Laura Lupini

Cannabis terapeutica: secondo una ricerca è 30 volte più efficace di un’aspirina Si è già parlato delle proprietà antidolorifiche della marijuana ma fino ad ora non si era ancora scoperto in che modo la pianta creasse molecole antinfiammatorie, che stando ai ricercatori dell’Università di Guelph, sono 30 volte più potenti di una normale aspirina. Questo significa che utilizzandola si potrebbe creare un trattamento di derivazione naturale per trattare i dolori, che non solo risulterebbe molto efficace, ma non comporterebbe il rischio di dipendenza da altri antidolorifici. Anche perché le molecole in questione, chiamate cannaflavina A e cannaflavina B, riescono a colpire l’infiammazione alla fonte e non sono psicoattive. Sebbene le prime ricerche su queste molecole, note come flavonoidi, risalgano al lontano 1985, quando si scoprì che avevano effetti antinfiammatori molto più efficaci dell’aspirina, a causa dell’illegalità della cannabis, per molto tempo fu difficile portare avanti ulteriori studi in libertà. Oggi però i ricercatori, complice la legalizzazione della sostanza in Canada e la ricerca avanzata sulla genomica, sono riusciti ad andare oltre, analizzando in uno studio pubblicato su Phytochemistry, come la cannabis sativa biosintetizza le molecole. Applicando tecniche avanzate di biochimica, sono riusciti a verificare quali geni di cannabis sono necessari per creare le cannaflavine A e B. Grazie a questa scoperta sarà più facile sviluppare farmaci naturali più potenti dell’aspirina, evitando il rischio della dipendenza, dovuto all’utilizzo di oppioidi. Fra l’altro questi farmaci a base di molecole funzionerebbero in modo diverso da questi ultimi perché anziché bloccare i recettori del dolore del cervello, ridurrebbero l’infiammazione colpendola alla fonte. L’unico problema è che le cannaflavine A e B sono presenti nella cannabis in minima quantità, ed è quindi necessario riuscire a produrle in quantità maggiori.

Laura Lupini

LA CANNABIS È EFFICACE NEL DOLORE MUSCOLO-SCHELETRICO CAUSATO DA FIBROMIALGIA Un nuovo studio scientifico rivela che la cannabis standardizzata di grado farmaceutico con un alto contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) è efficace nel trattamento del dolore muscolo-scheletrico causato dalla fibromialgia. E’ un lavoro sperimentale controllato contro placebo condotto su 3 diversi ceppi di cannabis forniti dalla società Bedrocan. In 4 diverse occasioni 20 pazienti con fibromialgia hanno ricevuto la varietà Bedrocan con 22 mg di THC, la varietà Bediol con 13 mg di THC e 18 mg di CBD, e Bedrolite con 18 mg di CBD o un placebo. I risultati dello studio dei ricercatori del Leiden University Medical Centre, pubblicati sulla rivista Pain, mostrano che le due varietà di cannabis contenenti THC hanno dato un aumento significativo della soglia del dolore rispetto al placebo. L’inalazione di CBD ha aumentato le concentrazioni plasmatiche di THC ma ha diminuito gli effetti analgesici indotti dal THC, indicando interazioni sinergiche farmacodinamiche ma farmacocineticamente antagonistiche di THC e CBD. Gli autori hanno scritto che questo “studio sperimentale mostra il comportamento complesso dei cannabinoidi inalati nei pazienti con dolore cronico con piccole risposte analgesiche dopo una singola inalazione.” Tjalling Erkelens, fondatore e CEO di Bedrocan, è particolarmente soddisfatto per i pazienti: “I pazienti hanno sperimentato un dolore significativamente inferiore rispetto al placebo ed è un risultato molto importante per coloro che soffrono di fibromialgia. Ora abbiamo le prove cliniche serie che i medici stanno chiedendo quando prescrivono i nostri prodotti e che le compagnie di assicurazione sanitaria vogliono avere per legittimare il rimborso”. Non in Italia, visto che ad oggi la fibromialgia, nonostante colpisca 2 milioni di persone, non è ancora una patologia riconosciuta. Nel febbraio del 2018 la Regione Emilia-Romagna era stata il primo ente pubblico a creare un ampio documento per la diagnosi ed il trattamento della patologia spiegando che: “Verso il futuro lo sguardo che il gruppo di lavoro vuole proporre con il documento è rivolto a promuovere e incentivare la ricerca, in particolare sui cannabinoidi e sulle interazioni con l’alimentazione; unico modo concreto per rispondere adeguatamente ai bisogni dei pazienti, contrastando l’estrema proliferazione di fantomatiche cure che danneggiano la salute e il portafoglio delle persone con fibromialgia”.

