Roberto Galante

Founder Junior

A PROPOSITO DI ETERNIT L’Eternit e l’amianto Eternit è un marchio registrato di fibrocemento e il nome dell’azienda che lo produce, appartenente all’azienda belga Etex. L’Eternit è utilizzato in edilizia come materiale da copertura, nella forma di lastra piana o ondulata, o come coibentazione di tubature. Negli anni sessanta, ricerche mostrarono come la polvere di amianto, generata dall’usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, provoca asbestosi e una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico. Eternit e Fibronit continuarono tuttavia a produrre manufatti sino al 1986, con drammatiche conseguenze per la salute degli operai. A Casale Monferrato lo stabilimento disperdeva la polvere di amianto nell’ambiente circostante. Avendo la malattia un periodo di incubazione di circa 30 anni, coloro i quali risiedevano nelle zone intorno alla fabbrica negli anni ’80 corrono tutt’oggi rischi per la salute: ad esempio, tra il 2009 e il 2011 sono stati registrati 128 nuovi casi di persone ammalate. Nella provincia di Alessandria si contano circa 1.800 morti per esposizione ad amianto.

Roberto Galante

Founder Junior

Messaggio trovato in rete..... Ma questa gente non sà che molte persone ci hanno lasciato le penne a causa della diffusione, manipolazione di questi materiali? .....

Roberto Galante

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Solare termico, allo studio un nuovo liquido per usare d’inverno il calore accumulato d’estate Accumulare il calore prodotto con il sole durante l’estate per usarlo d’inverno in futuro sarà sempre più facile, anzi, teoricamente si potrà agevolmente stoccarlo anche per utilizzarlo a distanza di anni e, volendo, anche in un luogo diverso. Una strada interessante che si sta seguendo infatti è quella di immagazzinare l’energia nei legami tra gli atomi di molecole particolari. Su questo versante, un gruppo di ricercatori della Chalmers University of Technology, in Svezia, ha compiuto passi avanti importanti, presentati in quattro diverse pubblicazioni scientifiche uscite quest’anno. Circa un anno fa, il team di ricerca ha presentato una molecola in grado di immagazzinare energia solare. Composta da carbonio, idrogeno e azoto, ha la proprietà unica che quando viene colpita dalla luce del sole, si trasforma in un isomero ricco di energia, cioè in una molecola che consiste degli stessi atomi, ma legati insieme in un modo diverso. L’isomero studiato si presenta in forma liquida ed è adattato ad essere usato in un sistema solare termico, che i ricercatori hanno chiamato MOST (Molecular Solar Thermal Energy Storage). Nell’ultimo anno, la squadra della Chalmers University of Technology ha fatto grandi progressi nello sviluppo del MOST. “L’energia in questo isomero può essere conservata fino a 18 anni. E quando estraiamo l’energia per usarla, otteniamo un aumento di calore che è maggiore di quanto osassimo sperare “, spiega il coordinatore del gruppo di ricerca, Kasper Moth-Poulsen. Per controllare il rilascio dell’energia immagazzinata, i ricercatori hanno sviluppato un catalizzatore. Il catalizzatore agisce come un filtro attraverso il quale scorre il liquido, creando una reazione che riscalda il liquido di 63 gradi centigradi. Se il liquido ha una temperatura di 20 °C dopo essere passato dal il filtro, esce a 83 °C. Allo stesso tempo, la molecola torna alla sua configurazione originale, così che può essere riutilizzata nel sistema di storage termico. Grazie al lavoro fatto da Moth-Poulsen e colleghi, inoltre ora dal materiale si è eliminato il toluene, infiammabile e potenzialmente pericoloso. Il MOST funziona in modo circolare: il liquido cattura energia dal sole, tramite un collettore solare termico sul tetto di un edificio; il liquido viene conservato a temperatura ambiente, con perdite di energia minime e poi, quando l’energia è necessaria, può essere aspirata attraverso il catalizzatore in modo che il liquido si riscaldi restituendo l’energia per essere usato ad esempio negli impianti di riscaldamento domestico, dopo di che può essere rispedito sul tetto per raccogliere altro calore solare. Insomma la cosa è promettente, anche se resta per ora in laboratorio: il gruppo di ricerca punta a portare l’aumento di temperatura ottenibile ad almeno 110 °C e stima che la tecnologia possa essere commercializzata entro 10 anni. (font: www.QualEnergia.it)

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