Stefano Rossi

Top Founder President

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MUSICA - BUONANOTTE A TUTTI CON AMORE BY ELVIS: "ALWAYS ON MY MIND"

2018-07-17 19:41:07

Always on My Mind ("sempre nei miei pensieri") è una canzone composta per Elvis Presley da Mark James, Wayne Carson e Johnny Christopher. Il testo e la traduzione: Maybe I didn’t treat you – Forse non ti ho trattata Quite as good as I should have – abbastanza bene come avrei dovuto Maybe I didn’t love you – Forse non ti ho amata Quite as often as I could have – Altrettanto spesso come avrei potuto Little things I should have said and done – Piccole cose che avrei dovuto dire e fare I just never took the time – Non ho mai colto il momento giusto You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente (You were always on my mind) – Eri sempre nella mia mente You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente Maybe I didn’t hold you – Forse non ti ho tenuta stretta All those lonely, lonely times – Tutte quelle volte solitarie, solitarie And I guess I never told you – e credo di non averti mai detto I’m so happy that you’re mine – Sono così felice che tu sia mia If I make you feel second best – Se ti ho fatto sentire al secondo posto Girl, I’m so sorry I was blind – Ragazza, mi spiace ero cieco You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente (You were always on my mind) – Eri sempre nella mia mente You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente Tell me, tell me that your sweet love hasn’t died – dimmi, dimmi che il tuo dolce amore non è morto Give me, give me one more chance – dammi, dammi un’altra possibilità To keep you satisfied, satisfied – di soddisfarti, soddisfarti Little things I should have said and done – Piccole cose che avrei dovuto dire e fare I just never took the time – Non ho mai colto il momento giusto You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente (You were always on my mind) – Eri sempre nella mia mente You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente You were always on my mind – Eri sempre nella mia mente Maybe I didn’t treat you – Forse non ti ho trattata Quite as good as I should have – abbastanza bene come avrei dovuto Maybe I didn’t love you – Forse non ti ho amata Quite as often as I could have – Altrettanto spesso come avrei potuto

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MUSICA - 17 LUGLIO 1959, MUORE ALL' ETÀ DI 55 ANNI BILLIE HOLIDAY.

2018-07-17 16:14:08

Con la sua voce Billie Holiday ha fatto la storia del jazz e del blues e ha lasciato un segno profondo. Dopo un’infanzia difficile – durante la quale si procura da vivere prostituendosi in un bordello ad Harlem - inizia appena quindicenne la sua carriera nel mondo della musica cantando nei locali della città. Nel 1933 a diciotto anni viene scoperta dal produttore John Hammond, che le organizza alcune sedute in sala d'incisione con Benny Goodman. Nel 1935 esordisce all’Apollo Theater e appare in un film con Duke Ellington. Nel 1938 entra però a far parte della Artie Shaw’s band: è la prima volta che una cantante di colore entra a far parte di un’orchestra di bianchi. Durante tutti gli anni Quaranta incide alcuni dei suoi più grandi successi – soprattutto canzoni d’amore – come “Tain’t nobody business if I do”, “Them there eyes” e “Crazy he calls me”. Nel 1947 viene arrestata per possesso di eroina e deve scontare otto mesi di prigione. Muore nel 1959 per complicazioni di un’epatite, dopo essere stata arrestata nuovamente per possesso di droga. Il culto della sua personalità comunque non cessa con la morte: nel 1972 per esempio viene realizzato un film - “Lady sings the blues” – con Diana Ross nel ruolo della cantante.

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MUSICA - EUGENIO FINARDI COMPIE 66 ANNI - "LA RADIO"

2018-07-16 17:55:45

Com'è nata la Sua canzone La radio, inno delle radio libere italiane? È nata andando a fare la trasmissione che tenevo tutte le notti a Radio Milano Centrale, che era la prima radio libera - ma libera veramente - in Italia, la seconda in assoluto dopo Radio Milano International. Io facevo il programma della notte: avevo come sigla un brano dei Tenores del coro di Orgosolo che si chiamava Barones sa Tirannia, una canzone rivoluzionaria in sardo, e Mario Luzzatto Fegiz, che era direttore di questa radio, si chiedeva se ci poteva essere magari un qualcosa di un po’ più italiano. Allora io, un po’ per ripicca, andando a fare la trasmissione ho scritto in venti minuti questa canzone. Cos'hanno significato le radio libere italiane per la controcultura degli anni Settanta? Tantissimo: hanno per la prima volta dato in mano alla gente la comunicazione. La RAI prima era una specie di Nonna Papera che controllava tutto: il mio primo disco Non gettate alcun oggetto dal finestrino del ’75 fu completamente censurato dalla RAI per i suoi contenuti politici. C’era una censura molto forte che permetteva anche un controllo delle menti, e quindi con quella sentenza della Corte di Cassazione che liberava l’etere si liberò anche tutta la voglia di un Paese di dire la sua, dalle dediche alle tirate politiche. Fu un momento di grande liberazione: bisogna averlo vissuto per capire quanto fosse importante per gli italiani allora il fenomeno delle radio libere per sentirsi normali come gli altri Paesi del mondo. Come giudica il film Radiofreccia di Luciano Ligabue come spaccato di quel periodo? Mi è sembrato abbastanza fedele nella sua riproduzione di com’era lo spirito di una radio libera, anche se la cosa che rimprovero a Liga è che non ha messo la canzone La radio, che era veramente l’inno di tutte le radio libere di allora, ma lui ha scelto di mettere solo artisti stranieri. Secondo Lei quali analogie e differenze ci sono tra le radio libere di allora e le radio universitarie di oggi? Sono come le radio libere di allora: la differenza è che sono sempre all’interno di un istituzione, mentre noi eravamo liberi del tutto. Nonostante una sempre maggiore attenzione nei confronti delle radio universitarie in quanto voce “fuori dal coro” degli atenei - qui in Italia e non solo - diverse di queste sono spesso costrette a chiudere per mancanza di fondi: Lei cosa ne pensa in merito? È un dramma della comunicazione libera: i soldi vengono dati a chi fa comunicazione pilotata, non a chi è libero veramente. È un dramma della nostra società in generale. Qual'è il Suo augurio per il futuro delle radio universitarie? Io ho imparato a fare radio proprio in una radio universitaria negli Stati Uniti: nella Università di Tufts c’era una radio molto bella dove ho ottenuto la mia prima trasmissione radiofonica. Io credo che anche con la mancanza di fondi le radio universitarie debbano vivere, come i giornali universitari e le attività teatrali: la radio è cultura, e oltretutto il mezzo radiofonico fatto in maniera indipendente - al di fuori delle playlist e di tutte le caratteristiche delle radio commerciali - può diventare addirittura una forma artistica.

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