Laura Lupini

Clima: che cosa può fare per noi l'intelligenza artificiale? Dal monitoraggio alla progettazione: i sistemi di intelligenza artificiale possono essere un aiuto formidabile per elaborare le migliori strategie per fare fronte ai cambiamenti climatici. La scienza dà ormai per scontato che il pianeta si stia scaldando per colpa nostra e che sia necessario intervenire con tutti i mezzi per fermare il processo. Questo nonostante le opposizioni della politica, com'è dimostrato dalle posizioni critiche sui pericoli del riscaldamento globale, prese ufficialmente da alcuni Paesi produttori di petrolio durante la sessione intermedia dei negoziati sul clima che si è tenuta a Bonn alla fine di giugno. Un esempio per tutti: in quell'occasione l'Arabia Saudita ha bloccato la discussione sui rapporti climatici dell'IPCC chiesta invece da un gran numero di Paesi vulnerabili. Sul tema del cambiamento climatico si fanno però adesso sentire anche gli esperti di machine learning e di intelligenza artificiale. In un lungo e corposo documento gli autori prendono in esame i campi nei quali secondo loro è possibile utilizzare i sistemi di apprendimento automatico (il machine learning, ML), che con metodi che prevedono di dare in pasto a schiere di computer (che lavorano in parallelo) enormi flussi di dati coerenti, aiutano a identificare "pattern" (schemi) e modelli ripetuti. I PROBLEMI DEL CLIMA. I campi della ricerca e della progettazione in cui il machine learning può "dare una mano" vanno dai trasporti alla generazione e alla gestione di energia, dalle previsioni meteorologiche e climatiche ai processi industriali. Dopo l'analisi dei problemi, gli interventi possibili possono essere classificati in azioni ad alto guadagno (estremamente utili), a lungo termine oppure ad alto rischio, ossia quelli in cui domina l'incertezza - anche se potrebbero essere risolutivi. Sono ad alto guadagno, per esempio, le soluzioni che riguardano la generazione e le previsioni della domanda di elettricità, oppure, in un ambito differente, l'ottimizzazione delle rotte dei mezzi di trasporto. LE CITTÀ INTELLIGENTI. Computer opportunamente "addestrati" possono progettare edifici con una migliore impronta di carbonio, in modo da ridurre il consumo di risorse o di combustibili che generano gas serra, così come intere infrastrutture a bassa emissione. Ma i campi in cui gli esperti pensano che questi sistemi di calcolo possano aiutare a costruire un futuro a inferiori emissioni di carbonio spaziano dagli strumenti "individuali" (per esempio app per calcolare il costo o l'impatto del riscaldamento domestico o dell'impronta energetica personale) a quelli per la società intera (sotto forma di programmi che chiariscono l'esito di politiche energetiche future o forniscono strumenti per analizzare le tendenze dell'opinione pubblica a proposito del cambiamento climatico). Anche l'agricoltura e la gestione delle foreste avrebbero da guadagnarci dal contributo dall'intelligenza artificiale: l'agricoltura di precisione, per esempio, produce milioni di dati di monitoraggio, raccolti istante per istante - una enorme mole di informazioni in cui si nascondono schemi ricorrenti che possono essere facilmente isolati da sistemi di machine learnig, permettendo di intervenire meglio nella gestione delle risorse (per esempio irrigazione o interventi mirati sui parassiti).FUTURO PROSSIMO E LONTANO. Gli autori dello studio affrontano anche i temi dell'adattamento al riscaldamento globale (l'efficacia di comportamenti tesi a diminuire l'impatto del clima impazzito) e della mitigazione del fenomeno (valutazione delle soluzioni per l'abbattimento delle emissioni di composti del carbonio in atmosfera). I sistemi di machine learning possono insomma aiutare a interpretare i dati che arrivano ogni giorno, e a prevedere a lungo termine l'andamento del clima.

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