce: “Non sono un eroe. Sono uno dei tanti che se n’è andato dall’Italia perché in Italia non c’era spazio”. Il 37enne ha operato oltre 500 bambini in quattro anni: un traguardo che nel nostro paese gli sarebbe stato precluso, malgrado il suo curriculum fosse sempre stato impeccabile. Figlio di un ex calciatore veneto, Speggiorin si è laureato in medicina in soli sei anni all’Università di padova, per poi specializzarsi in cardiochirurgia: “Dentro di me – racconta al quotidiano finanziario – c’è sempre stata una voce che mi ripeteva: cosa faccio dopo? Cosa faccio dopo? Il mio primo mentore, il professor Giovanni Stellin, sapeva che finita la specialità non avrebbe potuto offrirmi un lavoro in Italia e mi invitava a partire per completare il training. I cardiochirurghi pediatrici sono passati tutti da un’esperienza all’estero. Uscire ti apre la mente, capisci come si fa e poi ti metti alla prova”. Così Simone studia inglese, si trasferisce prima a Boston poi a Londra e a 28 anni torna a bussare negli ospedali italiani. Nessuno però gli offre una possibilità. Così si rimette “sulla strada” e segue il professor Martin Elliott, direttore del Great Ormond Street Hospital di Londra, uno dei cinque migliori ospedali pediatrici del mondo: “Sono partito lasciando a casa tutto. Gli affetti e le sicurezze del “sistema Italia”. Arrivato a Londra già specialista in cardiochirurgia mi hanno detto: ok, ora ricominci da zero. Si dice junior, in pratica ti rimbocchi le maniche e ritorni a fare lo specializzando”. Mentre impara il mestiere accanto ai migliori del mondo partecipa a un concorso per un posto all’ospedale di Ancona, ma la risposta gli arriverà tre anni dopo. “Avrei dovuto mettere la mia vita in modalità pausa per tre anni e aspettare la loro risposta? Non era nei miei piani”. Ora che è uno dei cardiochirurghi più apprezzati spiega: “In Italia? Non torno, non ora. Me ne sono andato perché il nostro non è un Paese per giovani. I miei compagni di università sono quasi tutti all’estero. Eravamo un gruppo di persone consapevoli che, se volevamo qualcosa, dovevamo andare a prendercelo. Del gruppo, io non sono il più bravo. Tra i miei amici c’è Paolo De Coppi, lo scienziato di 41 anni che ha scoperto le cellule staminali nel liquido amniotico. Lavora a Londra. Ho un amico in Silicon Valley che crea una startup dopo l’altra. Un altro mio coetaneo di Padova è professore di economia in Australia

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Le geometrie naturali toroidale dei frutti..

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Genocidio nascosto: come il Regno Unito torturò ed uccise 300000 keniani da aurorasito Tortura di migliaia di Kikuyu in Kenya e grande insabbiatura inglese Tatenda Gwaambuka, African Exponent 17 dicembre 2018 In Kenya, gli inglesi versavano pepe nei genitali delle donne, schiacciavano i testicoli degli uomini, li strappavano e glieli facevano mangiare, sodomizzavano i prigionieri con bottiglie e ginestre. Nel 1960, 300000 kikuyu furono dispersi o uccisi. Alcuni inglesi delirano, altri sono ignoranti, altri entrambi, ma nessuno ha il coraggio di affrontare la verità. Qual è la verità dell’impero inglese in Kenya? La verità è che il sangue dei Kikuyu inondò la terra rubatagli dai bianchi che giocavano un elaborato nascondino commissionato dai monarchi inglesi. Le verità è che il Regno Unito moderna non ha le palle per accettare che schiacciava e strappava testicoli agli uomini kikuyu, mutilati il seno delle donne così come tagliavano orecchie e dita. I beneficiari dell’imperialismo erano accecati dal privilegio di cavare gli occhi ai kikuyu colla macchina colonialista ed erano troppo occupati dal fare soldi facili col colonialismo per accorgersi che in Kenya gli uomini venivano trascinati dalle landrover finché non si disintegravano in pezzi di cibo spazzatura. Queste sono le verità che il Regno Unito moderno nascose fin quando non fu costretta ad accettarle, e anche quando lo fece, molti tentano di minimizzare la spietatezza del meccanismo imperialista inglese. Nel 2012, il Foreign Office inglese fu umiliato dalla propria disonestà durata per decenni. Si scoprì che il Regno Unito sistematicamente distrusse le prove che avrebbero svelato al mondo il male della sua macchina imperialista. The Guardian riferì: “I documenti sopravvissuti alla purga arrivarono di soppiatto nel Regno Unito dove furono nascosti per 50 anni in un archivio segreto del Ministero degli Esteri, al di fuori della portata di storici e pubblico, in violazione degli obblighi legali d’essere resi pubblici”. Furono disonesti e sfortunati, ma la verità si rivelò un segreto troppo grande per nasconderla. I documenti dimostrano che i ministri a Londra sapevano che i kikuyu venivano torturati e uccisi in Kenya, e scelsero il silenzio. Ed anche dimostrano che Iain Macleod, segretario di Stato per le colonie, ordinò che i governi indipendenti non ottenessero alcun materiale che “possa mettere in imbarazzo il governo di Sua Maestà”. Tutto ciò che il Regno Unito voleva era salvare la faccia, ma il sangue dei kikuyu raccontava una storia diversa sfuggendo al labirinto delle menzogne ??e degli inganni inglesi. Una richiesta di risarcimento presentata nel 2009 da cinque vittime delle torture inglesi (caso Mutua) scosse le poltrone e costrinse il Ministero degli Esteri a mettersi in imbarazzo rilasciando documenti dannosi. Anni dopo, il governo inglese riconobbe pubblicamente i crimini commessi in Kenya. La storia della brutalità inglese in Kenya ebbe una macabra svolta il 20 ottobre 1952, quando Sir Evelyn Baring dichiarò lo stato di emergenza in risposta alla rivolta dei Mau Mau. Secondo Benjamin Grob-Fotzgibbon nel suo The Imperial End Game – Britain’s Dirty Wars, il termine Mau Mau non aveva significato nella lingua Kikuyu, ma fu forse una distorsione europea della parola kikuyu “muma”, giuramento. Nelle fasi iniziali, i kikuyu affrontarono 8251 membri a tempo pieno, 6484 a tempo parziale e 1645 riservisti della polizia del Kenya, 3900 soldati dell’esercito inglesi e 368 poliziotti tribali. Si dice che questi numeri aumentarono notevolmente nel tempo. Il contigente non era lì per giocare. David Anderson nel suo racconto, Storie di impiccati in Kenya, dice: “Durante l’intera emergenza in Kenya dal 1952 al 1960 il numero totale di coloni che morirono fu 32, meno di 200 soldati e poliziotti inglesi e 1800 “ascari”. “I Kikuyu, in un censimento tenuto in Kenya dopo l’emergenza subirono oltre 300000 uccisi o” dispersi “. La cifra ufficiale di kikuyu morti è ignota”. Elkins in Imperial Reckoning scrive che un sistema di oltre 100 campi di detenzione chiamati “Pipeline

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