Da quando ho imparato a camminare mi piace correre. (Friedrich Nietzsche)
Correre o camminare? Muovere le gambe velocemente e sentire il vento in faccia o godersi i benefici e la tranquillità di una bella camminata?
Domanda quasi scontata per chi come me corre, anche se non disdegna un passo più lento che faccia sentire rigenerati, magari in un contesto ambientale molto gratificante.
I filosofi della scuola eleatica (della città di Elea a sud di Salerno) discutevano camminando, adeguando lo svolgersi del pensiero al ritmo dei passi.
Camminare è proprio una filosofia di vita e non a caso una delle più grandi scuole filosofiche dell’antica Grecia, fondata da Aristotele, era quella peripatetica dove peripatetikos si riferisce all’atto di camminare.
Camminare per riflettere, per trovare in se stessi le giuste risposte. Anche Socrate amava camminare e dialogare con i propri discepoli. Camminare apre la mente e permette di farsi abbracciare dal mondo che ci circonda.
Secondo me, la differenza tra corsa e camminata consiste proprio in questo: sono attività entrambe benefiche ma trasmettono sensazioni ed emozioni completamente diverse.
Tratto dal libro: “Filosofia e sport: stili di vita che ci aiutano a cambiare in meglio” di Elisa Dipre’
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MOMENTO CURIOSITÀ - ACCADDE OGGI 🧐
1840 - Claude Monet (180 anni fa): Nella storia dell'arte è ricordato come il pittore della luce, padre di quella corrente pittorica che ruppe i canoni tradizionali e che da un suo celebre quadro, "Impressione. Levar del sole", prese il nome di Impressionismo.
Nato a Parigi e scomparso a Giverny nel dicembre del 1926, Claude Monet studiò disegno dal 1856 alla scuola di Le Havre, poi dal maestro Eugène Boudin apprese l'arte del paesaggio che segnò gran parte della sua produzione. Riprodurre la realtà dal vero, esaltando la luce in tutta la sua naturalezza, fu il verbo artistico di Monet, intorno al quale si ritrovarono diversi amici pittori, che con lui formarono la corrente impressionista.
Tra le 500 opere attribuitegli, oggi sparse tra i principali musei del mondo, risaltano: "La passeggiata", "I papaveri", "La Cattedrale di Rouen in pieno sole" e "Lo stagno delle ninfee, armonia verde".
(Fonte Almanacco)
Parruccone
par-ruc-có-ne
SIGNIFICATO
Retrivo, reazionario, con idee e convinzioni antiquate
ETIMOLOGIA
derivato di parrucca, di incerta origine francese.
Abbiamo molte parole per significare la posizione del retrivo, del reazionario, di chi si mostri antiquato e acremente diffidente verso ciò che scavalca o stravolge la tradizione. Ma si dipanano tutte da riferimenti concettuali, morali, emozionali: a volte ci serve lo smalto di qualche riferimento più fisico, più icastico.
Lo spregio per l'antiquato è vecchio quanto la devozione per la tradizione; ma c'è stato un periodo, nella nostra storia degli ultimi secoli, in cui si è verificata un'occorrenza peculiare. I due schieramenti si sono trovati distinti da un particolare elemento di moda che continuava ad essere in voga soltanto fra i conservatori via via più rigidi. E non un elemento secondario: la parrucca.
Per secoli gli strati alti della società europea avevano indossato parrucche incipriate — lo stesso nome dei parrucchieri germinò a metà del Cinquecento nella corte francese intorno a questi copricapi. Ma durante il Settecento la parrucca cadde via via in disuso: qualcuno forse ricorderà la prima pagina del Barone rampante di Calvino, ambientato a partire dalla seconda metà del XVIII secolo.
A capotavola era il Barone Arminio Piovasco di Rondò, nostro padre, con la parrucca lunga sulle orecchie alla Luigi XIV, fuori tempo come tante cose sue.
Specie con la Rivoluzione francese la parrucca prese ad essere considerata un vero distintivo degli aristocratici reazionari, spregiata dai rivoluzionari (un po' come il codino, anche, che infatti subisce una sorte analoga), e da questo terreno d'immaginazione matura il nostro parruccone —abbracciando tanto le persone con convinzioni antiquate quanto le persone del passato stesso, e anche, scherzosamente, persone in là con gli anni che ricoprono alte cariche.
Possiamo allora parlare della prestigiosa istituzione che risecchisce in mano a parrucconi, e presentando il progetto innovativo si accolgono le prevedibili critiche dei commissari parrucconi; ma possiamo anche contestualizzare la satira rispetto ai parrucconi a cui si rivolgeva, o elencare i nomi dei parrucconi di un consiglio superiore.
Una parola formidabile. Da un lato è irriverente, graffiante e immediata, dall'altro inchioda in piena evidenza un segno di potere. E il fatto che tutta la sua precisione, tutta la sua potenza espressiva stia nell'esagerazione di una parrucca simbolica ha una poesia inarrivabile.
(Fonte unaparolaalgiorno.it)