Laura Lupini
Cambiare è essenziale? Avere paura è normale? Sì, ma se c'è il desiderio di felicità la strada è in discesa A volte il nostro successo professionale, la nostra vita di coppia o il nostro benessere personale rimangono bloccati in un tunnel dal quale non riusciamo proprio a intravedere l'uscita. E il perché, quasi la totalità delle volte, sta nella nostra paura di affrontare un cambiamento. Rimanere incastrati in una relazione che non ci fa stare più bene, continuare a fare un lavoro che non ci rende felici, frequentare degli amici con cui non c'è più feeling... Suona familiare? Secondo gli psicologi, l'avversione verso il cambiamento (di qualunque genere) è molto comune. Chiamasi ignoto, e a tutti, o quasi, fa paura. "Sai quello che lasci, ma non sai quello che trovi". La difficoltà che riscontriamo nelle nostre scelte, da quelle semplici e quotidiane fino a quelle grandi che ti cambiano la vita, è principalmente dovuta al fatto che temiamo quello che non conosciamo. Non è affatto semplice lasciare andare quella paura. In realtà si tratta di un atteggiamento inconscio che risale ai primari istinti dell'essere umano: riconosciamo più sicuro ciò che abbiamo in qualche modo sperimentato, mentre quello che non si è mai provato ci rende insicuri ed instabili. Quando si è nei pressi di una scelta che potrebbe portare a un cambiamento, s'innesca il nostro innato "meccanismo di salvezza": se faccio quello che ho sempre fatto, tutto andrà bene, so come affrontarlo. Il secondo passo che facciamo è quello di non credere in noi stessi. "Non ce la posso fare da solo, è una cosa troppo grande per me". Guardare gli obiettivi finali spesso ci fa sentire piccoli e impotenti, ma la verità è che a volte quegli obiettivi diventano raggiungibili solo se lasciamo la nostra comfort zone e ci buttiamo a provare qualcosa di nuovo. Alla fine potrai almeno dire di averci provato. È sempre meglio fallire dopo averci provato che rimpiangere di non aver mai tentato. Bisogna imparare ad accettare che tutti i cambiamenti della vita vanno affrontati un passo alla volta, senza fretta. Nel tempo saremo in grado di riconoscere tutta la consapevolezza che abbiamo acquisito lanciandoci in qualcosa che ci sembrava più grande di noi. Il cambiamento ci rende più forti e più sicuri di noi. Per non cadere nell'insicurezza, è bene non comparare mai noi stessi agli altri. E da ricordare sempre è che tutti gli esperti all'inizio erano principianti. Sii l'unico metro di paragone per te stessa, ce la puoi fare, e lo sai che è così. Sentirsi soli, come se nessun altro al mondo potesse capirci in quel momento così duro. Ci si sente bisognosi di essere rassicurati, abbracciati. Anzi, ci farebbe stare meglio che qualcun altro prendesse la decisione al posto nostro. Secondo gli psicologi è più che normale sentirsi in questo modo, si ritorna nuovamente agli atteggiamenti umani inconsci. Sentire il peso della responsabilità legato a una scelta ci fa sentire oppressi. Ma sappiamo bene, per esperienza vissuta, che una volta presa quella maledetta decisione, per quanta fatica ci sia costata, ci sentiremo sollevati. E soprattutto, meno soli. Alcuni psicologi consigliano di fare un piccolo auto test. Siediti in un posto tranquillo, chiudi gli occhi e prova a pensare intensamente alla faticosa decisione che devi prendere. Rifletti come ti senti, senza usare filtri perché sei sola con te stessa, nessuno ti sta ascoltando quindi nessuno ti giudica. Soprattutto ricorda che i pensieri non sono azioni, sei libera di pensare e pensare e pensare prima di decidere di agire, quindi non avere paura di pensare. Ora valuta le opzioni che hai e ascolta il tuo istinto reagire nei confronti di ciascuna. Ecco, seguilo quell'istinto.
