Laura Lupini

Green Economy: la coscienza pulita della mafia Figlia di Beppe Alfano, giornalista ucciso dalla mafia nel 1993 (indagini sui mandanti occulti aperte nel 2003 e ancora in corso), Sonia Alfano ricopre al Parlamento europeo la carica di presidente della Commissione CRIM sul crimine organizzato, la corruzione e il riciclaggio di denaro. E proprio al suo impegno si deve l’arrivo dell’antimafia al centro del dibattito politico europeo e l’istituzione della CRIM. Il suo lavoro a Strasburgo si è concentrato su giustizia, sicurezza, diritti umani, immigrazione e tanto altro. A lei ho chiesto quali rischi corre e potrà correre il “giovane settore della green economy” e quali le strade da percorrere per combattere la criminalità organizzata in questo settore. Lucia Navone. Secondo l’Europol, l’agenzia investigativa europea, tutte le mafie prestano e hanno prestato grande attenzione al settore delle energie pulite perché consentono loro di “riciclare” denaro in attività particolarmente redditizie. Una nuova forma di energia in cui l’Unione europea crede fermamente come dimostra il nuovo piano, oggi in discussione, sugli obiettivi al 2030. L’Italia, lo sappiamo, si è contraddistinta per alcuni fenomeni di corruzione. Qual è il suo punto di vista e come è possibile arginare il fenomeno? Sonia Alfano. Naturalmente il settore delle energie è uno dei più appetitosi per le organizzazioni criminali, che investendo nella green economy riescono a ripulire i capitali illecitamente accumulati e al tempo stesso a fagocitare fiumi di denaro pubblico. Non bisogna tuttavia dimenticare che in questo grande “gioco”, insieme alle mafie, agiscono i manager delle aziende, faccendieri, amministratori locali e tecnici senza scrupoli che tutti insieme concorrono a creare un’associazione collaudata e finalizzata a pratiche di corruzione, frode ed evasione fiscale attiva da Nord a Sud in tutto il territorio nazionale e transnazionale. La risoluzione elaborata dalla Commissione CRIM (da me presieduta) e approvata dal Parlamento europeo il 23 ottobre scorso, raccomanda una particolare attenzione anche in tema di appalti pubblici al fine di garantirne trasparenza e legalità. Bisogna fare prevenzione, non soltanto reprimere le infiltrazioni criminali. Lucia Navone. Il procuratore antimafia Roberti ha recentemente lanciato l’allarme sulla green energy e su come le cosche si siano introdotte in questo settore, in particolare sul tema dei rifiuti, che potrebbero essere “impropriamente” spacciati per biomasse. Quali sono i rischi, secondo il suo parere? Sonia Alfano. Condivido la preoccupazione espressa dal procuratore: l’aggressione alla green economy rappresenta l’ultima frontiera per il crimine organizzato e sarebbe un errore pensare ad un problema tutto italiano, in quanto il fenomeno ha assunto ormai proporzioni transnazionali. Recenti indagini informano addirittura di una sorta di joint-venture italo-cinese. Il problema per tanto tempo è stata la mitezza delle pene previste per questo tipo di reati che rendeva il business molto più appetibile rispetto al traffico di cocaina. Basti pensare che fino al 2001 la pena per il reato era di tipo contravvenzionale, non era possibile utilizzare lo strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche, non era possibile avvalersi dell’ausilio di Interpol o contestare il reato di tipo associativo. Per fortuna gli interventi normativi operati hanno migliorato la situazione. Ma il livello d’attenzione deve essere massimo. Lucia Navone. Dall’Europa stanno arrivando nuovi finanziamenti dedicati all’efficienza energetica e il rischio di corruzione è molto alto. A fermare le cosche sarà la poca redditività dei progetti oppure, trattandosi di settore strategico legato all’edilizia, sono già all’opera?

