Che l’America sia di nuovo America (1936)
Che l’America sia di nuovo America.
Che torni a essere il sogno che era.
Che sia il pioniere nella prateria
Che cerca una casa dove essere libero.
(L’America non è mai stata America per me.)
Che l’America sia il sogno che i sognatori hanno sognato –
Che sia quella grande forte terra d’amore
Dove mai re o tiranni complottino
E nessun uomo sia schiacchiato da chi lo sovrasta.
(Non è mai stata America per me.)
Che la mia terra sia una terra dove la Libertà
Non è incoronata da una ghirlanda di falso patriottismo
Ma dove l’opportunità è reale, e la vita è libera,
E l’eguaglianza è nell’aria che si respira.
(Non c’è mai stata eguaglianza per me,
Né libertà in questa “patria dei liberi”)
Dimmi, chi sei tu che si lamenta nel buio?
E chi sei tu che stende un velo sulle stelle?
Io sono il bianco povero, ingannato e messo da parte,
Sono il Negro che porta le cicatrici della schiavitù.
Sono l’uomo rosso cacciato dalla sua terra,
Sono l’emigrante aggrappato alla speranza –
Che trova solo lo stesso vecchio stupido gioco
Di cane mangia cane, del potente che schiacchia il debole.
Io sono il giovanotto, pieno di forza e speranza,
Imbrigliato nell’antica infinita catena
del profitto, del potere, del guadagno, di – ruba la terra!
Prendi l’oro! Afferra i mezzi per soddisfare il bisogno!
Sfrutta gli uomini! Prendi la paga!
Impadronisciti di tutto solo per avidità!
Io sono l’agricoltore, il custode della terra.
Sono l’operaio venduto alla macchina.
Sono il Negro, servo di tutti voi.
Sono il popolo, umile, affamato, miserabile –
Affamato ancora oggi malgrado il sogno.
Sconfitto ancora oggi – O, Pionieri!
Sono l’uomo che non ce l’ha mai fatta,
Il lavoratore più povero da sempre barattato come merce.
Eppure io sono quello che ha sognato il sogno
Mentre era servo di re nel Vecchio Mondo,
Che ha sognato un sogno così forte, coraggioso, vero,
Che la sua potente audacia continua a cantare
In ogni pietra e mattone, in ogni solco tracciato
Che ha fatto dell’America la terra che è.
O, sono l’uomo che ha attraversato per primo i mari
In cerca di quella che volevo fosse la mia casa –
Perché sono quello che ha lasciato le coste della cupa Irlanda,
Le pianure della Polonia, i prati erbosi dell’Inghilterra,
E strappato dalle spiagge dell’Africa Nera sono venuto
A costruire una “patria dei liberi”.
I liberi?
Chi ha detto liberi? Non io?
Certo con io? E i milioni di poveri oggi?
I milioni aggrediti quando scioperiamo?
I milioni che per salario non abbiamo niente?
Per tutti i sogni che abbiamo sognato
E tutte le canzoni che abbiamo cantato
E tutte le speranze che abbiamo coltivato
E tutte le bandiere che abbiamo sventolato,
I milioni che per salario non abbiamo niente –
Eccetto il sogno che oggi è quasi morto.
O, che l’America sia di nuovo America –
La terra che ancora non è mai stata –
E che pure deve essere – la terra dove ogni uomo è libero.
La terra che è mia – dei poveri, gli Indiani, i Negri, me –
Di noi che abbiamo fatto l’America,
Il cui sudore e sangue, la cui fede e pena,
La cui mano alla fucina, il cui aratro sotto la pioggia,
Devono riportare in vita il nostro sogno così grande.
Va bene, chiamateni ogni nome insultante che volete –
L’acciaio della libertà non si macchia facilmente.
Da coloro che vivono come sanguisughe della vita del popolo,
Dobbiamo riprenderci indietro la nostra terra,
America!
O, sì,
Lo dico chiaro,
L’America non è mai stata America per me,
E tuttavia giuro questo giuramento –
L’America lo sarà!
Dal completo disastro della nostra morte per mano criminale,
Dallo stupro e il marcio della corruzione, e l’inganno, e le menzogne,
Noi, il popolo, dobbiamo riscattare
La terra, le miniere, le fabbriche, i fiumi.
Le montagne e le pianure sconfinate –
Tutto, tutta la distesa di questi splendidi verdi stati –
E fare l’America di nuovo
( Langstone Hughes)