Federico Gatti
Founder Junior
È noto a tutti che il debito pubblico italiano è un macigno che condiziona la politica economica nazionale: 2.358 miliardi di stock con una spesa per interessi annua pari a 65,6 miliardi di euro (dato 2017). Un macigno che pregiudica la politica economica e in particolare le giovani generazioni, in uno scontro che le vede vittime degli errori del passato. Si sa altrettanto bene che ogni residente in Italia ha un debito pari a 38mila euro circa: un dato a suo modo spaventoso, che non risparmia neonati e pensionati. Che però sono coinvolti in modo differente rispetto a questa montagna di debito da finanziare periodicamente sui mercati dei capitali. Per questo l'Ufficio Studi del Sole 24 Ore ha elaborato i dati della Banca d'Italia e dell'Istat dal 1946, anno di fondazione della Repubblica italiana, per descrivere con numeri e proporzioni la diseguale distribuzione del debito pubblico tra i residenti in Italia. Frutto delle politiche di bilancio cumulate nel tempo: qualcuno ricorderà che nel 1974 il governo permise ai dipendenti del pubblico impiego di andare in pensione con 14 anni sei mesi e un giorno di contributi. Un dato contabile reso evidente nel 1981 con la separazione tra Tesoro e Banca d'Italia che esentava la seconda dal garantire in asta il collocamento dei titoli italiani (analogamente a quanto attuato nel 1951 dagli Usa). GUARDA IL VIDEO / Debito pubblico italiano insostenibile, come ai tempi di guerra Andiamo con ordine. Abbiamo considerato i valori di debito in milioni di euro correnti e costanti aggiornati al 31 dicembre di ogni anno a partire dal 1946, considerandone il valore a prezzi correnti (attualizzati al 2017, per omogeneità di fonte). Abbiamo poi preso in considerazione il debito cumulato nell'anno (che, con qualche eccezione, è quasi sempre aumentato) parametrandolo alla popolazione per calcolarne il peso procapite: il grafico qui sotto evidenzia il picco registrato tra il 1983 e il 1993, seguito da un periodo di riduzione del debito italiano - in concomitanza con la convergenza verso l'Eurozona - cui ha fatto seguito una minor “cura” e un costante aumento dello stock. Inoltre, abbiamo considerato la popolazione residente e in vita anno per anno, calcolando l'ammontare di debito pubblico generato durante la vita di ciascuna “coorte generazione”, suddivisa per anno di nascita.
Federico Gatti
Founder Junior
Con le sue materie prime, la sua forza lavoro, la sua terra, l’Africa ha finanziato e continua a finanziare gli equilibri mondiali. Ovviamente non è la sola entità geografico-territoriale che svolge questa funzione, ma di certo è la più ricca e la più facile da utilizzare. A fronte di una storia che si ripete da secoli, riusciranno gli africani nel contesto odierno a dire la loro e a non essere solo attori passivi del proprio destino? Il tema richiede di sgombrare il campo dagli stereotipi che fanno dell’Africa un continente perduto, così come dalla nuova retorica secondo la quale l’Africa sarebbe il futuro del mondo, il luogo in cui il capitale internazionale può ottenere la migliore remunerazione di sempre. Nessuna di queste visioni rispecchia la realtà, perché l’Africa è molto più complessa, come emerge dai racconti di viaggio e dalle analisi con cui Raffaele Masto ci guida in alcuni Paesi simbolo: Mozambico, Costa d’Avorio, Sud Sudan, Sierra Leone, Nigeria. Resoconti e riflessioni da cui emergono la complessità e la ricchezza culturale di un continente ancora sostanzialmente sconosciuto.
Federico Gatti
Founder Junior