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Laura Lupini

Trivelle off-shore: la sicurezza e la tutela ambientale Le attività di perforazione in mare aperto ebbero inizio alla fine degli anni Trenta del Novecento nel golfo del Messico. A partire dagli anni Cinquanta vennero installati i primi impianti offshore di concezione moderna che ebbero un vero e proprio boom nei Settanta. Negli anni Ottanta si sono sviluppate tecnologie per l’estrazione in acque moderatamente profonde, mentre negli anni Novanta l’attenzione si è spostata sui giacimenti di idrocarburi nei mari più profondi. Nell’ambito della sicurezza e della tutela ambientale per il settore petrolifero, la politica dell’Unione Europea ha come obiettivo principale quello di ridurre il verificarsi di incidenti gravi legati alle attività offshore nel settore degli idrocarburi e di limitarne le conseguenze, aumentando così la protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento e migliorando i meccanismi di risposta in caso d’incidente. Normativa comunitaria delle operazioni off-shore Come conseguenza al disastro ecologico del Golfo del Messico avvenuto nel 2010, la Commissione Europea ha avviato una approfondita analisi delle norme attuali ai fini di fornire una risposta efficace alle emergenze in caso di incidenti nelle acque europee a causa dell’estrazione di olio e gas in mare aperto, e di garantire la sicurezza relativa all’attività di prospezione, ricerca e produzione nel settore idrocarburi in aree di offshore. La direttiva 2013/30/UE stabilisce i requisiti minimi per prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitare le conseguenze di tali incidenti, aumentando così la protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento, rafforzando al contempo i meccanismi di risposta alle emergenze, anche a livello transfrontaliero. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento Italiano con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 145 «Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE». Normativa di VIA nazionale per le attività di prospezione e ricerca di idrocarburi in mare Con prospezione si intende l’”attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (ai sensi dell’art. 2 lett. b del D.M. MISE 25 marzo 2015), mentre con ricerca di idrocarburi si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99” (ai sensi dell’art. 2 lett. c del D.M. MISE 25 marzo 2015). Il permesso di prospezione è un titolo non esclusivo della durata di un anno, il permesso di ricerca è un titolo esclusivo della durata di sei anni, rinnovabile. Il permesso di ricerca comprende “l’’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche”. Il Decreto Legislativo 152/2006 prevede le seguenti ulteriori restrizioni alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema marino, ai sensi dell’art.6, comma 17, da ultimo modificato dalla Legge 28 dicembre 2015 n. 221 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali

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Laura Lupini

Professioni verdi: il motore pulito che fa crescere l’Italia Green economy: il concetto, da meravigliosa utopia allevata in grembo alla spensieratezza degli anni ’90 si è trasformato in realtà concreta. Un business virtuoso che in Italia oggi vale 102 miliardi e garantisce 3 milioni di posti di lavoro, con 372mila imprese che ne hanno fatto una vera e propria ricetta anti-crisi puntando su tecnologie a basso impatto ambientale. I numeri qui citati affiorano da GreenItaly 2015, il sesto rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai, capace di misurare e pesare la forza della “green economy” a livello nazionale, dimostrando come la sostenibilità sia ormai un fattore chiave dell’innovazione per tutti i settori dell’economia italiana. Il 24,5% del totale delle aziende italiane dei settori industria e servizi dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di anidride carbonica. Un orientamento verde che si consolida anno dopo anno, confermandosi fattore strategico nel nostro paese: alla green economy “made in Italy” si devono oltre 102 miliardi di valore aggiunto, pari al 10,3% dell’economia nazionale, e 2,9 milioni di “green jobs”, ovverosia occupati che applicano competenze verdi nel loro impiego. Una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale (destinata a salire ulteriormente entro dicembre). Sono 294mila le assunzioni legate a competenze green previste nel complesso nel 2015 (il 59% della domanda di lavoro). Dati che forniscono un’istantanea importante in vista dell’importante vertice ONU sul clima che a dicembre riunirà il mondo a Parigi, come spiega il presidente della Presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci (tra le altre cose anche presidente di Fondazione Symbola): “La vocazione italiana alla qualità si esprime in una tensione al futuro che ha avuto proprio nella green economy uno strumento formidabile per migliorare i processi produttivi, realizzare prodotti migliori, più belli, apprezzati e responsabili. Puntando sul green non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha aperto la via dell’economia circolare. Un nuovo modello di sviluppo che somiglia molto a quell’economia a misura d’uomo, che rifiuta lo scarto, attenta alla custodia della casa comune di cui parla Papa Francesco”. Nel frattempo, a circa un anno dalla sua approvazione alla Camera dei Deputati il Collegato Ambientale è stato approvato al Senato grazie all’impegno determinante del Pd e in particolare del capogruppo in Commissione Ambiente, Massimo Caleo, e del relatore, Stefano Vaccari. “Rispetto al testo della Camera – afferma proprio Ermete Realacci – che già era stato molto rafforzato con importanti misure in favore dell’ambiente e della green economy, al Senato ci sono state ulteriori positive integrazioni in vari campi. Fatta una rapida verifica del testo definitivo, penso ci siano tutte le condizioni perché la Camera lo approvi celermente e senza alcuna modifica per renderlo operativo”. Tra i temi toccati all’interno del Collegato “verde” si allineano: mobilità sostenibile, green economy, rifiuti, agricoltura, economia circolare, rischio idrogeologico, bonifiche e energia pulita.

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