Roberto Galante

Founder Junior

L’isolamento termico dei muri perimetrali con la tecnologia “a cappotto” è una soluzione in uso da molti anni che recentemente ha conosciuto un grande sviluppo per l’introduzione di severi limiti normativi. La necessità di ridurre i “consumi” delle abitazioni impone di progettare edifici nel rispetto di una reale efficienza energetica e di stabilire una “classificazione” energetica degli edifici secondo classi di merito identificative, ad es A, B, C,.... Gli edifici costruiti negli anni 60/70/80/90, privi di un efficace isolamento termico, presentano i maggiori consumi e sono identificati in classe F o G. Edifici in classe A o B sono a bassissimi consumi perché su di essi è stata posta grande attenzione a realizzare un eccellente isolamento termico di tutto l’involucro edilizio. Un edificio a basso consumo energetico rappresenta un sicuro investimento economico per il futuro. I criteri per definire la classe di merito di un edificio sono legati ai valori di trasmittanza termica delle strutture principali. Poiché a bassi valori di trasmittanza (buon isolamento) corrispondono bassi consumi, un isolamento a cappotto delle strutture verticali ben fatto sarà garanzia di un forte risparmio nei costi delle bollette di gas ed elettricità. Vi sono molti materiali termoisolanti. I più comunemente usati sono il polistirene espanso, la fibra di legno, il sughero, il poliuretano, la lana di roccia, la fibra di vetro. Qualunque sia il materiale, il suo potere isolante è legato al valore di una grandezza fisica chiamata “Conducibilità termica Lambda” (simbolo “λD” – unità di misura W/mK). Per un confronto tra diversi materiali isolanti basti sapere che a piccoli valori di Lambda corrisponde un elevato potere isolante. Ad esempio, un materiale con un valore di Lambda 0,035 isola più di un materiale con Lambda 0,040. Per isolare bene una abitazione conviene quindi scegliere materiali con valori di Lambda molto bassi. E per quanto riguarda il potere di traspirazione? Esiste un valore che identifica la proprietà traspirante di un materiale, la “Resistenza diffusione al vapore ” (simbolo “µ”). Analogamente alla conduttività termica, tanto più piccolo è questo valore, tanto più il materiale è traspirante, cioè si comporta idealmente come l’aria (alla quale corrisponde il valore µ =1). La lana di roccia è molto traspirante; anche una lastra di sughero traspira bene. Una lastra in polistirene espanso EPS100 ha una modesta traspirazione (mediamente µ =50). Una lastra in polistirene estruso o in poliuretano non è traspirante. La traspirazione di un materiale isolante è fondamentale per evitare fenomeni di muffa e condensa, oltre che per evitare un rapido degrado del sistema cappotto. Lo sfasamento termico Lo sfasamento termico è il tempo che impiega il picco di calore estivo (che si verifica nel primissimo pomeriggio) a passare attraverso una struttura e raggiungere l’interno dell’abitazione. L’idea che è alla base dell’utilizzo di materiali ad elevato sfasamento termico è che se il picco di calore giunge all’interno dell’abitazione dopo molte ore, idealmente verso sera, si possono aprire le finestre e sfruttare la più mite temperatura esterna per raffrescare l’ambiente. TIPOLOGIE DI CAPPOTTO Esistono due categorie principali di isolante a cappotto per edifici: Non traspirante: si tratta di materiali sintetici noti per il prezzo basso che li hanno resi molto diffusi nel mercato, hanno però la forte contro-indicazione di generare enormi problemi di condensa, muffa, umidità. Traspirante: possono essere materiali sintetici o naturali, ma hanno la caratteristica di mantenere la traspirabilità dell’edificio, garantendo comfort e salubrità degli edifici. Con le nanotecnologie si ottengono risultati che simili a quelli dei cappotti tradizionali traspiranti (come il sughero), ma si raggiungono con un diverso approccio. I termo-rivestimenti nano tecnologici sono a basso spessore, da 0,2 mm. a 8 mm., chiaramente più si sale con lo spessore migliori risultati si ottengono.

Roberto Galante

Founder Junior

Tempi moderni: ormai è obbligatorio avere tre lavori Oggi avere un solo lavoro non basta più. È ormai obbligatorio aver 3 lavori. Sembra assurdo in una terra come l’Italia (andiamo sul nazionale), dove è già difficile trovare 1 lavoro, doverne avere 3. Ma l’unica soluzione oggigiorno è 3. È il numero perfetto, anche i greci sostenevano che fosse il numero perfetto (parlo della antica Grecia non quella fallita di recente). Che tu sia un dipendente o un imprenditore ci son poche storie: 3 è il numero per te. “Fino a 30 anni fa la carriera lavorativa si maturava solitamente all’interno di una stessa azienda, se non addirittura nell’ambito di una stessa funzione, le aziende erano molto più limitate rispetto a quelle di oggi, la loro complessità minima e le funzioni aziendali erano minori, stabili, ed inserite in un contesto di sistema ‘garantista’. Fare carriera era come salire su una scale mobile con un percorso già disegnato e predefinito nei suoi principali step”. Piaccia o meno il mondo è cambiato e con esso le aziende. Giusto per non essere troppo generalisti ho pensato di circoscrivere l’analisi al mondo occidentale e, nel possibile, all’Italia. Cerchiamo di capire veramente quali sono questi 3 lavori giusto per comprendere come ci si può muovere. Primo lavoro? Lo stipendio a fine mese Il primo tipo di lavoro è quello che conosciamo tutti: si concede tempo e capacità mentali e in cambio si ricevono soldi. Il normale lavoro che inizi e dove fai carriera. Nulla di complesso (salvo trovarlo e tenerselo, eventualmente). Senza entrare nel merito della tipologia di contratto che si possiede o il livello di anzianità è quello che gli inglesi chiamano bread’n’butter (pane e burro). Quello che ti dà sostentamento e, auspicabilmente, ti permetterà di andare in pensione. Non è un segreto per nessuno che questa tipologia di lavoro nel tempo è mutata e quello che era il “tempo indeterminato” è divenuto quasi un’eccezione più che la norma (salvo nel settore pubblico). Tra soluzioni a tempo determinato e consulenze mascherate (partite Iva che lavorano come dipendenti), etc… le cose sono cambiate molto. Ciò nonostante questa è una delle 3 gambe del mondo del percorso professionale che ognuno di noi deve (se vuole, si intende) utilizzare. Quando parliamo di contratto a tempo indeterminato è una storia italiana che non esiste più, non prendiamoci in giro, non esiste nessun lavoro a tempo indeterminato: lo è nella misura in cui la società per cui si lavora è competitiva, quando non è più competitiva il mio contratto non vale più nulla e mi mandano a casa. Questa è la nuova normalità, creata da due fattori: dirompente innovazione tecnologica e i relativi effetti sul commercio (digitale). Con questi due aspetti ci si dovrà sempre confrontare, in ogni momento della nostra esperienza lavorativa. La diretta conseguenza è che si deve sempre imparare, e aver paura di muoversi è mortale per una carriera (in gergo la famosa comfort zone). In una società in grande evoluzione, come quella occidentale, il sistema è molto competitivo. La consolidata abitudine di concentrarsi su una singola attività/lavoro è estremamente pericolosa. Per fare un paragone è come se, in ambito finanziario, si investissero tutti i propri soldi in una singola azione. La regola d’oro, quando s’investe in finanza, è la diversificazione.” scritto da Enrico Verga il 08 Agosto 2019

Roberto Galante

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Buona serata.... Ph. Eric Lauzon

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