IL LIBRO ROSSO DI JUNG
Founder President
Luci e ombre in alcuni personaggi del Libro Rosso In tutto il Libro Rosso, il filo unitario sotteso è la ricerca dell’integrazione tra opposti, le cui immagini acquistano spesso una valenza archetipica o mitica. Le loro caratteristiche contrarie, celesti o ctonie, per Jung sono entrambe necessarie poiché la loro tensione ci mette di fronte alla possibilità di comprendere che esistono realtà altre rispetto al nostro punto vista. Accettare l’Altro in noi comporta una deflazione dell'Io e delle sue certezze, nonché la creazione di una zona liminare nella quale ogni nostro atteggiamento e il suo contrario corrispondente nell’Altro, si dovranno fronteggiare. Ferdinando Testa, nel suo ultimo lavoro sul Libro Rosso, spiega: ”Amare la propria Ombra, non vuol dire identificarsi con essa e diventarne schiavo, ma avere un confronto serrato in cui la coscienza, dialoghi, senza restarne prigioniera fino ad esserne inflazionata” . Studioso di mitologia e di storia delle religioni, oltre che psichiatra e psicologo analitico, Jung conosce la potente forza catartica della tragedia greca. Il Libro Rosso diventa perciò un teatro in cui si esibiscono personaggi immaginari dai nomi mitologici o biblici, figure dalla spiccata personalità, che appaiono come reali. L’Io non è più solo di fronte alla sofferenza che lo travolge, ma mette in moto altre risorse ed energie, che potranno consentirgli di risollevarsi. Egli mangia l’ombra, come dice Jung, cioè libera energie per una crescita che non conosce traguardi definitivi. Le personificazioni junghiane sono figure spesso duplici, allegorie di qualità opposte, indicative di passaggi di trasformazione, di riappropriazione di sé stessi. Perciò Jung ammonisce sé stesso, dicendo: “La via della vita è trasformazione non esclusione” . E ancora: “Per continuare a vivere tu hai bisogno di essere intero” . L’interezza dunque è la condizione necessaria per non restare vittime dei conflitti presenti nell’animo. Nell’incontro con Izdubar, l’Io con la sua visione scientifica del mondo, ‘avvelena’ e paralizza il gigante che si illudeva di trovare l’immortalità in Occidente, ed invece cade trafitto dalle parole del suo interlocutore, che uccide l’essere primordiale col suo preteso sapere scientifico. Lo pseudosapiente “moderno” è il verme dell’Ombra. Da qui deriva l'enantiodromia, la “fuga nell’opposto”, al centro di queste pagine del “Libro Secondo” che vedono l’Io dibattersi tra desiderio e pensiero, cuore e testa, sentimento e ragione, eros e logos. Con le sue parole avvelenate il “sapiente” occidentale trafigge il gigante, che rimane paralizzato e sta per morire. La sua salvezza può avvenire solo ricorrendo all' immaginazione. Izdubar, per guarire, dovrà essere ridotto ad un piccolo uovo da covare. Nel racconto è chiaro il simbolismo alchemico: per trasformarsi e rinascere, l’inconscio sofferente deve prima passare da una fase di “ombra-nigredo”, per poi superarla. Si riconosce pure in queste pagine la simbologia del Cristo che, facendosi uomo perituro, rinunzia alla sua origine divina e alla sua onnipotenza per morire e rinascere. Izdubar a un certo punto aveva dovuto incontrare la scienza d’Occidente, ma questa aveva spento la sua ingenua fantasia e la spiritualità; il suo sentimento risultava compresso, frustrato in una realtà estranea. Ma tramite la genialità immaginaria, la riduzione del gigante divino a mito, da parte dell’uomo di scienza occidentale,c’è stato comunque un compromesso che ha consentito un confronto, un travaso di energie, dall’uno all’altro, grazie alla fiamma che alta divampa la via di mezzo, che corre luminosa tra l’umano e il divino . E’ nel capitolo VII del Libro Primo che Jung si scontra con l’Ombra dell’eroe germanico Sigfrido che lo uccide. Aveva avuto una visione terrificante: la testa insanguinata di Sigfrido, trascinata dalla corrente. La morte dell’eroe, comporta una grande crisi, ma l’assassino consente l’emersione dello spirito del
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"È la ricerca interiore che porta alla Gemma del nostro Sé, la ricerca del Graal quale simbolo della Conoscenza, della Sapienza, della Parola Perduta, cioè della perfetta Realizzazione. Il mistero del Graal è mistero in senso proprio, ovvero "iniziatico" e simbolizza la fatica dell’uomo di ricontattare in se stesso un Centro "superstorico", la sorgente dell’energia cosmica necessaria a rigenerare sul piano spirituale se stesso e l’umanità." (Carl Gustav Jung da "Psicologia e alchimia")
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