
Stefano Rossi
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MUSICA DELLA BUONANOTTE - GUCCINI L' HA DEDICATA ALLA SECONDA MOGLIE, VOI DEDICATELA A CHI VOLETE. " VORREI ".
28/08/2018, 19:11
Testo della canzone Vorrei conoscer l' odore del tuo paese, camminare di casa nel tuo giardino, respirare nell' aria sale e maggese, gli aromi della tua salvia e del rosmarino. Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero parlando con me del tempo e dei giorni andati, vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero, come se amici fossimo sempre stati. Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci e i ciuffi di parietaria attaccati ai muri, le strisce delle lumache nei loro gusci, capire tutti gli sguardi dietro agli scuri e lo vorrei perchè non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei ed io... Vorrei con te da solo sempre viaggiare, scoprire quello che intorno c'è da scoprire per raccontarti e poi farmi raccontare il senso d' un rabbuiarsi e del tuo gioire; vorrei tornare nei posti dove son stato, spiegarti di quanto tutto sia poi diverso e per farmi da te spiegare cos'è cambiato e quale sapore nuovo abbia l' universo. Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona o il mare di una remota spiaggia cubana o un greppe dell' Appennino dove risuona fra gli alberi un' usata e semplice tramontana e lo vorrei perchè non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei ed io... Vorrei restare per sempre in un posto solo per ascoltare il suono del tuo parlare e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo impliciti dentro al semplice tuo camminare e restare in silenzio al suono della tua voce o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso dimenticando il tempo troppo veloce o nascondere in due sciocchezze che son commosso. Vorrei cantare il canto delle tue mani, giocare con te un eterno gioco proibito che l' oggi restasse oggi senza domani o domani potesse tendere all' infinito e lo vorrei perchè non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei ed io...


Stefano Rossi
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MUSICA - MILANO CITTA' DELLA MUSICA
28/08/2018, 10:47
E' una piccola e meravigliosa tavoletta ad olio, conservata alla Pinacoteca Ambrosiana. Opera di Leonardo da Vinci, anno 1485. Per quattro secoli si è pensato raffigurasse Ludovico il Moro, fino a quando un restauro ha fatto riemergere il cartiglio musicale. "Ritratto di musico", l'unico ritratto maschile del grande genio a noi pervenuto, può essere preso come simbolo del legame, fortissimo, fra Milano e la musica. Dal dipinto prende il via una passeggiata che toccherà i luoghi do)ve l'intreccio fra le note e la città diviene così stretto che quasi, a tendere l'orecchio, se ne coglie l'eco. Sullo spartito del Musico si intravede l'inizio di due parole: Cant. e Ang. Il dettaglio conduce dritti al Duomo e a Franchino Gaffurio, amico di Leonardo e maestro della Cappella Musicale (il coro della cattedrale) che compose il "Cantum Angelicum". Non soffermiamoci sul dibattito ancora aperto (è lui il Musico?) ma sulla Cappella:è la più antica istituzione culturale milanese, attiva ininterrottamente dal 1402. Il pellegrinaggio procede verso Palazzo Reale. "Nel XVI - XVII secolo era Palazzo Ducale", ricorda la musicologa Laura Nicora, "e aveva un teatro interno, aperto a tutti. Un teatro dove si mangiava, si giocava d'azzardo e nei palchi, a tendine accostate, si amoreggiava". Il Ducale brucia nel 1776, ma proprio lì i milanesi hanno avuto la fortuna di ascoltare un quindicenne talentuoso: Wolfgang Amadeus Mozart. La prima volta che arrivò in città, nel 1770, dormì dai padri Agostiniani, in San Marco. In seguito sceglierà un albergo in piazza Diaz, ma sarà anche ospite del conte Firmian, ministro della Lombardia austriaca, a Palazzo Melzi, in via Fatebenefratelli (distrutto da una bomba). Intento Milano è rimasta senza teatro. " A velocità record, in piazza Missori, ne viene costruito uno provvisorio, in legno di pino, dotato perfino di una pasticceria interna", rivela Nicora. Questione di poco: i lavori per la Scala filano altrettanto rapidi, e nel 1778 con "L' Europa riconosciuta" di Antonio Salieri si apre il tempio del melodramma dove sfileranno compositori come Rossini, Donizzetti, Bellini e direttori come Arturo Toscanini (che dal 1908 al 1957 visse in via Durini 20). Intanto, in via Mercanti, il violinista Giovanni Ricordi apre un banco di spartiti: farà fortuna e nel giro di mezzo secolo, con l'aiuto del figlio Tito e del nipote Giulio, fonderà la casa editrice Casa Ricordi, legata a doppio filo a Puccini e Verdi. Giacomo Puccini, che ebbe diverse residenze milanesi, visse dal 1887 al 1900 in quella di via Solferino 27, dove compose "Manon Lescaut", "Boheme", e "Tosca". Giuseppe Verdi, che a Milano non volle mai comperare casa, nel 1839, a 26 anni, andò a vivere al Carrobbio, in via Cesare Correnti 15, con la moglie Margherita Barezzi e il figlioletto Icilio. E dopo la loro morte si trasferì in Corsia dei Servi, l'attuale Corso Vittorio Emanuele, in un palazzo poi distrutto dalle bombe nel 1943. Ma la sua residenza più nota fu la suite al primo piano del Grand Hotel et de Milan (rimasta intatta e visitabile). La sua tomba (pure visitabile) è invece in una cappellina a Casa Verdi, la casa di riposo per musicisti che commissionò all'architetto Camillo Boito. A pochi passi da lì, in via Buonarroti 38, si trovava la villa (al suo posto è sorto un palazzo), dove Maria Callas abitò dal 1950 al 1960 (fonte Corriere della Sera).


