Stefano Rossi

Top Founder President

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SCUOLA, MUSICA E LEGALITÀ - 15/9/1937 - 15/9/1993, VIENE UCCISO A PALERMO IL SACERDOTE DON PINO PUGLISI. FABRIZIO MORO: "PENSA"

2018-09-15 13:22:38

«Perché lo avete ucciso?», chiede il magistrato. «Perché si portava i picciriddi (i bambini) cu iddu (con lui)», risponde il sicario che ha sparato il colpo alla nuca. Si tratta del Cacciatore, questo il suo soprannome a Brancaccio. Aveva sparato a padre Pino Puglisi, 3P, come lo chiamavamo noi a scuola, il 15 settembre 1993, 25 anni fa. Stavo per cominciare il quarto anno e lui, uno dei professori della mia scuola, il Liceo Vittorio Emanuele II di Palermo, non sarebbe più entrato in classe. Capo d'accusa: far giocare e studiare, con l'aiuto volontario dei ragazzi di cui era professore di religione, bambini che altrimenti erano preda della strada e di chi su quella strada comandava. Troppo poco? 3P sapeva infatti mescolare i quadrati della scacchiera di Palermo, facendo muovere chi conosceva solo la città di luce verso quella più tenebrosa, e viceversa. I ragazzi di un rinomato liceo classico aprivano gli occhi su strade nuove, perché l'inferno poteva essere girato l'angolo. A cosa serviva la cultura che ricevevamo se restavamo ciechi su ciò che avevamo accanto? Don Pino sapeva che per far rifiorire il quartiere in cui era nato e cresciuto, bisognava ripartire da bambini e ragazzi, anche se, per stare fermi e in silenzio, gli alibi non mancavano. La sua battaglia era tanto semplice quanto pericolosa: ridare dignità ai giovanissimi attraverso il gioco, lo studio, la catechesi, prospettando loro una vita diversa da quella del «picciotto mafioso». La mafia alleva il suo esercito tenendo la gente nella miseria culturale e assicurando il sufficiente benessere materiale, condizioni che riescono a garantire un consenso indiscusso nei contesti da cui attinge. Don Pino ne inceppava dall'interno il meccanismo, ripetendo a bambini e ragazzi di andare «a testa alta», perché la dignità non è un privilegio concesso da qualcuno, ma dono connaturato al nostro essere qui, voluti dal Padre Nostro e non dal Padrino di Cosa Nostra. Per questi motivi lottò per aprire un centro che chiamò «Padre Nostro», dove i ragazzi potevano stare anziché lasciarsi ghermire dalla strada, e si batté per avere la scuola media nel quartiere. Il giorno del suo omicidio era andato per l'ennesima volta nei sordi uffici del Comune a sollecitare i permessi per la scuola, inaugurata solo 7 anni dopo la sua morte. Nonostante i molti impegni pastorali non smise mai di insegnare religione. Proprio quell'estate, forse temendo qualcosa, aveva chiesto una diminuzione d'orario, ma il preside che teneva a lui quanto i ragazzi, lo aveva convinto a non farlo. Ho conosciuto il suo volto, sempre sorridente anche se provato, da cui non traspariva la lotta impari che stava combattendo silenziosamente. La sua pace veniva dall'unione con Cristo, di cui offriva lo sguardo ad ogni persona, perché riteneva ogni vita unica e necessaria alla multiforme armonia del mondo, e infatti paragonava le singole vite alle tessere dei meravigliosi mosaici del duomo di Monreale. Per questo decisero di ucciderlo, perché scardinava il sistema mafioso da dentro, non con slogan o bei pensieri, ma lavorando accanto alle persone, calpestando le loro strade e dando loro nutrimento per il corpo e lo spirito, così che percepissero la possibilità di un'altra «strada». Per questo lo fecero fuori, erano gli anni di Riina, al quale i Graviano, capi mandamento del quartiere, erano affiliati. 3P era, a suo modo, dal basso, tanto pericoloso quanto Falcone e Borsellino, uccisi un anno prima. «Si portava i picciriddi cu iddu»: portava i bambini, non a lui, ma con lui verso una vita nuova, più piena, più bella, sicuramente meno facile, ma costruttiva, libera, vera. Padre Puglisi era «pericoloso» perché era un vero maestro, apriva la strada, ti prestava il coraggio che non avevi, come i veri padri. E proprio come i veri padri pagò di persona. (Alessandro D'Avenia)

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MUSICA - "PROF. MA PERCHÉ MIO FIGLIO NON PUÒ SUONARE UN VERO STRUMENTO INVECE DEL "PIFFERO",CHE SAREBBE POI UN FLAUTO DOLCE😤😤

2018-09-14 19:50:50

Dite che non è un vero strumento?🤔🤔🤔 Non è figo? 😏😏😏Ops, scusate, cool? 😁😁😁E se provassimo a studiarlo bene?😓😓😓 E se prendessimo un bel flauto di legno facendo un piccolo investimento invece di un bel plasticone? 😨😨😨Fosse uno smartphone!!!🤑🤑🤑 Sentiamo come si può suonare questo "Concerto per flautino" di Antonio Vivaldi!!!🎶🎶🎶

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MUSICA - 13/9/1583, NASCE A FERRARA GIROLAMO FRESCOBALDI. "SE L' AURA SPIRA".

2018-09-13 19:43:56

Girolamo Frescobaldi, (Ferrara, 13 settembre 1583 – Roma, 1º marzo 1643), è stato un compositore, organista e clavicembalista italiano. È ritenuto uno dei maggiori compositori per clavicembalo del XVII secolo. Frescobaldi compose ed eseguì musica con un intento ascrivibile alla cosiddetta seconda pratica monteverdiana (contrapposta alla prima pratica, quella secondo cui la musica è un'arte filosofico-matematica che vede la sua realizzazione più alta nell'utilizzo del contrappunto da parte dei compositori fiamminghi). Egli difatti volle, attraverso la musica strumentale (sarà il primo grande indipendentista della musica strumentale, fino ad allora sempre subordinata alla vocalità, alle parole di un testo che la eleva ad arte) evocare gli affetti degli ascoltatori, suggerire delle emozioni; e lo fece ispirandosi ai canti italiani fioriti, melismatici (che esprimono cioè un testo con più note per ogni sillaba, contrapposte ai canti sillabici che ad ogni sillaba fanno corrispondere una nota). Nella musica di Frescobaldi si ritrovano quindi quei virtuosismi vocali espressi dagli strumenti. Nelle toccate e partite, definiti generi idiomatici perché composti tenendo conto prevalentemente dell'atto esecutivo e improvvisativo piuttosto che invece l'atto compositivo, si trovano scale ascendenti e discendenti, trilli, abbellimenti e virtuosismi di ogni sorta, inframezzati da momenti accordali. Questa frammentazione in sezioni contrapposte e diversissime è dovuta all'origine di questi generi, che crescono nell'ambito delle celebrazioni liturgiche e necessitano perciò di poter essere interrotti il più velocemente possibile e nel modo migliore, alla prima richiesta del celebrante. Se l'aura spira tutta vezzosa La fresca rosa ridente sta. La siepe ombrosa di bei smeraldi D'estivi caldi timor non ha. A balli liete venite ninfe Gradite fior di beltà Orchè sì chiaro il vago fonte Dall'alto monte al mar s'en va. Miei dolci versi spiega l'augello E l'arboscello fiorito sta. Un volto bello ha l'ombra accanto Sol si dia vanto d'aver pietà. Al canto ninfe ridenti Scacciate i venti di crudeltà.

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