Laura Lupini

Frasi sull’esistenza di Aleksandr Puškin Molte delle frasi sull’esistenza di Aleksandr Puškin sono estratte dalle sue poesie e dalle parole pronunciate dai personaggi dei suoi romanzi. Sono tutte molto belle, profonde e particolari. Il padre della letteratura moderna russa ha avuto un’esistenza turbolenta. Sia per il suo modo particolare di vedere il mondo sia per lo spirito ribelle che lo ha contraddistinto da sempre. Per gran parte della sua vita si interessò alla politica, più per etica che per la brama di potere. “Le persone sono molto simili alla loro prima madre Eva: quello che viene loro dato non è gradito. Il serpente li persuade ad andare con lui, verso l’albero della vita. Vogliono avere il frutto proibito, o il paradiso non sarà per loro il paradiso.” -Aleksandr Puškin- Questo grande poeta russo subì diverse persecuzioni e visse molti anni in esilio. Per quasi tutta la sua esistenza non conobbe la tranquillità. Morì all’età di 37 anni in un duello assurdo, ma le sue frasi sull’esistenza sono ricordate ancora dopo molti secoli. Eccovene alcune. Frasi sull’esistenza e la sofferenza di Aleksandr Pushkin La prima produzione letteraria di questo poeta ha avuto una notevole influenza sul romanticismo. Una delle frasi di Aleksandr Puškin recita: “L’impeto del cuore, affascinante inganno, ci fa soffrire molto presto”. Questa frase riflette lo spirito drammatico che ha caratterizzato gli scrittori romantici della sua epoca. Un’altra citazione dell’autore russo riflette il sentimento malinconico e idealista tipico del XVIII secolo. “Meglio rimanere qui e aspettare, forse la tempesta si calmerà e il cielo rischiarirà, poi potremo trovare la nostra strada attraverso le stelle”. L’estraneo e lo sconosciuto Puškin fu esiliato perché faceva parte di un gruppo politico segreto che era contro la monarchia e perché aveva pubblicato alcuni versi che le autorità consideravano sovversivi. In seguito, anche perché in una lettera personale si dichiarò ateo. Per tutti questi motivi, molte delle frasi sull’esistenza di Puškin sono impregnate della sensazione di sentirsi lontani, di appartenere a una realtà che non si sente propria. Una volta affermò: “Amaro è il sapore del pane degli altri, dice Dante, e pesanti gli scalini di una casa straniera”. Ogni cosa ha il suo tempo Uno dei temi ricorrenti nelle citazioni di Aleksandr Puškin è la giovinezza. Forse perché percepiva che i suoi anni giovanili stavano passando in fretta a causa di tutte le sue vicissitudini o forse perché vedeva in questa fase della vita il meglio che l’anima umana poteva offrire. In molti dei suoi lavori si rivolge direttamente ai giovani. Una delle frasi più conosciute dice: “Anticipando la voce della natura non facciamo altro che danneggiare la nostra felicità, e l’ardente gioventù vola via rincorrendola”. La realtà non sempre è la cosa migliore Sebbene le ultime opere di Puškin avessero un tono più realistico, il poeta non abbandonò mai l’idealismo che lo caratterizzava. Di questo ne era consapevole, come possiamo vedere nella frase: “Un’illusione ci eleva più in alto di una moltitudine di basse verità”. Significa che è meglio avere un grande sogno che ci fa crescere rispetto a molte piccole realtà che ci fanno rimanere nella mediocrità. In un’altra frase esprime più intensamente il suo punto di vista: “Per me, più cara di tante piccole verità, è l’illusione che esalta”. Qui, esprime chiaramente che preferisce il sogno dell’illusorio alla veglia dell’ordinario. I luoghi comuni della moralità nelle frasi sull’esistenza di Aleksandr Puškin Il tema della moralità è presente nell’intera opera di Puškin. In particolare, egli criticava la falsità della vita di corte, i costumi del suo tempo e le profonde ingiustizie che il suo popolo subiva. Per questi motivi, dedicò molte riflessioni a questi problemi.

