MOMENTO CURIOSITÀ - KATANA
Come si costruisce una katana, la spada giapponese
L'arte della forgiatura della famosa spada ricurva dei samurai.
Con l’arco, la spada era l’arma di uso esclusivo dei samurai. Le lunga katana (in alto) e la corta wakizashi (al centro) venivano portate al fianco, mentre il pugnale tantō (in basso), lungo fino a 30 cm, si portava sulla schiena. |
La katana, la spada ricurva del samurai del quale si dice simboleggi l’anima, è realizzata con estrema perizia. A partire dalla materia prima: diversi strati di tamahagane, uno speciale acciaio giapponese fuso in una fornace di argilla, sono scaldati, percossi e ripiegati più volte per eliminare ogni impurità. Le due anime della spada, una ricca di carbonio e tagliente, e una più resistente che attutisce i colpi, sono inserite l’una nell’altra: all’esterno la più dura e affilata, all’interno la più duratura.
La lama è poi passata in varie miscele di argille con diversa refrattarietà al calore, portata di nuovo al calor rosso (incandescente) e poi immersa in acqua tiepida. I diversi tipi di tempra e di acciaio producono lo hamon, una piccola linea scura “marchio di fabbrica” della spada, e la tipica curvatura della katana. Al togishi (maestro pulitore) spetta la levigatura finale, che dura anche 15 giorni.
HARAKIRI. La katana non era l'arma destinata al seppuku o harakiri, cioè il suicidio rituale del samurai. Questo gesto estremo si doveva eseguire davanti a testimoni utilizzando il pugnale (tantō) o la spada corta (wakizashi). L’arma andava conficcata nella zona dell’ombelico e si doveva eseguire un preciso taglio a elle: da sinistra verso destra, poi verso l’alto. Il tutto da compiere in ginocchio e con le punte dei piedi rivolte all’indietro per poter cadere di fronte, con maggior decoro.
Fondamentale nel rituale era il ruolo del kaishakunin, cioè l’assistente incaricato di vibrare, questa volta sì, con la katana, il colpo di grazia al collo del morente: per evitargli altre sofferenze dopo lo sventramento, ma soprattutto per evitare smorfie sconvenienti durante l’agonia.
(Fonte https://www.focus.it/cultura/storia/come-si-costruisce-una-katana-la-spada-giapponese?fbclid=IwAR36tvmw6xXNrU3Ysbm38EhO3sKWN06S1Mwd4TCjtqzjKzB90YKU5JbtsFc)
MOMENTO SERIO 🤨
I MAESTRI DELL’AMICIZIA
SAN FRANCESCO DI SALES: La perfezione dell’amicizia.
Tuttavia, non si devono trascurare «quelle che la natura e i doveri precedenti ti obbligano a intrattenere, quali quelle con i parenti, i soci, i benefattori, i vicini e altri». Quanto all’obiezione che «l’amicizia ingombra il cuore e distrae lo spirito», egli si appella alla testimonianza di Gesù e di diversi santi, che ebbero delle belle amicizie «senza pregiudizio per la loro perfezione». Anzi, avere degli amici è indispensabile tra le persone che vivono nel mondo per sostenersi a vicenda nel cammino verso il bene. Infatti, «la perfezione non consiste nel non avere amicizie, ma nell’averne una buona, santa e bella». Non è difficile distinguere un’amicizia vera da quella futile. Infatti, «abitualmente l’amicizia mondana sforna a ripetizione quantità enormi di parole melliflue, una pioggia di frasette appassionate e di lodi sulla bellezza, la grazia e le qualità sensuali». Mentre «l’amicizia sana invece ha un linguaggio semplice e schietto, loda soltanto la virtù e la grazia di Dio, unico suo fondamento. […] L’amicizia pulita è sempre uguale nell’onestà, educata e amabile, e si muta soltanto in una unione degli spiriti più pura e più perfetta, immagine vivente dell’amicizia beata che regna in Cielo». Quanto al modo di combattere le amicizie cattive, il santo di Sales, dopo aver consigliato di «non ascoltare proposte oscene di alcun genere, di gridare a voce alta, di tagliare, troncare, spezzare. Non bisogna perdere tempo a discutere queste futili amicizie; bisogna strapparle. Non bisogna avere riguardi per un amore che è contrario all’amore di Dio». San Francesco di Sales osserva che occorre stare attenti a non imitare le tendenze cattive dell’amico: «È evidente che bisogna volergli bene nonostante le sue imperfezioni, ma non bisogna voler bene alle sue imperfezioni e prenderle su di noi; l’amicizia richiede che ci comunichiamo il bene, non il male. […] L’amicizia ci obbliga a darci reciprocamente una mano per liberarci da tutte le forme di imperfezione. Bisogna sopportare con dolcezza l’amico nelle sue imperfezioni, ma non incoraggiarlo e, ancor meno, trasferirle in noi. […] L’amico diventa nemico quando vuole condurci al peccato.
Da “I maestri dell’amicizia e gli amici dimenticati e moderni, di Francesco Gioia
MOMENTO SERIO 🧐🤨👋🏻
“A casa mia le regole non erano scritte, ma scolpite. Si viveva di realtà e di concretezza, per scuse puerili e vittimismi non esisteva spazio.
Ai giovani consiglio che bisogna rimanere coi piedi per terra, specialmente oggi che si arriva ad alti livelli attraverso una vita meno dura.
I giovani oggi hanno più personalità, ma meno abitudine a soffrire.
Ecco perché alcuni si perdono per strada, mentre una volta chi riusciva ad entrare nell’ambito del calcio maggiore otto volte su dieci proseguiva.
Al giovane d'oggi mi verrebbe da dire: tu ti senti stanco? Dici che non ce la fai più?
Pensa ai militari che tornavano dalla Russia a piedi per migliaia di chilometri, nel fango e nella neve. Sai perché ce la facevano?
Perché avevano la testa e il coraggio, le due cose che servono sempre nella vita.
Il calcio di oggi? Mi manca il mio calcio, comportamenti meno esasperati.
Mi piacerebbero meno creste sui capelli e più lanci di quaranta metri o dribbling riusciti. Meno scene quando si prendono i colpi.
Mi indignano i balletti dopo i gol, è una mancanza di rispetto per l’avversario.
Se li avessero fatti ai miei tempi dubito che avrei fatto 330 partite senza mai essere espulso. Mi sembra che la telecamera ormai sia diventata più importante del campo".
Dino Zoff, un uomo d'altri tempi...
Fonte: Corriere dello Sport