Simone Nania

Founder Executive

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Guardatela bene perché senza l’aiuto di uno zoom fotografico questa ranocchia (Theloderma corticale) è praticamente introvabile. Merito della sua pelle bernoccoluta piena di sporgenze verdi e marroncine che ricorda consistenza e colori del muschio. Il travestimento ideale per camuffarsi perfettamente nelle umide foreste tropicali del Vietnam, dove vive. Vederla da vicino è quindi un evento piuttosto raro, e non solo per le sue abilità mimetiche: la progressiva deforestazione del suo habitat naturale sta mettendo in serio pericolo la sua sopravvivenza, tanto più che questa raganella – che da adulta è lunga circa 7 centimetri – spesso si annida e si riproduce all’interno dei tronchi degli alberi, nelle cavità dove si deposita un po’ d’acqua piovana. Inoltre la particolare struttura della sua pelle la rende spesso oggetto di un commercio illegale che l’allontana forzatamente dal suo ecosistema.

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Questi schermi trasparenti di circa 60 centimetri di diametro sono in grado di sfocare parte della luce solare e perciò di "smorzare" l'irraggiamento quanto basta per contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Se noi, durante i giorni di solleone, ci armiamo di occhiali e cappello per impedire al calore di cuocerci occhi e cervello, perché non fare altrettanto con la Terra? È quello che hanno proposto alcuni scienziati come misura contro il surriscaldamento terrestre: mettere in orbita intorno all'equatore un anello di particelle, o di micro-navette spaziali, che disperdano la luce. L'idea è di ridurre la quantità di radiazione solare che arriva fino alla superficie terrestre e controllare così l'aumento della temperatura causato dai gas serra.

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Una fioritura di fitoplancton nel Baltico, vicino all'isola di Gotland, ha reso visibili le correnti marine fornendo un'immagine di grande effetto. L'ecologo e futurologo James Lovelock, ideatore dell'ipotesi Gaia, ha recentemente aggiunto una sua proposta alla lista dei rimedi per il riscaldamento globale. L'idea di Lovelock è quella di rimescolare l'acqua degli oceani portando in superficie quelle più fredde e ricche di nutrienti, per favorire la fioritura di fitoplancton. Il fitoplancton vive alla superficie degli oceani e ha molte qualità, come quella di "cibarsi" di CO2 estraendola dall'aria: una dieta molto vantaggiosa anche per noi. Quando muore, poi, affonda portando con sé quanto ha mangiato. Una proposta alternativa a quella di Lovelock (che non si perde in dettagli come l'energia necessaria ai suoi mescolatori) è quella di fertilizzare col ferro la superficie dell'oceano: questo metallo, infatti, stimola lo sviluppo del fitoplancton, e grandi "fioriture" di questi piccolissimi organismi marini aiuterebbero a eliminare un po' del gas eccedente dall'atmosfera. Sarebbe comunque solamente un aiuto temporaneo, ammette lo stesso Lovelock, visto che la temperatura della Terra continuerà a crescere per un certo periodo di tempo anche se riuscissimo ad arrestare oggi stesso tutte le emissioni di gas serra. Altri scienziati prendono le distanze ancora più nettamente: un eccessivo prelievo di CO2 da parte del plancton renderebbe più acide le acque profonde, impoverendole di ossigeno e creando un ambiente difficilmente abitabile per molte specie.

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