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L’eredità emotiva dei nostri antenati L’eredità emotiva è determinante, intransigente ed impositiva. A volte commettiamo l’errore di credere che la nostra storia inizia quando piangiamo per la prima volta alla nascita. Pensarla così è sbagliato perché, proprio come siamo il frutto dell’unione di un ovulo e di uno spermatozoo, siamo anche il frutto dei desideri, della fantasia, delle paure e di un infinità di emozioni e di percezioni che si mescolano per creare una nuova vita. Al giorno d’oggi, sentiamo spesso parlare del “romanzo familiare”. Nel momento in cui una persona nasce, inizia a scrivere una storia con le proprie azioni. Se osservassimo le storie di ognuno dei membri della nostra famiglia, troveremmo delle coincidenze fondamentali e degli schemi comuni. Sembra quasi che ogni familiare sia il capitolo di un romanzo più lungo scritto attraverso le generazioni. “La verità senza amore ferisce. La verità con amore guarisce”. -Anonimo- Queste circostanze sono state ritratte con maestria nel romanzo Cent’anni di solitudine dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez, che ci mostra come, tra le diverse generazioni, si ripetono le stesse paure, fino a divenire realtà ed estinguere un’intera stirpe. Ciò che più spesso ereditiamo dai nostri antenati, infatti, sono gli incubi, i traumi e le esperienze non ancora processatei. L’eredità che attraversa le generazioni Il processo di trasmissione intergenerazionale avviene nell’inconscio. Di solito si tratta di situazioni misteriose e confuse, fonte di vergogna o paura. I discendenti di qualcuno che ha sofferto un trauma non affrontato portano sulle proprie spalle il peso di questo fardello. Sentono o intuiscono la presenza di quel “qualcosa di strano” che gravita intorno a loro come un peso che non sanno definire. Una bisnonna che ha sofferto abusi sessuali, per esempio, può trasmettere gli effetti di questo trauma, ma non i fatti accaduti. È probabile che l’eco di un certo rifiuto verso la sessualità, di una diffidenza viscerale verso l’altro sesso, o di una sensazione di sconforto indefinito, finisca per raggiungere anche i suoi figli, i suoi nipoti e i suoi bisnipoti. Quell’eredità emotiva può manifestarsi anche sotto forma di malattia. La psicoanalista francese Françoise Doltoaffermava che “ciò che la prima generazione tace, la seconda lo porta in corpo”. Proprio come è stata riconosciuta l’esistenza di un “inconscio collettivo”, esiste anche un “inconscio familiare”. È dentro questo inconscio che risiedono tutte le esperienze silenziose che, in un modo o nell’altro, sono state messe a tacere perché rappresentavano un tabù: suicidi, aborti, malattie mentali, omicidi, rovine, abusi, ecc. Il trauma tende a ripetersi nella generazione seguente, fino a trovare un modo di diventare cosciente e di essere risolto. I malori fisici ed emotivi che sembrano non avere una spiegazione possono essere un “campanello d’allarme” che ci spinge a tirar fuori dall’inconscio alcuni segreti o quelle verità messe a tacere che probabilmente non appartengono alla nostra vita, ma a quella di uno dei nostri antenati. La strada per comprendere l’eredità emotiva È normale che, di fronte alle esperienze traumatiche, le persone reagiscano cercando di dimenticare l’accaduto. È probabile che il ricordo sia troppo doloroso e, quindi, pensano di non essere in grado di affrontarlo o di condividerlo. In altri casi, i fatti sono compromettenti per la loro dignità, come per gli abusi sessuali, ed è per questo che, anche se le vittime sono loro, se ne vergognano o, semplicemente, vogliono evitare il giudizio degli altri e quindi seppelliscono l’avvenimento e pensano sia meglio non parlarne mai più.

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