Roberto Galante

Founder Junior

Ha inventato la lampadina che dura tutta la vita, non la riesce a produrre per problemi economici, riceve minacce e nessuna azienda vuole commercializzarla... Era il 2013 quando l’ingegnere spagnolo Benito Muros lanciò la “lampadina eterna”, che avrebbe avuto la peculiarità di durare per sempre con un consumo irrisorio di energia elettrica. Un’intuizione che risale ancora indietro nel tempo, a quando Muros, in visita negli USA, venne a conoscenza della storia di una lampadina che brilla ininterrottamente dal 1901 in una caserma dei pompieri a Livermore, in California. Un’idea che però ancora oggi gli costa caro, da allora, infatti, Muros non ha vita facile, non riesce a metterla in produzione per mancanza di mezzi economici e, soprattutto, a causa degli ostacoli che gli porrebbero le multinazionali. Che fastidio darebbe una “lampadina eterna”? Facile a comprenderlo. L’uomo, impiegato presso l’OEP Electrics come responsabile di un programma appositamente ideato per combattere l’obsolescenza programmata, potrebbe creare qualcosa che al massimo andrebbe riparato, arrecando non poche grane al giro milionario dei prodotti di origine elettrica o elettronica. Un motivo che sarebbe bastato anche a inviargli serie minacce di morte... Oggi con la sua invenzione, Muros avrebbe posto di nuovo fine a questo consumo continuo e ininterrotto, ideando un tipo di lampadina che potrebbe anche arrivare a risparmiare dal 70% al 95% dell’energia normalmente utilizzata da una lampadina. Inoltre, avrebbe la caratteristica di non scottare al tatto e di non bruciarsi se sottoposta a ripetute accensioni. “Nessun distributore o intermediario li desidera. Ma il mio obiettivo non è quello di vendere, ma di richiamare l’attenzione sulla necessità di cambiare l’attuale modello economico, basato su crescita e spreco permanenti, e comprare, lanciare, comprare”. Di fatto, Benito Muros, con questa sua invenzione non ha fatto altro che sfidare le leggi imposte dalle grandi multinazionali. www.greenme.it

Roberto Galante

Founder Junior

La torre che filtra l'aria inquinata e crea ossigeno.... Citta' del Messico conta circa 9 milioni di abitanti, che devono fare i conti con una qualità dell'aria non certo salutare. Se a questo aggiungiamo leggi anti-emissioni piuttosto obsolete e i molti veicoli di vecchia generazione che circolano, non è difficile immaginare quale situazione si viva nella capitale messicana. Per ripulire l' aria è nata una start up con un' idea alquanto innovativa: creare una torre con filtri a microalghe che assorbono l'aria sporca e ne generano altra pulita e pura. Attraverso la fotosintesi, infatti, le alghe trasformano l'anidride carbonica (CO2) in ossigeno ed espellono la biomassa, utilizzata poi come compost, utile per produrre biocarburante. Le torri, chiamate BioUrban, monitorano costantemente l'aria della zona dove sono installate, attraverso appositi sensori che si alimentano tramite energia solare. A seconda dei modelli, possono essere poste in interni, esterni o addirittura in contesti industriali. In sostanza, la funzione di queste torri è quella che, in natura, è riservata agli alberi. Le piante, infatti, assorbono e filtrano l'aria, generando ossigeno. Le BioUrban sono davvero ispirate alla natura, e possono arrivare a filtrare la stessa aria che filtrano ben 360 alberi, fornendo ossigeno necessario per la respirazione giornaliera di 2890 persone.

Roberto Galante

Founder Junior

Basterebbe spostare il 10% dei sussidi dalle fonti fossili alle rinnovabili per svoltare sul clima. Uno scambio di sovvenzioni, ovvero gli stessi soldi spesi per fare altro. E’ ciò che potrebbe portarci verso un Pianeta meno caldo e risolvere, in parte, il problema del cambiamento climatico a cui siamo di fronte. Nel 2018 il 70 per cento dell’energia, nonostante gli allarmi, è stata ottenuta con fonti fossili. Se invece anche solo il 10 per cento di quanto viene dato a una energia che ormai ha mostrato tutta la sua valenza negativa venisse concesso alle rinnovabili, si potrebbe sperare di girare la boa e andare verso un futuro migliore. Se poi si passasse al 30 per cento, le emissioni verrebbero ridotte tra l’11 e il 18 per cento. Non si tratta di una rivoluzione: la tendenza è già in atto. Nel 2014 gli impianti rinnovabili hanno superato in potenza quelli tradizionali installati durante il corso dell’anno. India, Indonesia, Zambia e Marocco hanno già cambiato corso. In India i sussidi sono stati tagliati del 75 per cento dal 2014, per supportare le industrie eoliche e fotovoltaiche. Quasi ovunque nel mondo le rinnovabili sono ormai diventate quasi competitive e nessuno mette più in dubbio che possano sostituire del tutto quelle vecchie. Ma l’aggiunta di risorse permetterebbe di passare dalla lenta crescita che le contraddistingue a un istantaneo incremento di competitività, che le porterebbe a uscire dalla marginalità. E’ l’urgenza di cui ora avremmo bisogno e di cui parlano i movimenti ambientalisti. I sussidi rappresentano una barriera nei confronti della transizione verso un energia meno tossica, anche se alcuni vengono concessi proprio per ridurre le emissioni, anche se in realtà finanziano soprattutto trivellazioni, nuovi impianti, creazione di gas. Ovviamente non concedere più i sussidi porterebbe a dei problemi: i prezzi della benzina si alzerebbero, con evidente malcontento della popolazione, e si creerebbero notevoli difficoltà politiche. Forse è arrivato il momento di riconsiderare l’apparente risparmio che permette di utilizzare il petrolio, solo perché non vengono calcolate le spese per i disastri ambientali che sono la diretta conseguenza. E pretendere un cambio di rotta.

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