Stefano Rossi
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MUSICA DELLA BUONANOTTE - 27 AGOSTO 1979, DE ANDRÉ E LA MOGLIE DORI GHEZZI VENGONO RAPITI IN SARDEGNA. " HOTEL SUPRAMONTE ".
27/08/2018, 19:47
I veri prigionieri continuano a essere i sequestratori. Tanto è vero che noi siamo usciti e loro sono ancora dentro». Furono in molti a essere spiazzati dalle parole di comprensione che Fabrizio De André, dopo quasi quattro mesi di prigionia nelle mani dell'anonima sequestri sarda insieme alla compagna Dori Ghezzi, riservò ai suoi rapitori. Venne rilasciato, dopo che il padre Giuseppe pagò un riscatto di oltre 550 milioni, il 22 dicembre del 1979 alle due del mattino, a 24 ore dalla liberazione di Dori. Fedele alla sua fama di cantore di umili e diseredati, Fabrizio si costituì parte civile soltanto nei confronti dei mandanti, «le cui condizioni economiche non consentono trovare per essi alcuna giustificazione». Una brutta parentesi, quella del sequestro, che non compromise mai l'amore del cantautore genovese per la Sardegna. «È un luogo dove le tensioni sociali esistono. Ma sono temperate dal contatto diretto con la natura e da una profonda moralità che si estrinseca nel rispetto di alcuni valori fondamentali, come per esempio l'ospitalità. Per quanto strano possa apparire anche questo ho trovato nei nostri carcerieri». Era da una manciata d'anni che Dori e Fabrizio si erano trasferiti sull'isola. Lì avevano avuto una figlia, Luvi, poco dopo aver acquistato la tenuta agricola dell'Agnata (l'«angolo», in gallurese): 150 ettari a una ventina di chilometri da Tempio Pausania. «Non mi dà utili, ci rimetto un sacco di soldi, ma ci guadagno in salute, in felicità», raccontava. Era un periodo tranquillo, per Fabrizio. Nonostante, pare, qualche minaccia. «Cosa possono farmi? – diceva agli amici. – Non potrò mai pagare un riscatto, né mai ingaggerò gorilla». Guardie del corpo non ne volle neanche dopo il rilascio, quando tornò alla sua vita sarda come se nulla fosse successo. Un paio d'anni dopo, nel 1981, esce il disco della rinascita. Intitolato, semplicemente, «Fabrizio De André», ma subito noto ai fan come «l'indiano» per via dell'immagine in copertina. È qui che l'esperienza del rapimento viene sublimata nell'arte. «Il disco è la storia di due civiltà molto speciali: una scomparsa, quella degli indiani pellerossa, e l'altra, quella sarda, in via d'estinzione». Entrambe soffocate da una modernità arrogante e violenta. È soprattutto la splendida quinta traccia, «Hotel Supramonte», scritta come gran parte del disco insieme a Massimo Bubola, a parlare della prigionia: «Passerà anche questa stazione senza far male / passerà questa pioggia sottile come passa il dolore».

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