Laura Lupini
Responsabilità e cambiamento: ecco la chiave della riuscita personale! L’infelicità trae origine dai nostri desideri insoddisfatti. Il nostro insaziabile ego, che è la nostra parte animale o istintuale, pretende questo e quello, del tutto incurante dei bisogni e dei desideri degli altri. L’io mette davanti a tutto la propria soddisfazione immediata, il proprio bene, i propri desideri e non si cura minimamente che anche gli altri desiderano il loro bene e hanno diritto ugualmente alla felicità. L’io pensa solo a se stesso, il che significa che è assolutamente irresponsabile, e proprio perché è irresponsabile ci procura un mare di guai quando lo assecondiamo troppo. Il contrario dell’irresponsabilità è ovviamente la responsabilità, il che ci dice subito che il cambiamento avviene assumendosi le proprie responsabilità e rimboccandosi le maniche! Senza cambiamento non c’è riuscita personale! Le più grandi soddisfazioni si hanno mettendo a tacere l’ego: quando si smette di volere questo e quello, quando si smette di pretendere che le cose vadano in un certo modo, quando non ci si aspetta nulla dagli altri, quando non si dipende dagli altri. L’io o ego è la causa di tutti i nostri problemi. Ciò non significa, però, che il nostro ego sia il nemico da combattere. L’io è anche la nostra personalità e perciò non va combattuto ma equilibrato ed armonizzato con il suo opposto: gli altri! E quindi, per equilibrare l’io, per farlo crescere, maturare ed evolvere, occorre moderare le sue insaziabili pretese, il che è possibile desiderando non soltanto il nostro bene, ma anche il bene degli altri, non soltanto la nostra felicità, ma anche la felicità degli altri. Ecco la scorciatoia sicura ed efficace per eliminare rapidamente i nostri difetti e correggere i nostri errori! Soltanto quando desideriamo sia il nostro bene che quello degli altri possiamo considerarci persone equilibrate. In questo caso cessano le tensioni, siamo sereni e pazienti e abbiamo una buona soglia di sopportazione del dolore. Imparare a sopportare il dolore è una acquisizione molto importante perché ci consente di minimizzare i fatti spiacevoli della vita, che sono sempre all’ordine del giorno, altrimenti restiamo eternamente lamentosi, insoddisfatti e stressati, ossia infantili, eccessivamente emotivi e immaturi. Purtroppo il grado di tolleranza del dolore dipende dal tipo di educazione ricevuta. Un bambino viziato sarà da adulto probabilmente creativo e intraprendente, ma si ritroverà una capacità di sopportazione della sofferenza o delle privazioni molto bassa e quindi, o avrà una forte tendenza al carpe diem incurante delle conseguenze delle proprie azioni, ritrovandosi perciò spesso nei guai, oppure diventerà rigido ed intollerante, in contrasto all’atteggiamento lassista dei genitori: in entrambi i casi sarà facile all’ira perché non sopporta di avere torto, ma vuole avere sempre ragione e averla sempre vinta come tutte le persone infantili e capricciose! Al contrario, un figlio castigato spesso diventerà quasi sicuramente timido, impacciato ed insicuro, e a volte ribelle ed insofferente al massimo. Il modo più saggio di fare il mestiere di genitore è colloquiare con i propri figli instaurando il rispetto reciproco, ma anche usare la carota quando occorre la carota ed il bastone quando ci vuole il bastone, ma sempre senza esagerare. Se si viziano i bambini, essi non si affezionano neanche, e da grandi saranno il tormento dei genitori. Quando il padre si arrabbia o perde le staffe – il che dovrebbe accadere raramente altrimenti i figli perdono la fiducia in se stessi e prendono eesi stessi l’abitudine ad arrabbiarsi a ogni contrarietà – la madre deve accogliere e consolare il bambino in modo che l’effetto complessivo del loro atteggiamento risulti educativo e non devastante. Amare i propri figli non significa coccolarli sempre e comunque, ma anche saper prendere decisioni difficili e imporre limiti e regole da rispettare; ma è chiaro che una madre non abbandonerà mai a se stessi i propri figli e farà sempre ogni tentativo per riportarli sulla
Laura Lupini