Stefano Rossi

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MUSICA E ATTUALUTA' - È MORTO GORAN KUZMINAC, IL MEDICO CANTAUTORE, AVEVA 65 ANNI. "STASERA L' ARIA É FRESCA".

2018-09-18 17:31:45

È morto, a 65 anni, nella sua casa a Trento Goran Kuzminac, il cantautore di origini serbe che cantava 'Ehi, ci stai' e 'Stasera l'aria e fresca' tra le altre sue canzoni più note. Oltre che cantautore e chitarrista, raffinatissima la sua tecnica finger-picking, era medico e si occupava di musicoterapia a sostegno dei malati psichiatrici e delle persone con problemi di anoressia. Goran Kuzminac ha dedicato quarant'anni al "mestiere della musica" realizzando quindici album e tremila concerti. Nato il 16 giugno 1953 a Zemun, municipalità autonoma di Belgrado nell'allora federazione jugoslava, con la famiglia si trasferì a Trento quando aveva sei anni. Maestro del finger-picking, tecnica appresa da un militare americano, notato da Francesco De Gregori, Kuzminac arrivò al successo nel 1978, con il singolo Stasera l'aria è fresca seguito nel 1980 dal suo primo album, Ehi ci stai, da cui fu tratto il singolo dallo stesso titolo che arrivò secondo al Festivalbar. Nello stesso periodo Canzone senza inganni, il disco e il tour con Ron e Ivan Graziani.

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MUSICA E RANNING, CHE PASSIONI!!! NOI DI CAM.TV RESISTIAMO DI PIÙ.🏃‍♂️🏃‍♂️🏃‍♂️

2018-09-17 15:54:05

Ricordi di un' estate ormai andata.

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SCUOLA, MUSICA E LEGALITÀ - 15/9/1937 - 15/9/1993, VIENE UCCISO A PALERMO IL SACERDOTE DON PINO PUGLISI. FABRIZIO MORO: "PENSA"

2018-09-15 13:22:38

«Perché lo avete ucciso?», chiede il magistrato. «Perché si portava i picciriddi (i bambini) cu iddu (con lui)», risponde il sicario che ha sparato il colpo alla nuca. Si tratta del Cacciatore, questo il suo soprannome a Brancaccio. Aveva sparato a padre Pino Puglisi, 3P, come lo chiamavamo noi a scuola, il 15 settembre 1993, 25 anni fa. Stavo per cominciare il quarto anno e lui, uno dei professori della mia scuola, il Liceo Vittorio Emanuele II di Palermo, non sarebbe più entrato in classe. Capo d'accusa: far giocare e studiare, con l'aiuto volontario dei ragazzi di cui era professore di religione, bambini che altrimenti erano preda della strada e di chi su quella strada comandava. Troppo poco? 3P sapeva infatti mescolare i quadrati della scacchiera di Palermo, facendo muovere chi conosceva solo la città di luce verso quella più tenebrosa, e viceversa. I ragazzi di un rinomato liceo classico aprivano gli occhi su strade nuove, perché l'inferno poteva essere girato l'angolo. A cosa serviva la cultura che ricevevamo se restavamo ciechi su ciò che avevamo accanto? Don Pino sapeva che per far rifiorire il quartiere in cui era nato e cresciuto, bisognava ripartire da bambini e ragazzi, anche se, per stare fermi e in silenzio, gli alibi non mancavano. La sua battaglia era tanto semplice quanto pericolosa: ridare dignità ai giovanissimi attraverso il gioco, lo studio, la catechesi, prospettando loro una vita diversa da quella del «picciotto mafioso». La mafia alleva il suo esercito tenendo la gente nella miseria culturale e assicurando il sufficiente benessere materiale, condizioni che riescono a garantire un consenso indiscusso nei contesti da cui attinge. Don Pino ne inceppava dall'interno il meccanismo, ripetendo a bambini e ragazzi di andare «a testa alta», perché la dignità non è un privilegio concesso da qualcuno, ma dono connaturato al nostro essere qui, voluti dal Padre Nostro e non dal Padrino di Cosa Nostra. Per questi motivi lottò per aprire un centro che chiamò «Padre Nostro», dove i ragazzi potevano stare anziché lasciarsi ghermire dalla strada, e si batté per avere la scuola media nel quartiere. Il giorno del suo omicidio era andato per l'ennesima volta nei sordi uffici del Comune a sollecitare i permessi per la scuola, inaugurata solo 7 anni dopo la sua morte. Nonostante i molti impegni pastorali non smise mai di insegnare religione. Proprio quell'estate, forse temendo qualcosa, aveva chiesto una diminuzione d'orario, ma il preside che teneva a lui quanto i ragazzi, lo aveva convinto a non farlo. Ho conosciuto il suo volto, sempre sorridente anche se provato, da cui non traspariva la lotta impari che stava combattendo silenziosamente. La sua pace veniva dall'unione con Cristo, di cui offriva lo sguardo ad ogni persona, perché riteneva ogni vita unica e necessaria alla multiforme armonia del mondo, e infatti paragonava le singole vite alle tessere dei meravigliosi mosaici del duomo di Monreale. Per questo decisero di ucciderlo, perché scardinava il sistema mafioso da dentro, non con slogan o bei pensieri, ma lavorando accanto alle persone, calpestando le loro strade e dando loro nutrimento per il corpo e lo spirito, così che percepissero la possibilità di un'altra «strada». Per questo lo fecero fuori, erano gli anni di Riina, al quale i Graviano, capi mandamento del quartiere, erano affiliati. 3P era, a suo modo, dal basso, tanto pericoloso quanto Falcone e Borsellino, uccisi un anno prima. «Si portava i picciriddi cu iddu»: portava i bambini, non a lui, ma con lui verso una vita nuova, più piena, più bella, sicuramente meno facile, ma costruttiva, libera, vera. Padre Puglisi era «pericoloso» perché era un vero maestro, apriva la strada, ti prestava il coraggio che non avevi, come i veri padri. E proprio come i veri padri pagò di persona. (Alessandro D'Avenia)

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