Simone Nania
Founder Executive
Guardando questa colonnina di uova trasparenti, mamma rana della pioggia può farsi un'idea complessiva della crescita dei suoi piccoli. Le uova di quest’anfibio infatti sono delle piccole incubatrici naturali, all'interno delle quali gli embrioni si sviluppano direttamente in ranocchie. Insomma, i piccoli di Eleutherodactylus "bruciano le tappe" e saltano la fase dei girini, così non hanno bisogno dell’acqua per sopravvivere. Si tratta di uno stratagemma evolutivo che questi anfibi hanno adottato per potersi riprodurre anche nei luoghi più lontani dalle paludi.
Simone Nania
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Questo buffo faccione appartiene all’anfibio più “grinzoso” che ci sia: la rana peruviana del Lago Titicaca (Telmatobius culeus). Non è un caso se la natura l’ha dotata di una serie infinita di pieghe cutanee. La simpiatica rana infatti assorbe la maggior parte dell’ossigeno proprio dalla pelle e tutte queste increspature le permettono di respirare meglio quando si trova sulla terraferma. Gli esemplari più grandi sono anche i più “rugosi”. Come quelli scoperti da alcuni esploratori negli anni Settanta, lunghi fino a 50 centimetri e pesanti anche un chilo. E forse proprio per la loro stazza queste rane venivano venerate dagli indigeni, che scambiavano il loro gracidio per un'invocazione alla pioggia.
Simone Nania
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